Pil in caduta libera, disoccupazione in forte crescita. La crisi è solo agli inizi. Ma per ora non tutti sono colpiti allo stesso modo. La piazza finanziaria zurighese ad esempio tiene bene.
Che la crisi economica si vada sempre più aggravando anche in Svizzera, non vi sono dubbi. L'ultimo barometro congiunturale del Kof (il Centro di ricerche economiche del Politecnico federale di Zurigo), che in dicembre era sceso di 0,45 punti, in gennaio è calato di altri 0,87 punti. Per quest'anno si prevede una contrazione del Pil (il prodotto interno lordo) di almeno un -0,5 per cento. Il tasso di disoccupazione è salito dal 3 per cento di dicembre (nel 2008 la media è stata però del 2,6 per cento) al 3,3 di gennaio. Ma per quanto grave sia la situazione in generale, vi sono sempre differenze regionali o locali che fanno ritenere la crisi non uguale per tutti. Come nel canton Zurigo, per esempio. A giudicare dai toni d'allarme con i quali gli specialisti ci hanno messo in guardia sul passaggio della crisi dal mondo finanziario all'economia reale, ci si sarebbe forse aspettata una valanga di di licenziamenti e di altre notizie funeste. Soprattutto nel cuore della piazza finanziaria elvetica si poteva francamente temere un forte contraccolpo sulle banche, e quindi sull'occupazione in tale settore. Ancora in dicembre nei mass media si discuteva sull'ipotesi, per quanto remota, di un eventuale fallimento dell'Ubs. Adesso già se ne parla di meno, anche grazie al forte sostegno che questo istituto di credito ha ricevuto dalle casse statali. In un comunicato diffuso il 6 febbraio l'Associazione svizzera degli impiegati di banca si diceva «molto preoccupata» per gli annunci che di lì a poco le grandi banche, Ubs e Cs, avrebbero fatto. Ma il 10 febbraio la stessa associazione s'è limitata a dirsi «indignata» per i 600-800 posti di lavoro che il capo dell'Ubs, Marcel Rohner, ha annunciato di sopprimere in Svizzera; mentre il Cs ha escluso per il momento misure del genere. E c'è da scommettere che non tutti i posti che l'Ubs vuole tagliare saranno soppressi a Zurigo. Un altro confronto significativo per capire quanto la crisi stia mordendo nel motore economico della Svizzera, quale il canton Zurigo, lo si può fare sulla vendita di automobili. In gennaio, secondo Auto Schweiz, l'associazione degli importatori di veicoli, l'acquisto di automobili nuove in Svizzera è crollato del 17,5 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Lo stesso giorno, il Tages-Anzeiger ha pubblicato un servizio dal titolo eloquente : "Nonostantre la crisi si vendono più auto". In effetti, il reportage tra i commercianti di veicoli nella regione di Zurigo rivela la loro soddisfazione: le vendite di automobili nuove in gennaio non sono affatto crollate, anzi qualcuno dice di averle persino incrementate (con l'eccezione dei fuori strada «che non sono quasi più richiesti»), mentre il mercato dell'usato continua a tirare come se niente fosse. Almeno per adesso. Ma uno di questi commercianti, che come quasi tutti loro è anche garagista, non perde l'ottimismo: se crolleranno le vendite di vetture nuove si avrà più lavoro in officina, poiché le auto saranno più vecchie ed avranno più bisogno di riparazioni. «E questo, indipendentemente dalla congiuntura». Il confronto classico rimane però quello fatto sui numeri relativi alla situazione occupazionale. In base ai dati pubblicati dalla Seco (Segreteria di Stato dell'economia) relativamente al mese di gennaio, con il tasso della disoccupazione al 3,0 per cento il canton Zurigo rimane al di sotto della media Svizzera (3,3 per cento). Perfettamente in linea con la media nazionale è invece la città di Zurigo. Va tenuto però in considerazione che si tratta del cantone e della città più popolosi del Paese, e che sopra la media ci sono Basilea Città, il Ticino e tutti i cantonidella Svizzera francese. Questi dati acquistano inoltre un significato più completo se si presta attenzione anche ad altri due aspetti. Il primo concerne l'aumento del lavoro ridotto o parziale. Nel mese di gennaio – sempre secondo la Seco – sono state circa 800 le aziende che hanno fatto ricorso a questa misura: 11 volte più che a gennaio del 2008. E in febbraio saranno probabilmente ancora più numerose. Un livello certamente alto, ha ammesso Serge Gaillard, capo della direzione del lavoro alla Seco. Ma «è un segnale positivo che così tante imprese facciano ricorso al lavoro parziale», ha precisato Gaillard, poiché «ciò significa che esse si attendono una crisi temporanea». Il secondo aspetto riguarda i posti liberi annunciati agli Uffici regionali di collocamento del canton Zurigo. In gennaio tali posti di lavoro non ancora occupati erano in totale 2 mila 825, con un incremento di 313 nuovi annunci che hanno compensato in parte la loro diminuzione (-846) avutasi nei due mesi precedenti. Nel contempo si osserva anche che certi gruppi professionali, come nei settori metalmeccanico, elettrotecnico ed elettronico, hanno ampiamente compensato l'aumento del numero di disoccupati con la creazione di nuovi posti di lavoro. «Una possibile spiegazione del fenomeno», rileva l'Ufficio cantonale zurighese dell'economia e del lavoro, «è che le imprese utilizzano l'attuale situazione congiunturale per fare le ristrutturazioni». |