Lavoro

Agli interinali, fra le tre e le quattrocento persone, è stato imposto di scegliere entro una decina di giorni se cessare il rapporto lavorativo entro fine novembre o accettare un nuovo contratto nel quale saranno garantite solo dodici ore al mese.

 

Dire temporanei per molti di loro equivale ad un eufemismo, dato che smistano o imballano pacchi da diversi anni nei vari magazzini del gruppo sparsi nel cantone. Eppure la condizione contrattuale precaria a cui sono sottoposti, alla paga minima da ccl di 18 franchi l’ora, consente al marchio del lusso di licenziarli via agenzia nel giro di un mese malgrado lavorino da diversi anni consecutivi per Gucci.

 

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Ai lavoratori che accetteranno la riduzione a un minimo mensile garantito di 12 ore, il gruppo francese propone via agenzie temporanee d’iscriversi alla disoccupazione per poter beneficiare dell’indennità di guadagno intermedio. Gran parte di loro, avendo lavorato consecutivamente oltre un anno in Svizzera, ha accumulato il diritto alla disoccupazione. Il guadagno intermedio è uno strumento di assicurazione sociale finalizzato a tutelare i lavoratori quando il datore non garantisce loro un reddito sufficiente a vivere. Un buon strumento ideato dalla collettività per sostenere le persone in difficoltà economiche per colpe non imputabili ai lavoratori. Al contempo, consente al privato di scaricarsi della responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori e, nel caso concreto, di poter continuare ad impiegarli anche oltre le dodici ore minime pattuite senza rischi finanziari, poiché questi saranno eventualmente assunti dalla collettività. Di certo, se dovessero accettare tutti la proposta dell’iscrizione agli Urc, la statistica Seco della disoccupazione ticinese conoscerebbe un balzo in avanti non indifferente, contando oggi poco meno di quattromila persone in Ticino.

 

L’uscita di scena dal territorio di Gucci era prevista da tempo, ma fatti recenti sembravano contraddirla. Ricordiamo che nel 2019 il gruppo annunciò il trasferimento della logistica dal Ticino nel nuovo stabilimento italiano di Novara. Un trasloco dovuto ad accordi pattuiti con le autorità italiane per chiudere i procedimenti giudiziari aperti contro il gruppo Kering per evasione fiscale. Il giochino d’ingegneria fiscale all’origine del suo insediamento in Ticino era arrivato a termine.

 

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Eppure, da nostre informazioni, nell’autunno dello scorso anno dai vertici locali era arrivato il contrordine: “Fermi tutti”. Al personale interinale viene comunicato che il gruppo intende restare in Ticino, proseguendo l’attività logistica per problemi imprecisati allo stabilimento di Novara. Ai più meritevoli fra gli interinali, sarà proposta la sospirata assunzione diretta. Delle liste coi nominativi dei papabili vengono allestite nei vari magazzini dislocati nel Cantone.

 

L’attività logistica del gruppo conosce infatti una forte impennata nel Cantone. Dei nuovi stabili vengono affittati dal gruppo per far fronte alla mole di pacchi da smistare. A Riazzino dove c’era l’ex Pramac e perfino parte delle ex acciaierie di Giornico diventano degli improvvisati magazzini logistici del lusso.

 

Negli ultimi tempi, dei segnali indicano che il vento sta nuovamente cambiando. I magazzini in affitto vengono abbandonati, chiusi. Per i collaboratori è difficile capire cosa stia succedendo. Tutto è avvolto da una densa cappa di segretezza. Lo scopriranno pochi giorni fa, quando una comunicazione aziendale ribalta l’informazione data l’anno prima: «Il vostro tempo di lavoro sarà ridotto a 12 ore mensili».

 

Seppur non confermato, si deduce che Kering ora voglia davvero trasferire la logistica a Novara. Una gran parte almeno. Tra gli interinali è forte lo sconforto, essendo stati illusi l’anno prima dal miraggio di un’assunzione definitiva. La loro motivazione attuale sul posto di lavoro è pari a zero.

 

Nell’incertezza vivono i circa duecento fissi alle dipendenze di Kering in Ticino. Non hanno idea di quale sarà il loro destino professionale. A scadenze regolari, dal 2019 il gruppo apre delle finestre temporali nelle quali i fissi possono accettare il trasferimento a Novara o lasciare la società in cambio di alcune mensilità d’indennità. Escluso l’impiego in Italia per via della paga di gran lunga inferiore agli stipendi percepiti in Ticino (comunque in tanti casi inferiori ai 4mila franchi lordi), diversi di loro preferiscono restare in azienda, in attesa di capire se l'avventura svizzera nata per evadere il fisco sia davvero giunta al capolinea.

Pubblicato il 

14.11.23
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