Non è semplice per un movimento conservare l’entusiasmo e mantenere un ruolo centrale nella scena pubblica per lungo tempo. In un periodo come questo, dove manifestare il dissenso nelle piazze è molto problematico, sembrava impossibile che i giovani per il clima potessero di nuovo incidere nel dibattito pubblico, eppure ci stanno riuscendo. Il movimento ha fatto di necessità virtù e, dopo aver organizzato azioni di protesta simbolica il 15 maggio, data del cosiddetto sciopero per il futuro, rimandato a data da destinarsi, ha dimostrato di essere capace di elaborare misure ecosociali strutturate, approfondite e, soprattutto, attuali. I giovani sono passati dalle proteste alle proposte, confermando una maturità politica degna di nota. In una conferenza stampa virtuale, il collettivo dello sciopero per il clima ha presentato lunedì alcune misure a favore dell’ambiente in grado nello stesso tempo di rispondere alla crisi economica provocata dal coronavirus. Il pacchetto presentato, una versione ridotta e adattata al nuovo contesto pandemico di un Piano molto più ampio di riconversione ecosociale della società, si presenta già alquanto ambizioso. Meno aerei, più treni Nel documento divulgato nelle tre lingue nazionali, il ridimensionamento del traffico aereo è una delle rivendicazioni principali: il movimento chiede un limite assoluto di emissioni per il settore, un divieto di voli a corto raggio, il sostegno della mobilità su rotaia, anche di quella notturna. Nel campo dei trasporti i giovani chiedono inoltre città senza auto. Per gli attivisti la connessione tra inquinamento atmosferico e letalità del coronavirus rende queste misure ancora più urgenti. Rallentare i ritmi Gli aiuti finanziari alle imprese colpite dalla crisi devono essere legati a obiettivi di riduzione delle emissioni. Le aziende devono quindi impegnarsi a diventare climaticamente neutrali entro il 2030. Le energie alternative devono essere potenziate attraverso l’obbligo di installare pannelli solari su tutti i tetti del paese idonei a questo scopo. Tra le proposte c’è anche quella di creare una banca o un fondo di finanziamento, gestito democraticamente, per sostenere gli investimenti verdi. Si chiede inoltre una riduzione dell’orario di lavoro senza perdita di salario, perché senza decrescita, senza un rallentamento dei nostri ritmi, non può esserci riconversione ecologica. Non siano i lavoratori a pagare Le misure sono molte ma nessuna di queste trascura la questione sociale: ogni proposta, quantomeno nei suoi intenti, è accompagnata da criteri di giustizia climatica. I giovani in questo senso avanzano l’idea di istituire un ufficio pubblico per il lavoro verde, al fine di ammortizzare sia le conseguenze sociali della crisi legata al Covid-19, sia la transizione verso un’economia veramente sostenibile. La riconversione verde porta inevitabilmente alla scomparsa di posti di lavoro in alcuni settori, ma ne crea di nuovi in settori meno impattanti. Sarà importante formare i lavoratori dei settori a rischio per favorirne la ricollocazione, perché la svolta ecosociale, come giustamente afferma il movimento, non la devono pagare di certo loro. |