A briglie sciolte

Di questi tempi c’è veramente poco da ridere. Stiamo uscendo in un qualche modo dalla pandemia e ci si aspetterebbe che a livello politico si cerchi di tirare qualche somma. Questo soprattutto in Ticino, dove durante la seconda ondata (e anche dopo) il nostro governo ha purtroppo ascoltato molto di più i desideri di Gastrosuisse che i consigli del mondo scientifico. Ci si può quindi chiedere quanti degli oltre 600 decessi occorsi nell’autunno-inverno 2020 avrebbero potuto essere evitati se anche durante la seconda ondata si fosse mostrato lo stesso atteggiamento tenuto nella primavera precedente, quando il Ticino aveva obbligato Berna a permettergli d’essere più restrittivo del resto della Svizzera. Ma questa disamina, che a me sembra dovuta, pare non interessare i nostri politici, che hanno semplicemente deciso di voltar pagina. A rendere più cupa ancora l’atmosfera ci si è ora messa anche la guerra, che i nostri media sembrano seguire più con un tifo da stadio che con un minimo di spirito critico. Sin dall’inizio abbiamo detto che l’aggressione putiniana è criminale. Ciò non toglie che ci si debba pure rendere conto che il popolo ucraino è vittima anche di uno scontro di opposti imperialismi e che da entrambe le parti ci sono dei falchi interessati a prolungare la guerra. Invece di richiedere a gran voce un invio ancora più massiccio di armi, sarebbe molto più sensato battersi per la conclusione di una rapida pace, che ragionevolmente non dovrebbe essere così difficile da raggiungere, tenuto anche conto che molti degli osservatori più seri continuano a pensare che questa guerra si sarebbe potuta evitare, se a Berlino ci fosse ancora stata Angela Merkel. Ma non è solo il complesso militare-industriale internazionale a soffiare sul fuoco: tutta una serie di politici stanno approfittando della situazione per richiedere un aumento massiccio della spesa militare. E ciò anche da noi, con il partito liberale quale capofila di coloro che vorrebbero quasi un raddoppio di quanto si spende per l’esercito e che stanno addirittura suggerendo un’entrata della Svizzera nella Nato. Questa esplosione delle spese per l’esercito non potrà che andare a scapito dei programmi sociali: e sì che nei prossimi anni ne avremo un gran bisogno, per quanto sta bollendo in pentola. L’inflazione difatti non potrà che colpire duramente i lavoratori, i cui salari, come ha brillantemente dimostrato nell’ultima area Francesco Bonsaver, negli ultimi anni sono praticamente rimasti al palo, mentre le fortune di milionari e miliardari si moltiplicavano. Con la scusa dell’inflazione è molto probabile che verranno fatti salire i tassi di interesse, ciò che rincarerà gli affitti. E da quanto comincia a trapelare, ci sarà una stangata terribile con un aumento medio dei premi di cassa malati che potrebbe addirittura arrivare al 10%! E le casse malati, le cui riserve continuano ad aumentare, già versano le loro solite lacrime di coccodrillo, ripetendo come una litania le usuali proposte fasulle, ma tacendo sulle vere ragioni di questi aumenti. E mi limito a citarne due: l’assenza di premi proporzionali al reddito, ciò che fa risparmiare alla grande ai milionari e schiaccia invece la classe medio-bassa, e i guadagni sproporzionati dei troppi specialisti, che per garantirseli moltiplicano le prestazioni inutili. Per esperienza personale so quanto è difficile evitare che questi specialisti passino dagli ospedali pubblici al settore privato, dove un guadagno annuo netto di almeno mezzo milione è il minimo che si aspettano. Cifre che valgono tra l’altro anche per i manager delle casse malati.
Di fronte a queste prospettive fosche, uno potrebbe pensare che non ci resta quindi che piangere. Proprio per niente invece! È forse arrivato il momento di ribellarsi sul serio: ricordiamoci di cosa hanno ottenuto in Francia con la loro rivolta i Gilets jaunes.

Pubblicato il 

20.04.22
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