Società

La storia dimenticata di Bruno Breguet in un film

In un documentario, presentato alle recenti Giornate del cinema di Soletta, il regista ticinese Olmo Cerri racconta la vita controversa e attuale del militante politico misteriosamente scomparso nel 1995

Il 24 gennaio si è chiusa la tradizionale kermesse del cinema svizzero con la vittoria del documentario Die Anhörung di Lisa Gerig, un’opera che ci porta nel cuore del sistema di asilo in Svizzera, dei suoi meccanismi e delle sue contraddizioni. Anche la Svizzera italiana era presente in concorso con una dozzina di titoli. Tra questi spiccava il documentario di Olmo Cerri dedicato a un personaggio controverso del Sessantotto elvetico. La scomparsa di Bruno Breguet, questo è il titolo dell’opera del regista luganese, proiettato nell’ambito della sezione “Visioni”, ripercorre la storia di un giovane militante politico, il Bruno Breguet del titolo, che nel 1970 decide di spendersi per la causa palestinese e finisce così sette anni nelle prigioni israeliane dopo essere stato fermato con del materiale esplosivo destinato al Fronte popolare per la liberazione della Palestina. In carcere sperimenta l’isolamento e le torture e si radicalizza ulteriormente. Da questa esperienza nascerà anche un libro, “La scuola dell’odio” (1980), che rappresenta una fra le testimonianze più crude del sistema carcerario israeliano degli anni Settanta destinato a prigionieri politici e terroristi.    

 

La causa palestinese

Inutile dire che il film di Olmo Cerri, che ha iniziato a lavorare al progetto qualche anno fa, assume un significato tutto nuovo con la data spartiacque del 7 ottobre. Stessa sorte che è capitata anche a un altro film presente alle Giornate, ovvero al documentario Swissair Flug 100 – Geiseldrama in der Wüste, dedicato al dirottamento di un aereo svizzero da parte di un commando palestinese. Il giallo della scomparsa di Breguet nel 1995 finisce per occupare una posizione di secondo piano. Tuttavia, il lavoro di Cerri, che si è interrogato su ciò che rappresentava il suo film dopo l’ignobile massacro di Hamas del 7 ottobre e la crudele pioggia di bombe sulla popolazione di Gaza, aveva già tutti i presupposti per non risultare inopportuno. Innanzitutto, il regista non è caduto nella trappola dell’agiografia del protagonista e nemmeno in quella della condanna moraleggiante delle sue scelte. Cerri si muove nel territorio dell’inchiesta giornalistica e si mette in gioco allo stesso tempo come autore: con le sue posizioni politiche, le sue emozioni e la sua capacità di cogliere le contraddizioni di Breguet e della realtà stessa. Mette in scena i suoi limiti che sono anche quelli di un’intera generazione. Una generazione che, pur conservando in parte la volontà di cambiare il mondo, ha dovuto abbandonare le grandi utopie. Una generazione che non è stata costretta, salvo casi eccezionali, a confrontarsi davvero con il tema della violenza. Cerri evita di salire in cattedra per raccontarci la sua versione dei fatti, ma ha il merito di porsi le domande giuste sulle scelte di Breguet, sul rapporto tra mezzi e fini nella lotta politica, tra violenza istituzionale e politica e non da ultimo sul significato che la Storia di Israele e la causa palestinese hanno assunto in Europa negli scorsi decenni.     

 

Uno sguardo sulla Storia

Il suo film in questo senso assume i caratteri della necessità perché ci aiuta a storicizzare ciò che la lotta palestinese ha significato per molti militanti progressisti: un movimento di resistenza anticoloniale. Israele, allora e in parte anche oggi, era percepito come un avamposto occidentale funzionale soprattutto agli interessi degli Stati Uniti. Una posizione certamente con dei limiti, considerando la storia travagliata degli ebrei e l’immane tragedia dell’Olocausto, ma non certo imputabile a un odio nei confronti degli ebrei. L’astio nei confronti di Israele, in quegli anni, non aveva a che fare con l’antisemitismo. Tuttavia, come mostra proprio la vicenda di Breguet, in questa causa s’inserivano anche personaggi molto ambigui che non sembravano mossi dall’interesse nei confronti delle sorti del popolo palestinese, ma piuttosto dall’odio nei confronti del popolo ebraico. La realtà è sempre piena di contraddizioni. La scomparsa di Bruno Breguet non è un film militante, non presenta tesi precostituite, è un film che aiuta a riflettere, che invita a non restare indifferenti rimanendo sempre lucidi. Di questi tempi non è poco.

Pubblicato il

02.02.2024 09:25
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