“Ricchi e scemi” diceva dei presidenti del calcio italiano Giulio Onesti; la definizione dell'uomo chiamato dalla Dc a rifondare lo sport “azzurro” dopo il ventennio fascista fece testo in tutt'Europa. Si ricostruiva dalle macerie della guerra. E qualcuno si era enormemente arricchito. Qualcuno che faceva sovente fatica a mettere assieme una frase senza strafalcioni. Ma come è possibile essere nello stesso tempo ricchi e scemi? Come fa un semianalfabeta a diventare milionario? Onesti non ha mai voluto dircelo e nemmeno Couchepin ci dice perché i “manager” della Rentenanstalt che gli fanno schifo sono ladri e scrocconi (in compagnia di molti altri celebrati campioni dell'economia di mercato). E quali “virtù borghesi” hanno perso? Hanno fatto il loro mestiere: investito con operazione da “roulette” nel tentativo di diventare miliardari da milionari che erano. Se le speculazioni andavano male hanno “razionalizzato” la produzione, cioè hanno licenziato. E quando la barca andava ugualmente a fondo, con le mani annaspanti a pelo d'acqua si sono digitati nel computer una ricca liquidazione che li ripagasse per la loro altissima responsabilità nei confronti dell'azienda e del Paese. E allora come si fa a parlar male di chi fallisce alla testa delle squadre di calcio, di qua e di là dei nostri confini? Sono figli della stessa madre, quando non sono gli stessi; hanno sovente comprato il calcio per avere fama e visibilità, per creare un circolo virtuoso nel senso dell'aumento dei loro profitti. La cosa che maggiormente impressiona nella frequentazione di questa gente (al minimo indispensabile, per ragioni professionali) è la grande incompetenza in materia (nel gioco del calcio per esempio). È gente d'altronde che ti compra un giorno un'impresa edile, un altro un allevamento di porci e il terzo una televisione. La cosa più incredibile è che molti li adorano perché “fanno girare i soldi, creano ricchezza”. Insomma, se sono mezzi gangster per intero, non è troppo grave: i loro traffici sono utili a tutti, specialmente quando regalano un po' di pane e un po' di giochi. Si direbbe che nulla sia cambiato dai giorni finali dell'impero romano. Ed eccoci al punto di partenza; com'è possibile che questa gente accumuli una simile ricchezza? Così zoticoni, ignoranti e analfabeti? Che si siano scritti fra di loro le regole del gioco? Che per vincere a questo gioco non sia assolutamente necessario essere onesti?

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15.11.02

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