Studio di Unia

I top manager delle grandi aziende continuano a incassare bonus da capogiro e l’azionariato ad approfittare di generosi dividendi. A pagarne il prezzo sono i lavoratori, in particolare quelli con le remunerazioni più basse, che vedono il loro salario progressivamente diminuire e di conseguenza la qualità di vita peggiorare. Lo confermano i dati sul divario retributivo in Svizzera nel 2022 contenuti in uno studio appena pubblicato dal sindacato Unia, che conduce questo genere di ricerche sin dal 2005.

 

Come suggerisce l’eloquente titolo, “Le grandi imprese svizzere nella frenesia dei dividendi: compensazione del rincaro solo ai piani alti”, lo studio analizza le disparità salariali in 37 multinazionali (di cui 34 quotate in borsa) con sede principale in Svizzera, misurando la forbice esistente tra il salario più alto e quello più basso all’interno di una medesima azienda nel 2022 e mettendo a confronto i dividendi distribuiti agli azionisti con l’evoluzione reale dei salari. La fotografia che ne esce è piuttosto desolante: «A 10 anni dalla storica approvazione popolare dell’ “Iniziativa contro le retribuzioni abusive” – quasi 70% di sì, ndr – la promessa che più potere agli azionisti avrebbe contenuto gli abusi si è rivelata un’illusione», scrivono gli autori Maël Mühlemann, Diego Loretan e Hans Hartmann.


L’analisi delle disparità retributive conferma infatti che la forbice salariale resta molto ampia: nel 2022 nelle più grandi multinazionali svizzere prese in considerazione il salario più alto era mediamente 139 volte quello più basso, un livello superiore a quello registrato nel 2020 e leggermente inferiore a quello del 2021. E se si analizzano le “cattive 10” (le 10 imprese con il maggior divario retributivo) si osserva che lo scorso anno la forbice salariale si è ulteriormente divaricata rispetto all’anno record del 2021: in media da 1:204 a 1:208; un rapporto che era 1:167 nel 2018. Il gigante farmaceutico Roche (seguito a ruota da Ubs, Abb e Nestlé) si issa per la quarta volta di seguito in cima a questa classifica: il Ceo Severin Schwan (nella foto) ha percepito un salario di 15 milioni di franchi, 307 volte quanto ha percepito il dipendente peggior pagato.


Se si considerano tutte e 37 le imprese analizzate, mediamente la forbice salariale, con un rapporto di 1:139, si è leggermente ridotta rispetto al 2021 (1:144), ma questo lo si spiega con alcuni cambiamenti avvenuti a livello dirigenziale: i nuovi manager percepiscono un “salario d’entrata” di regola un po’ inferiore a quello dell’affermato predecessore. E in parte con la leggera diminuzione degli utili rispetto al 2021, quando vennero pagati bonus da record. In ogni caso il divario è chiaramente superiore a quello del 2018, quando era di 1:134.


Per quanto riguarda gli utili conseguiti, al di là della citata leggera diminuzione rispetto al 2021, la tendenza sul lungo periodo è comunque nettamente al rialzo (+25% rispetto al 2018). E i dividendi distribuiti agli azionisti? Sono cresciuti di 2,5 miliardi, a 44 miliardi. Se si tiene poi conto dei profitti legati al riacquisto di azioni, gli azionisti delle 34 multinazionali quotate in borsa che sono state prese in considerazione hanno incassato nel 2022 quasi 76 miliardi di franchi. E i primi in classifica sono sempre gli stessi: Nestlé, Novartis, Roche e Ubs che da sole hanno distribuito oltre 50 milioni di franchi ai loro azionisti. Figurano però tra le “cattive 10” in materia di divario salariale.

 

ALCUNI DATI SIGNIFICATIVI NELL'INFOGRAFICA


Insomma, spiegano gli autori dello studio di Unia, «nonostante la pandemia, i problemi di approvvigionamento, l’inflazione e la guerra in Ucraina i profitti delle multinazionali e i capitali distribuiti agli azionisti sono continuati a crescere». Cosa che avrebbe permesso di garantire a tutti i dipendenti salari dignitosi e l’adeguamento al rincaro. Invece no: per le lavoratrici e i lavoratori nemmeno le briciole della torta. Al contrario: in particolare le fasce salariali più basse hanno subito una diminuzione reale delle loro retribuzioni. Il valore mediano dei salari più bassi presso le aziende considerate si situa a un livello tuttora scandaloso di 51.181 franchi all’anno, meno di 4.000 franchi al mese per 13 mensilità. E in non meno di 30 su 37 multinazionali i salari più bassi sono al di sotto della soglia “ufficiale” di 4.102 franchi.


Lo studio conferma in conclusione un divario retributivo considerevole e una sorprendente discrepanza tra utili conseguiti ed evoluzione dei salari nelle fasce basse.
Il quadro che ne emerge è simile a quello dell’economia generale, con salari reali in picchiata (-1,9% nel 2022, cui si aggiunge il -0,8 del 2021 e un trend che non accenna a mutare nemmeno per il 2024) e dunque con all’orizzonte ulteriore perdita del potere d’acquisto per le persone e le famiglie con redditi medi e bassi. Andando a guardare l’evoluzione salariale per fasce di reddito si osserva come tra il 2016 e il 2022 soltanto i salari più elevati (il 10% superiore della scala) sono cresciuti in termini reali (+5,4%), mentre quelli bassi (il 10% inferiore della scala) sono diminuiti dell’1,8% e quelli medi dello 0,9.

 

Vania Alleva: scandaloso
«Questa crescente iniquità salariale nelle aziende più importanti è scandalosa. Perché non usano una piccola parte dei loro miliardi di profitti per pagare salari almeno in parte decenti, al di sopra della soglia dei salari bassi? Non c’è alcuna giustificazione accettabile per questo», ha commentato la presidente di Unia Vania Alleva mercoledì nell’ambito di un’azione di sensibilizzazione a Berna sulla problematica del potere d’acquisto in Svizzera, anche in ottica della grande manifestazione sindacale sul tema in agenda il 16 settembre prossimo.

Pubblicato il 

01.09.23
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