Il portaledi critica socialee del lavoro
di
La sfrontatezza di Federcommercio non ha limiti. Da vent'anni si rifiuta categoricamente di intavolare trattative con i sindacati per l'adozione di un Contratto collettivo di lavoro (Ccl) per il settore del commercio al dettaglio, ma, a cinque minuti da mezzanotte cioè pochi giorni prima della votazione di domenica prossima sulla nuova Legge cantonale sull'apertura dei negozi, si dichiara improvvisamente disponibile a compiere questo passo.
La tempistica è perlomeno sospetta agli occhi di qualsiasi persona du buon senso, tenuto conto che il Gran Consiglio ticinese ha deciso di vincolare l'entrata in vigore della legge all'adozione di un Ccl di obbligatorietà generale. Un'operazione non certo pensata per il bene delle lavoratrici e dei lavoratori, ma un vero e proprio ricatto. In sostanza, si cerca di imporre al personale della vendita un enensimo peggioramento delle sue già precarie condizioni di lavoro attraverso un'estensione degli orari di apertura dei commerci e del lavoro festivo e domenicale in cambio di un contratto dai contenuti ancora tutti da definire.
La bufera non accenna a fermarsi alla Rsi: dopo i 18 licenziamenti cruenti nelle modalità, emergono altre realtà sommerse. Come in un gioco di scatole cinesi se ne apre una e se ne trova una seconda e poi una terza. Incastrate l’una nell’altra. Sotto ai dipendenti cui è stato rescisso il contratto di lavoro, c’è un sottobosco di personale qualificato che, legato alla Rsi, lavora di fatto su chiamata. Un centinaio di professionisti che vive in condizioni di forte precariato. Sono gli esterni, di cui molti presenze fisse a Comano, suddivisi in due categorie: il personale a prestito e i service. Con buste paga già risicate ai limiti della sussistenza, per i primi il 2016 è partito con il botto: meno il 3,5% della remunerazione. Per i secondi anche peggio: una dozzina, fra cameramen e fonici, sono stati licenziati in maniera cautelativa dalle ditte che fanno da intermediarie fra loro e la Rsi, trattenendo sui loro compensi una media che varia dall’8 al 12%.
Questa storia ha inizio nel 1980 negli Stati Uniti. A dare il la al processo di fusioni e acquisizioni nel settore dell'agrochimica è una decisione della Corte suprema che stabilisce che un essere vivente, nel caso specifico un batterio, può essere brevettato. A partire da quel momento il settore privato comincia ad investire nella ricerca agricola, prendendo il posto fino ad allora occupato da varie istituzioni pubbliche. L’offerta d’acquisto di Syngenta da parte del gruppo pubblico cinese ChemChina possiamo farla partire da qui. Da un batterio. O meglio: dalla possibilità brevettarlo.
Da qualche anno la regione catalana si è rivelata un laboratorio politico d’eccezione che meriterebbe più attenzione da parte dei movimenti della sinistra popolare del continente. Mentre la Catalogna presenta una ricchezza e una crescita economica tra le più alte d’Europa, parallelamente assiste allo sviluppo di movimenti di massa che rivendicano il diritto all’autodeterminazione, la disobbedienza civile e la giustizia sociale. Se in situazioni di crisi politica e di discredito delle istituzioni di un governo centrale duramente provato da scandali legati alla corruzione, com’è il caso per l’esecutivo di Madrid o per la monarchia borbonica, un ripiego regionalista non sorprende, il processo catalano presenta due aspetti inabituali dai quali trarre qualche utile lezione.
Il Venezuela danza sull’orlo del baratro. C’è chi evoca analogie sinistre con il Cile allendista del ’73 o con il Nicaragua sandinista del ’90. Probabilmente esagerate le prime, se non altro perché i militari venezuelani – maneggiati con cura dall’ex-colonnello Hugo Chávez – sono stati (finora) il baluardo armato della “rivoluzione bolivariana”. Probabilmente meno infondate le seconde perché i richiami con la disfatta sandinista nelle elezioni del ’90, risultato di una guerra sporca del reaganismo imperiale che voleva impedire “un’altra Cuba”, sono forti. Poi, nel 2007, Daniel Ortega riuscì a rivincere le elezioni, ma “il sandinismo” era ormai morto e sepolto.
La giornata di Marco comincia con una manciata di pastiglie fra vitamine e integratori alimentari. Poi è il tempo del frullato a base di proteine in polvere. Indi le uova, dieci e strapazzate, che consuma senza pane. Sono tre anni che Marco non tocca il pane e cinque che non mangia un dolce. In famiglia nessuno riesce a ricordare l’ultima volta che ha partecipato ad un pasto conviviale. Lui mangia da solo e mangia ogni due ore, seguendo un regime alimentare iperproteico destinato ad aumentare la massa muscolare. Ogni giorno un chilo di carne bianca più tonno, fagioli e formaggio fresco.
Sindacato Unia
Claudio Carrer
Francesco Bonsaver
Raffaella Brignoni
Federico Franchini
Veronica Galster
Mattia Lento
Tariffe pubblicitarie
T. +4191 912 33 80info@areaonline.ch
T. +4191 912 33 80Formulario online
Impressum
Privacy Policy
Cookies Policy
© Copyright 2019