Fine aprile. Gli eurodeputati si recano a Strasburgo per l’ultima volta prima delle elezioni europee. La tensione non potrebbe essere più alta. All’ordine del giorno c’era il voto finale sulla legislazione chiave della politica sociale ed economica dell’Unione Europea (UE). Partiamo dalle buone notizie. Le lobby economiche non sono riuscite a impedire l’adozione della Direttiva UE sulle catene di approvvigionamento, una nuova legge europea che rafforza i diritti di tutti i dipendenti che lavorano per i fornitori delle multinazionali, in tutto il mondo. Aziende come la Mercedes Benz, che spesso non riconoscono i sindacati al di fuori dell’UE, possono ora essere citate in giudizio più facilmente dai sindacati extracomunitari in sede UE, come ha già annunciato di voler fare la United Auto Workers (UAW) degli Stati Uniti. Il Parlamento ha anche approvato la direttiva UE sui lavoratori delle piattaforme digitali, che rafforza i diritti degli impiegati di società come Uber e quelle dei corrieri. Tuttavia, sindacati europei hanno subito anche una dolorosa sconfitta a Strasburgo: nonostante gli avvertimenti della Confederazione europea dei sindacati, dei Verdi e del gruppo di sinistra del Parlamento europeo, la maggior parte degli eurodeputati socialisti ha votato con i partiti di destra e i liberali a favore di una nuova legge dell’UE per contenere la spesa pubblica degli Stati membri attraverso nuove regole fiscali europee. Durante la pandemia, l’UE aveva congelato le “vecchie” regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, poiché il rispetto dei parametri arbitrari dello stesso sarebbe costato molte vite umane. Ma ora i famigerati criteri, secondo cui il deficit di bilancio pubblico (la differenza tra entrate e uscite, comprese le spese per interessi) non deve superare il 3% del PIL e il debito pubblico il 60%, tornano a essere applicati in forma riveduta. Questo nonostante il fatto che avremmo bisogno di maggiori investimenti per rafforzare il servizio pubblico e combattere il cambiamento climatico. Nel pieno delle attuali crisi sociali, ambientali e geopolitiche, la vecchia guardia dei politici dell’austerità si è nuovamente imposta. Dopo due anni di dibattiti, il Consiglio dei ministri delle Finanze dell’UE e il Parlamento europeo hanno concordato una legge che è stata sostenuta in Parlamento dal Partito popolare e conservatore e dai gruppi liberali del Partito del rinnovamento, con la sorprendente complicità della maggior parte dei socialdemocratici. La nuova legge dà priorità alla riduzione del deficit rispetto a obiettivi politici fondamentali dell’UE come il Green Deal e la coesione sociale. Per Philippe Lamberts, copresidente del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo, questo «fondamentalismo del debito» non è di buon auspicio per i prossimi anni. Margarida Marques, socialista portoghese e co-relatrice del Parlamento europeo sulla riforma dei regolamenti finanziari dell’UE, invece lo giustifica non solo come «un passo essenziale per l'eurozona e per l’Unione nel suo complesso», ma anche come «un segnale importante per i mercati finanziari». È ora che i cittadini dell’UE inviino un segnale importante ai mercati finanziari, ad esempio in occasione delle prossime elezioni europee del 6-9 giugno. |