anno XXI - N° 13 - 14 settembre 2018

L'editoriale
12.09.2018

di 

Claudio Carrer

Il lavoratore che ha il coraggio di denunciare soprusi e reati commessi dal suo datore di lavoro non è una “spia del sindacato” ed ha il diritto a non essere identificato, così come alla protezione della sua sfera privata. Sono considerazioni importanti quelle contenute nella recente decisione del Consiglio svizzero della stampa, che bacchetta pesantemente il Corriere del Ticino per aver pubblicato nell’ottobre 2017 nomi e dettagli attinenti alla vita privata dei due dipendenti della tristemente nota società di sicurezza Argo 1 che avevano reso testimonianza davanti alla giustizia, accusandoli per questo di aver agito come “infiltrati” di Unia. Una falsità! «Mancato rispetto della verità», conferma l’organo di vigilanza sull’etica dei mass media, secondo cui il quotidiano ticinese è anche venuto meno al dovere di ascolto in caso di addebiti gravi delle persone coinvolte ed ha violato la direttiva sulla menzione dei nomi.

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