Il mondo della cultura è mobilitato da mesi per criticare sia gli attacchi di Hamas dello scorso 7 ottobre 2023 sia il massacro in corso a Gaza. L’ultimo esempio in questo senso è stata la chiusura del padiglione israeliano alla Biennale di Venezia, decisa dall’artista e curatrice israeliana Ruth Patir, finché non ci sarà “un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi”. Non solo, il grande regista inglese Ken Loach è stato solo l’ultimo in ordine di tempo a manifestare la sua solidarietà al regista, premio Oscar, Jonathan Glazer, per le sue parole al momento del ritiro del premio per “La zona di interesse”. Il film di Glazer che ha vinto la statuetta tra le pellicole internazionali racconta con originalità di una famiglia tedesca che vive in una villa con giardino a due passi dal campo di concentramento di Auschwitz mentre è in corso il genocidio degli ebrei da parte delle gerarchie naziste di Adolf Hitler.

 

Le reazioni al discorso di Glazer

Nel momento in cui ha ritirato il premio, Glazer aveva detto che il suo film racconta fino a che punto “la deumanizzazione può arrivare ai suoi punti peggiori” e di “rifiutare che la sua ebraicità e l’Olocausto siano dirottati da un’occupazione che ha portato a un conflitto per tante persone innocenti, siano esse le vittime del 7 ottobre o degli attacchi a Gaza”. Non solo, Glazer ha annunciato di aver devoluto parte dei profitti del film a un’Ong che si occupa di distribuzione di aiuti umanitari a Gaza.

La Fondazione dei sopravvissuti all’Olocausto negli Usa aveva criticato molto l’intervento di Glazer agli Oscar definendola “moralmente indifendibile” e sostenendo che “dovrebbe vergognarsi per aver usato Auschwitz per criticare Israele”. E così centinaia di artisti ebrei avevano firmato una lettera criticando il “crescente odio anti-semita”. Da parte sua, il regista inglese ha ricevuto il sostegno del direttore del Memoriale di Auschwitz, Piotr Cywinski, e di altri think tank internazionali come Jewish Voice for Peace.

Ken Loach ha anche aggiunto che le parole di Glazer sono state utili a sfidare lo stereotipo secondo il quale quello che Israele sta facendo a Gaza sia “appoggiato da tutti gli ebrei nel mondo”. Lo stesso Loach si era presentato ai premi Bafta a Londra, lo scorso febbraio, con un poster in cui si leggeva “Stop al massacro” in riferimento al genocidio in corso a Gaza.

 

“No al genocidio”

“Israele ha lavorato negli ultimi decenni per creare lo stato ebraico, per poi collegare tutto alla vittimizzazione dell’Olocausto e affermare la definizione di anti-semitismo per cui chiunque critica Israele è anti-semita”, ci ha spiegato l’attivista palestinese, Mira Kurrayem. “Gli israeliani hanno fatto un gran lavoro, con molti investimenti tra le lobby israeliane. Anche le accuse di anti-semitismo sono create sistematicamente usando la tecnologia, non sono organiche, sono il prodotto di sistemi di spionaggio. E così molti investimenti servono a silenziare tutte le voci”, ha aggiunto Mira.

“Le autorità israeliane vogliono rimuovere l’attenzione dal genocidio corrente parlando del genocidio del passato. Non credo che essere vittime di un genocidio giustifichi di crearne un altro. Dovrebbe essere l’opposto”, ha proseguito l’attivista. “Questo si nota in modo particolarmente chiaro in Germania dove leggi ad hoc vengono approvate per accomodare questo senso di colpevolezza che gli europei hanno verso gli ebrei. Se l’Europa ha un problema con l’anti-semitismo, per i crimini che ha commesso, non dovrebbero essere i palestinesi a pagarne il prezzo. Questo non è giusto”, ha concluso l’attivista.

 

Il caso Berlinale

Se gli slogan “Stop al genocidio” hanno iniziato a fare la loro comparsa anche nella televisione italiana, per esempio in occasione della performance del cantante italo-tunisino Ghali a Sanremo che ha sollevato polemiche e innescato proteste contro la censura alle porte delle sedi della Rai in tutta Italia, è proprio in Germania che lo scontro si fa più duro.

Una sorte simile a Glazer è toccata al film-maker israeliano Yuval Abraham, che ha vinto il premio come miglior documentario al festival di Berlino 2024. Molti politici tedeschi lo hanno accusato di “anti-semitismo” per le parole che ha usato quando ha ritirato il premio. Per questo motivo, il regista ha ricevuto minacce di morte e non ha potuto fare ritorno in Israele. Il suo documentario “No other land” racconta la cancellazione dei villaggi palestinesi a Masafer Yatta in Cisgiordania. Nel suo discorso di accettazione del premio a Berlino, Abraham ha parlato di “situazione di apartheid” e ha chiesto un cessate il fuoco a Gaza. “Se questo è il modo in cui i tedeschi fanno i conti con l’Olocausto significa svuotarlo di qualsiasi significato”, ha commentato Abraham.

La nonna di Abraham è nata in un campo di concentramento tedesco e gran parte della sua famiglia è stata uccisa durante l’Olocausto. “La Germania sta usando come un’arma un termine che serviva a proteggere gli ebrei, non solo per silenziare i palestinesi ma anche per silenziare gli ebrei e gli israeliani che sono critici dell’occupazione e usano il termine apartheid”, ha dichiarato Abraham. Il regista, insieme al co-regista palestinese Basel Adra, che pure ha ricevuto minacce di morte, aveva chiesto durante la cerimonia di premiazione a Berlino di chiudere il “massacro a Gaza” e di bloccare la fornitura di armi tedesche a Israele. Dopo le sue parole, applaudite dalla ministra della cultura tedesca, Claudia Roth, sono arrivate le richieste di dimissioni per la politica.

 

La Germania in prima linea al fianco di Israele

La Germania è così in prima linea nel sostegno alle politiche di genocidio che sta perpetrando Israele a Gaza, prima di tutto fornendo armi. E così il Nicaragua ha deciso di portare il caso davanti alla Corte di giustizia internazionale (ICJ). Tania von Uslar-Gleichen, consigliere legale del ministero degli Esteri tedesco, ha detto che il caso dovrebbe essere archiviato. “La Germania fa del suo meglio per rispettare sia gli israeliani sia i palestinesi”, ha dichiarato ricordando che Berlino è il principale donatore di aiuti umanitari alla Palestina.

Tuttavia, la Germania è anche uno dei principali fornitori di armi a Israele nel 2023 con 326 milioni di euro in mezzi militari arrivati da Berlino a Tel Aviv. E così gli avvocati del Nicaragua che hanno sollevato il caso hanno chiesto alla Germania di fermare la fornitura di armi a Israele e di riprendere a finanziare l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNRWA), sostenendo che Berlino ha violato la Convenzione sul genocidio del 1948 fornendo armi a Israele, nonostante fosse consapevole del rischio genocidiario in atto, confermato anche dall’ICJ.  

 

E così se aver subito l’Olocausto non dà diritto agli israeliani di commettere un genocidio contro i palestinesi, aver commesso crimini contro l’umanità durante la seconda guerra mondiale neppure permette agli europei di finanziare chi li sta commettendo nel 2024. 

 

Pubblicato il 

26.04.24
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