Ci sono coincidenze di letture che diventano chiavi di interpretazione per quanto propina il sistema o l’attualità politica. Azzardiamone una.

Capita sott’occhio la lettera annuale agli investitori del pdg (presidente direttore generale) di BlackRock, Larry Fink. Black Rock è la maggior società di investimento al mondo, prosperosa anche a Zurigo: vanta 10.000 (diecimila) miliardi di dollari gestiti per conto dei propri clienti (13 volte la Svizzera o il suo Pil). Due annotazioni rilevabili. La prima è quasi un ritiro dichiarato dall’investimento cosiddetto ESG (Environmental, Social, Governance), il quale implica scelte sulla base di criteri specifici: impegno ambientale, rispetto dei valori sociali da parte dell’azienda, trasparenza nella conduzione aziendale. Criteri di cui BlackRock si è fatta paladina, perché ritenuti promotori di buona immagine e d’attrattività di mercato (più che di scelta etica o politica). Constatato infatti che quei criteri non incrementano redditività e profitti, Larry Fink fa capire che è meglio lasciar perdere. È ciò che capita anche dalle nostre parti, dopo aver venduta, da banche e fondi vari, la bella immagine di investitori responsabilmente climatici e socialmente rispettosi dei diritti e delle condizioni del lavoro. È il servirsi dell’etica per fare affari che non rende.

 

La seconda annotazione corre ormai ovunque, preoccupata. È data dalla correlazione tra curva demografica (invecchiamento) e finanze. I tre classici pilastri del finanziamento della pensione sono traballanti: le economie personali non sono possibili a tutti; le capitalizzazioni sono incerte e ballerine; il finanziamento della sicurezza sociale dipende da Stati indebitati. Il Pdg di BlackRock suggerisce quindi… la quotizzazione automatica e obbligatoria (come in Svizzera; c’era, ma è stata tolta negli Stati Uniti), unica salvaguardia per gli individui, per la collettività e, manco a dirlo, come costituzione di fondi da investire per BlackRock.

 

Sembra quasi lo spirito che anima la lettura di un comunicato del Consiglio federale dove si propone ciò che va fatto per poter introdurre la 13esima rendita AVS: nuovi piccoli contributi salariali e dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), ma, soprattutto, riduzione importante (dal 20,2% al 18,7%) della partecipazione della Confederazione alle spese dell’AVS a partire dal 2026 per ridurre il debito federale. Che sa di vendetta postuma per la scelta “sconsiderata” del popolo. Serpeggia infatti una stessa logica tra il Larry Fink della Black Rock, il sistema finanziario svizzero e il Consiglio federale. È la logica del capitalismo azionario: priorità all’azionista più che al cittadino (si sganciano facilmente centinaia di miliardi di soldi pubblici per salvare banche targate “sistemiche” per quel motivo); opposizione a quanto non risulta redditizio a breve termine (così per l’investimento “climatico”, come pretende il maggior partito del paese). Poi la logica del debito pubblico che va sanato tagliando nella spesa sociale, per definizione “deresponsabilizzante” o “improduttiva”. Quindi, soprattutto, la logica della fiscalità, quella che privilegia in ogni modo l’accumulo della ricchezza perché così accumulantesi e sgocciolante forse renderà superflui anche l’AVS o il dovere dello Stato di sostenerla e finanziarla.

Pubblicato il 

29.03.24
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