...il re è nudo

Francisco Arrais, cittadino brasiliano, non è l’unico clandestino ad aver vinto una causa di lavoro al tribunale di Ginevra. Altri, prima di lui, pur non avendo uno straccio di permesso di soggiorno, sono riusciti a ottenere riparazione dai datori di lavoro che li sfruttavano. Francisco Arrais detiene invece un piccolo primato. È il primo «sans-papiers» a spuntarla, nella città di Calvino, contro un rappresentante di una famiglia Reale, nella fattispecie Casa Savoia. Assunto «in nero» al servizio particolare di Iris Doria, madre di Marina di Savoia, e quindi suocera di Vittorio Emanuele, il giovane brasiliano lavorava in realtà come domestico nella lussuosa villa di Hermance, nel Canton Ginevra, dove il principe e consorte risiedono circa sei mesi all’anno. Il lavoro è certo diverso da quello di insegnante, un mestiere che svolgeva in Brasile prima di tentare la fortuna a Ginevra, ma Francisco Arrais non se ne lamenta. Accusa però un carico di ore supplementari non retribuite, e le continue sollecitazioni che non gli consentono di usufruire delle pause di lavoro. Come spesso avviene in questi casi, i rapporti con la famiglia Savoia cominciano allora a deteriorarsi, e si incrinano irreversibilmente quando il domestico, per la prima volta in circa due anni di servizio, non si presenta alla villa giustificando un incidente che lo avrebbe costretto all’inattività per un paio di giorni. L’anziana madre di Marina di Savoia non ci crede, sospetta il clandestino di essere un simulatore, cioè di aver accampato scuse per non recarsi al lavoro, e esige che il domestico prenda a carico il salario del suo sostituto. La vicenda proseguirà dapprima negli uffici del sindacato Sit (Syndicat interprofessionnel des travailleuses et travailleurs), poi nelle aule del tribunale, e si concluderà con il risarcimento di circa 20mila franchi svizzeri, 13mila euro, per gli straordinari impagati. Una condanna di primo grado cui farà seguito un rinvio in appello, annuncia il legale di Iris Doria, l’avvocato Dominique Warluzel, cui certi rotocalchi italiani hanno attribuito in passato una relazione con Alba Parietti. La portata, simbolica, della vicenda non è sfuggita agli animatori di «Mise au point», programma d’attualità della Televisione svizzera romanda (Tsr). La storia del clandestino brasiliano che mette con le spalle al muro Casa Savoia è stata diffusa domenica 24 giugno, a cura del giornalista Eric Burnand. Lo scontro è stato da subito impostato dall’avvocato Warluzel sulla non-residenza del querelante, che ovviamente non figurava nei registri dell’ufficio cantonale della popolazione, e aveva anche dichiarato un indirizzo erroneo. Ed è continuato sulla richiesta di annullamento, per «vizio di forma». Respinta dai giudici perché ritenuta «senza rilievo». È normale che un clandestino non si trovi amministrativamente in regola, hanno fatto presente i giudici. L’esame del collegio giudicante dimostrerà invece che il datore di lavoro, formalmente Iris Doria (soltanto il suo nome appare sulle ricevute del salario), ha violato gli obblighi legali, sulla base di un contratto stipulato verbalmente, non retribuendo il lavoro che il domestico veniva chiamato a svolgere fuori dalle ore stabilite. Dal canto suo il Sit, uno dei sindacati maggiormente attivi nella difesa dei «sans-papiers», punta il dito su una realtà più vasta, che vede migliaia di lavoratori in nero, quasi sempre senza documenti, al servizio di ricchi proprietari, facoltosi uomini d’affari e adesso anche famiglie Reali. «Si intrattiene un sistema ingiusto, contrario ai valori che fondano le nostre società», denuncia il sindacalista Giovanni Albano. Non è una novità, i lavoratori vengono regolarmente retribuiti al di sotto dei minimi salariali, ma soprattutto vengono loro negate le ore di riposo, le ferie, e talvolta anche le pause di lavoro. Nel mondo della «nobiltà aristocratica», l’ipocrisia è ancora più palese : «Tra i valori che difendono i nobili aristocratici figurano i valori cristiani, la carità, il rispetto della dignità della persona umana», argomenta il sindacalista ginevrino. La responsabilità morale ricade allora su tutti, anche se, formalmente, a essere condannato è uno solo: «Perché allora nessuno, né il principe né la principessa, poiché tutti erano al corrente, dato che abitavano sotto lo stesso tetto, ha consigliato a Iris Doria, che è secondo il tribunale l’unica responsabile, di mettere in regola Francisco Arrais, in virtù della tanto conclamata parità e uguaglianza cristiana degli uomini e delle donne?” A Casa Savoia, il caso di Francisco Arrais non sembra inoltre essere l’unico. Tra le mura della residenza ginevrina, il ricorso alla forza lavoro clandestina è frequente, svela Giovanni Albano: «Alcuni ex dipendenti sono venuti a chiedere una consultazione da noi, ma hanno preferito non intraprendere le vie legali per paura di essere espulsi dal territorio». «Altri continuano a presentarsi nei nostri uffici». E infatti, «qualche settimana fa – aggiunge il sindacalista – abbiamo ricevuto una segnalazione riguardante un altro rappresentante di Casa Savoia, che ha tenuto al suo servizio un clandestino, con una paga da fame, ben al di sotto dei minimi salariali».

Pubblicato il

28.06.2002 01:00
Fabio Lo Verso