«La riconversione ecologica deve andare di pari passo con una radicale trasformazione del sistema economico», dice Corrado Pardini, responsabile del settore industria al sindacato Unia

Corrado Pardini, Unia chiede la riconversione ecologica della Svizzera. L'ecologia finora non è però mai stata una preoccupazione centrale per i sindacati…
Lei si sbaglia. Già negli anni '70 il Sei e la Flmo, le organizzazioni che poi sono confluite in Unia, facevano pressione perché si andasse verso un'economia verde. E il 6 giugno i delegati di Unia hanno approvato all'unanimità il progetto Riconversione.
Fra piena occupazione e protezione dell'ambiente non c'è dunque contraddizione?
Al contrario. Nelle industrie che producono in funzione della tutela ambientale si stanno creando milioni di posti di lavoro. Qual è la nostra situazione? Non siamo di fronte soltanto ad una crisi economica e finanziaria: la crisi è anche ecologica. Il capitalismo, che era interamente basato sulle fonti di energia fossili, è prossimo alla fine. Se analizziamo la questione nell'insieme, ci accorgiamo dunque che è necessaria un'economia di tipo nuovo. Stiamo vivendo un momento deciviso, una cesura storica. Questo intendiamo quando parliamo di riconversione. Non è solo questione di pannelli solari o di pale eoliche.
Di cosa allora? Il progetto si chiama pur sempre Riconversione ecologica.
Forse sarebbe meglio chiamarla Riconversione ecosociale. Noi poniamo delle domande urgenti: come usciamo dalla crisi? Come possiamo garantire il nostro futuro? E come vogliamo vivere e lavorare? Una cosa sola è sicura: con la politica del Consiglio federale e delle organizzazioni economiche finiamo sempre più nei guai. Mentre per l'Ubs sono pronti i miliardi, ai lavoratori vengono tolti dalle tasche miliardi di potere d'acquisto. E il peggio è che così si stanno giocando il nostro futuro.
Perché?
La Svizzera dipende in larga misura dall'importazione di risorse e dall'esportazione di merci intelligenti. La tecnologia ambientale fra 10 anni sarà la prima industria in Europa. Se la politica non crea subito degli incentivi massicci e delle condizioni quadro favorevoli, finirà per distruggere irrimediabilmente lavoro e benessere.
La riconversione ecologica come strada per uscire dalla crisi?
Sì. Creare nuove industrie e un lavoro migliore è un'opportunità immensa. La riconversione ecologica è politica di crisi, e nella sua essenza è politica industriale.
Come può una politica industriale aiutarci a vivere meglio?
Concretamente sarebbe ad esempio ragionevole far dipendere da determinate condizioni l'erogazione di crediti da un fondo di riconversione: riceve soldi soltanto chi introduce anche delle innovazioni sociali. La questione centrale si pone qui: questa riconversione si farà in ogni caso, perché è necessaria sia dal punto di vista ambientale che da quello economico. Se sarà soltanto il capitale a gestirla, allora la si farà tardi e sotto costrizione. E porterà all'espropriazione di tutti i beni pubblici come l'acqua a beneficio degli interessi privati. La riconversione ecologica allora ha senso soltanto se contemporaneamente si riesce a cambiare la forma economica. L'obiettivo non può essere un capitalismo sfrenato con un orientamento ecologico – o ancor peggio una dittatura ecologica capitalistica. Questo pericolo lo dobbiamo assolutamente evitare. Stiamo lavorando ad una nuova forma economica che sia ecosociale e non ponga al centro il profitto, ma gli uomini e il loro ambiente.

Pubblicato il 

03.07.09

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