«La casa è un grandissimo problema qui a Lisbona» confida Santa mentre mi prepara un hamburger vegano nel chioschetto in cui lavora. Siamo a Baixa, il centrale quartiere di Lisbona assediato dai turisti che si affaccia in quel che sembra un mare ma invece è solo un fiume dalle dimensioni imponenti, il Tago. Santa mi allunga l’hamburger “preparato con amore” poiché le sono entrato in simpatia dopo averle spiegato di essere venuto a Lisbona per raccontare il grave problema che affligge la popolazione residente, quello di avere un tetto sopra il letto a prezzi decenti. Nel giro di una decina di anni, quel diritto fondamentale è diventato sempre più precario nella capitale lusitana. «A trent’anni sono costretta a vivere con mamma e papà. Mi sarebbe impossibile pagare gli affitti attuali col mio stipendio». 


Santa è in buona compagnia in un paese dove il salario minimo è inferiore agli ottocento euro, mentre quello medio supera di poco i millecento. La media, ciò vuol dire che tante persone sopravvivono con un reddito di gran lunga inferiore. Come gran parte dei suoi concittadini, Santa lavora a bassi salari e in condizioni precarie al servizio della gran massa di turisti che da un decennio si riversa nella capitale portoghese, diventata rapidamente una delle città più gettonate d’Europa.


L’altra faccia della medaglia dello sviluppo turistico è la difficoltà dei residenti nel trovare, quando si riesce, un appartamento in affitto a prezzi accessibili ai salari portoghesi. Ad essere particolarmente inaccessibili ai residenti, i bei quartieri popolari di un tempo i cui affitti oggi variano tra gli ottocento e i mille euro per un due locali. «Tutto ebbe inizio con l’arrivo di Ryanair a Lisbona una decina di anni fa a cui seguì lo sbarco di Airbnb l’anno successivo» spiega Antonio di Habita!, il movimento cittadino in lotta per il diritto alla casa. Dall’arrivo del turismo di massa a prezzi low cost, tutto cambia rapidamente. «Una decina d’anni fa Lisbona era una città povera poiché il lavoro scarseggiava, ma l’alloggio non rappresentava un grande problema per i suoi abitanti. Oggi il lavoro c’è, precario e malpagato, mentre la casa è diventata un problema endemico per chi ci vive» racconta Antonio.

 

NASCITA DEL BRAND “LISBOA” 

La città portoghese fu la prima terra di conquista europea di Airbnb, la startup californiana dalla suadente narrativa di voler “democratizzare il capitalismo”, promettendo di coniugare il turismo accessibile a tutte le tasche e l’arricchimento dei piccoli proprietari locali. Non è andata propriamente così. «In questa via, Rua dos Remèdios, il 75% degli appartamenti è destinato ai turisti» spiega il militante del movimento Habita! mentre accompagna alla scoperta della città il gruppo del corso di fotogiornalismo organizzato dal fotografo italiano Giulio di Meo. 


Siamo ad Alfama, il quartiere dove si dice sia nato il Fado, la melanconica canzone portoghese, le cui prime note risuonarono nelle osterie degli stretti vicoli in cui abitavano i lavoratori del porto dell’ex potenza coloniale. Rua dos Remèdios è forse una punta estrema, ma la media di appartamenti ad Alfama affittati ai turisti supera la metà del parco immobiliare, assicura Antonio, accademico all’Università di Lisbona. Per i proprietari, affittare ai turisti è ben più redditizio dei normali inquilini duraturi. Così, nel giro di pochi anni, gli abitanti del quartiere sono stati sfrattati. E per quelli rimasti, viverci è diventato sempre più complicato. 


La nuova funzione turistica di Alfama ha comportato la progressiva chiusura di servizi e di negozi di quartiere per residenti, sostituiti dai più redditizi commerci al servizio dei turisti. «Se fino a qualche decennio fa Alfama contava 12.000 abitanti, oggi ne sono rimasti poco più di tremila. Sono perlopiù anziani, sprovvisti di alternative abitative e fortemente attaccati al quartiere dove hanno vissuto una vita intera. La mancanza di negozi alimentari o di servizi di base, penalizza molto la loro qualità di vita» spiega Antonio. Alfama naturalmente non è un caso unico. 

 

LA COMPLICITÀ POLITICA 

«La capitale portoghese è stata una sorta di città laboratorio per il turismo di massa e la speculazione immobiliare» afferma Antonio. Lisbona rappresentava un luogo ideale per il grande capitale dove sperimentare nuove fonti d’arricchimento senza incontrare grandi resistenze politiche o sociali, dato il contesto di povertà economica in cui versava la società portoghese all’inizio del nuovo millennio.

 

Va detto che Lisbona si prestava molto bene all’esperimento. È facile innamorarsi di questa città. I muri dai colori vivaci, gli azulejos – le tipiche piastrelle portoghesi – combinati al selciato di strade e marciapiedi prodotti dall’arte operaia della calçada portuguesa, i tram gialli che s’inerpicano sulle colline dove si godono bei panorami, i quartieri della città bassa con ampi viali o stretti vicoli, i begli immobili neoclassici edificati dopo il devastante terremoto che colpì Lisbona nel 1755, rendono estremamente piacevole girovagarci senza meta. La ricca storia e la grande cultura, unite a un clima mediterraneo coniugato allo spirito e alla simpatia dei portoghesi, fecero sì che Lisbona avesse tutte le carte per diventare una meta turistica vincente.


Vittima del suo successo, oggi il centro storico cittadino ha perso gran parte della sua tipicità, trasformatosi in una qualunque via dello shopping dotata dei soliti punti vendita delle catene commerciali che trovi ovunque, di souvenir portoghesi “made in China”, senza dimenticare i ristoranti dagli standardizzati menù per turisti. C’è chi dice che l’anima Lisbona l’abbia definitivamente persa con la recente invasione dei tuk-tuk, quei tre ruote tipici del Sudest asiatico, di cui la capitale portoghese straborda. Forse è un giudizio troppo severo, poiché, nonostante tutto, Lisbona resta una splendida città. 


A trasformarla in quel che è oggi, dando il via all’esperimento-laboratorio, fu la decisione dell’autorità comunale di vendere gran parte del parco immobiliare quale risposta alla crisi del debito, causata dallo scoppio della bolla speculativa globale del 2008. La precedenza fu data agli inquilini, ma non avendo questi ultimi le risorse economiche per acquistare i locali entro il termine stabilito di due anni, gran parte di loro fu sfrattata e le proprietà messe sul libero mercato. A quel punto, degli anonimi fondi immobiliari calarono sulla città facendo incetta di edifici e appartamenti nei quartieri più affascinanti della povera Lisbona. 


Dopo aver messo le mani sulla città, i nuovi padroni immobiliari tirano le fila del mercato immobiliare cittadino. Nonostante spesso i proprietari siano difficilmente individuabili poiché nascosti da scatole aziendali simili alle bambole russe, qualcuno è riuscito a identificarne qualche soggetto importante. Secondo gli autori del libro “Lisboa e Airbnb”, del 2019, nella capitale portoghese un gruppo ristretto di 25 persone è proprietario complessivamente di centinaia di appartamenti in offerta sul portale (uno di loro ne gestiva ben 437). Oggi, su Airbnb si trovano poco meno di 23mila appartamenti per brevi soggiorni a Lisbona.


La seconda parte della promessa degli ideatori di Airbnb, si è dunque rivelata fasulla alla prova dei fatti. A guadagnarci dall’idea, non è stata una moltitudine di piccoli proprietari, ma il grande capitale. D’altronde, anche i proprietari di Airbnb si sono presi la loro bella fetta di guadagno. Lo scorso anno la società era valutata 20 miliardi di euro e i suoi tre fondatori hanno un patrimonio stimato da Forbes variabile tra gli otto e i nove miliardi di dollari. A testa. 


Il risultato dell’esperimento del turismo di massa targato Airbnb, atterrato in città tramite compagnie low cost, per gli abitanti di Lisbona è stato devastante. Secondo uno studio della Fondazione Francisco Manuel dos Santos, tra il 2012 e il 2021 il costo degli alloggi in Portogallo è cresciuto del 78%, mentre nell’Unione Europea l’aumento medio è stato del 35%. Ancora oggi, l’onda lunga del rialzo dei prezzi è lontana dall’essersi esaurita. Nel secondo trimestre del 2023, l’affitto medio di una casa nel paese lusitano è aumentato dell’11% su base annua. 


A questo stato di cose, la politica nazionale ha contribuito non poco. Puntando tutto su turismo e immobiliare, le autorità portoghesi favorirono l’arrivo di grandi capitali stranieri istituendo una decina d’anni fa la Golden VisaIl visto dorato che consente a cittadini stranieri extraeuropei di ottenere un permesso di residenza (con cui poter liberamente viaggiare nell’Unione Europea) in cambio dell’acquisto di un immobile per almeno mezzo milione o l’investimento minimo di 350mila euro nella ristrutturazione di edifici. Ricchi cinesi, arabi, brasiliani e turchi non si sono fatti pregare, cogliendo al volo la duplice occasione di acquistare immobili a prezzi vantaggiosi e beneficiare del permesso di residenza europeo. Dal 2012 sono stati rilasciati 10.000 visti d’oro a persone non UE in cambio di oltre 5 miliardi di euro di investimenti immobiliari.


Nello stesso periodo, le autorità portoghesi vararono altre misure dando il colpo di grazia al mercato immobiliare locale: l’esenzione fiscale totale ai pensionati stranieri e ai nomadi digitali. Tra le migliaia di pensionati stranieri attratti dall’azzeramento fiscale nello scegliere il Portogallo quale paese del buen ritiro, figurano molti gli svizzeri. Stando a quanto riportato dal Corriere del Ticino, nel quadriennio 2018-2022, il loro numero era più che raddoppiato superando le 4mila unità. Alla scadenza della durata di dieci anni della misura introdotta dall’allora governo socialista, quest’ultima non fu più rinnovata viste le ricadute sociali negative. Ma la destra, recente trionfatrice alle ultime elezioni, ha già promesso di volerla riattivare.


Il risultato odierno delle politiche favorevoli ai predatori immobiliari è quello di una popolazione locale privata del diritto a una casa dignitosa a un prezzo accessibile. Ad esser colpite, non solo le fasce economicamente più deboli, ma pure il ceto medio. «All’Università di Lisbona ci sono diversi posti accademici vacanti da tempo malgrado offrano degli stipendi allettanti nel contesto portoghese, poiché nessuno si candida non trovando casa in città» racconta Antonio, dando l’idea di quanto anche il ceto medio sia toccato dalla penuria d’alloggi. 

 

LE ALTERNATIVE ESISTONO

«Non siamo dei nostalgici dei tempi in cui si viveva in condizioni di povertà, ma diciamo che al presente ci sono alternative – chiarisce il militante del movimento per il diritto alla casa –. Il contesto odierno non è un fatto inevitabile, ma frutto di scelte politiche ben precise. Politiche succubi degli interessi privati a discapito di quelli della popolazione. Il nostro impegno è spiegare che esistono delle alternative a questo stato di cose. Quando nel passato le persone si sono unite nel rivendicare delle istanze sociali, si è riusciti a imporre la priorità dei diritti di tutti invece degli interessi di pochi. Airbnb non è inarrestabile o incontenibile. A New York, la sua attività è stata fortemente limitata. Avessimo un tetto massimo di 30% di affitto ai turisti a Lisbona, sarebbe già un’importante conquista sociale dal concreto effetto regolatore sul mercato dell’alloggio cittadino, capace di ridare la possibilità a chi vuole viverci di abitarci a prezzi ragionevoli» riassume Antonio. 


Grazie alla pressione sociale costruita negli anni, il movimento è riuscito ad ottenere diversi miglioramenti, tra cui la promulgazione della legge sulla casa nel 2019, il cui principio esisteva nella carta costituzionale redatta dopo la caduta della dittatura, ma che non era mai stato legiferato. «È stata una conquista importante. Ma la lotta non è finita, perché la sua applicazione è lungi dall’esser corretta». 


La regolamentazione citata di New York, dove è appena entrata in vigore una legge molto restrittiva sugli affitti a breve termine, è solo uno dei numerosi tentativi di autorità nazionali, comunali o regionali di riappropriarsi della gestione del mercato immobiliare, uscito devastato dall’esperienza Airbnb senza controllo. Anche la Svizzera, e il Ticino a ruota, hanno recentemente legiferato sull’affitto a breve termine per evitare di aggiungere altra benzina al già surriscaldato mercato immobiliare interno, con gli affitti in costante rialzo. A Lisbona, si vedrà se la pressione dei movimenti sociali per il diritto alla casa riuscirà a riportare entro limiti accettabili la convivenza fra turisti e abitanti.

Pubblicato il 

19.05.24
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