Udienza speciale

Il diavolo e l’acqua santa, Maurizio e Francesco. Correva l’anno 1949, 1° luglio per la precisione, quando la Congregazione del Sant’Ufficio promulgò il decreto con cui venivano scomunicati iscritti e simpatizzanti del Partito comunista italiano e di quei partiti che «fanno causa comune con esso», quindi i socialisti e i militanti, precisava il decreto, e chiunque fosse restato in organizzazioni come la Cgil, le Camere del Lavoro, l’Udi. «Apostati», dunque scomunicati, papa Pio XII dixit. Settantatre anni dopo il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha varcato la soglia di San Pietro e, oltrepassato il presidio delle guardie svizzere, è entrato nella sala Nervi e ha incontrato papa Bergoglio.


E non era solo: ad accompagnarlo, cinquemila dirigenti e delegati della Cgil convocati per un’udienza più che speciale. Passato il tempo delle scomuniche arriva il tempo del confronto fraterno, nessuna profanazione dei luoghi sacri, dunque, nessuna richiesta di abiura; e da cosa poi? Se sul ripudio della guerra e la denuncia del mercato delle armi, se sull’accoglienza dei migranti, se sulla lotta alle diseguaglianze, se sul lavoro e i diritti dei lavoratori si pensano cose analoghe, se si sta dalla parte dei più deboli, il confronto non può che essere positivo e fraterno. E così è stato l’incontro storico di massa di lunedì 19 dicembre tra Bergoglio e Landini. Si è trattato della prima volta, e non per la Cgil ma per l’intero mondo sindacale. È significativo il fatto che a essere protagonista in Vaticano non sia stato il sindacato di origine cattolica, la Cisl, bensì quello dalle origini social-comuniste che oggi è un sindacato laico, autonomo, indipendente dai partiti, dai governi e, naturalmente, dai padroni.

 

«Bravo quel ragazzo», ha commentato scherzosamente papa Francesco al termine dell’intervento di Landini suscitando l’applauso dei cinquemila astanti. Il segretario della Cgil aveva elencato i punti centrali e i valori del suo sindacato intrecciandoli sapientemente con le prese di posizione del papa. Una consonanza sancita poche settimane prima in piazza a Roma nel corso della manifestazione per la pace e contro il riarmo che aveva unito le bandiere rosse della Cgil, quelle della maggioranza delle associazioni cattoliche e quelle arcobaleno del pacifismo italiano. Ognuno con la propria cultura, in un dialogo tra diversi perché da solo nessuno può andare avanti, perciò alla ricerca di ciò che unisce. Qualità della vita e del lavoro, rispetto della dignità delle persone, insieme ai più deboli, ai migranti, ai poveri per combattere le diseguaglianze in una stagione drammatica di crisi ambientale, di carestie e guerre. Per questo la Cgil sceglie di trasformarsi in un sindacato di strada. Così come è una chiesa di strada quella di Bergoglio.

 

«Non c’è sindacato senza lavoratori e non ci sono lavoratori liberi senza sindacato», ha replicato il Pontefice che è subito entrato in medias res quasi con le stesse parole di Landini: «Ripartire dal lavoro», denunciando le storture del modello capitalista che ha fatto entrare la «cultura dello scarto» anche dentro il mondo lavorativo. «Perché una donna deve guadagnare meno di un uomo? Perché quando una donna comincia a ingrassare la mandano via?». E poi ha denunciato lo scandalo della precarietà tra i giovani e i lavori usuranti, per riprendere poi lo scandalo delle morti e degli infortuni sul lavoro che rappresentano “«una sconfitta della società, gli operai morti sono persone, non numeri». Contro «l’ideologia del danaro e lo sfruttamento delle persone trasformate in macchine di produzione» il papa ha ripreso la denuncia della Cgil dell’impoverimento dei lavoratori. «Voi – dice al popolo della Cgil presente nella sala Nervi – dovete essere la voce di chi non ha voce, dovete far rumore”», battervi «per umanizzare il lavoro», essere «sentinelle del mondo del lavoro». E poi la pace, di cui «c’è sete, dovete fare educazione alla pace». Dopo aver ringraziato Landini e la Cgil per quel che fanno e faranno per i poveri, l’affidamento alla protezione di San Giuseppe, un lavoratore, e la benedizione d’obbligo.

 

L’incontro in Vaticano e l’attenzione di Francesco ai temi del lavoro dovrebbero far fischiare le orecchie alla politica, e in particolare alla sinistra che quell’attenzione ha perso da tempo, e con essa ha perso il feeling e qualsivoglia condivisione sentimentale con chi «per vivere ha bisogno di lavorare». La straordinarietà del confronto di lunedì in sala Nervi è stata accolta, alla vigilia, dal silenzio dei media (con l’esclusione della stampa cattolica) interessati solo alla lettera di dimissioni in bianco annunciata da Bergoglio in caso la malattia non gli consentisse più di svolgere il suo ruolo. Non sono pochi quelli che non vedono l’ora che questo papa imprevedibile si taccia.

Pubblicato il 

20.12.22
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