Werner Carobbio: «Difendiamo il servizio pubblico»

L’Associazione per la difesa del servizio pubblico (Sp) è entrata nel suo secondo anno di vita. Nel frattempo si è battuta e ha preso posizione su vari temi (finanziamento alle scuole private, Azienda elettrica ticinese, Azienda elettrica comunale di Bellinzona, ecc…), tutti accomunati dallo stesso fil rouge, la difesa e la valorizzazione di un concetto che sembrava ormai accantonato dal nuovo che avanza. Stiamo parlando ovviamente del concetto di service public. A due anni dalla costituzione di questa associazione trasversale ai partiti politici, ne abbiamo parlato con un dei suoi membri, l’ex Consigliere nazionale socialista Werner Carobbio. Onorevole Carobbio, su quali altri fronti si batterà l’associazione quest’anno e per gli anni a venire? L’Associazione è stata voluta da un gruppo di persone di diversa estrazione politica per sensibilizzare l’opinione pubblica cantonale sull’importanza politica, economica e sociale del servizio pubblico e per la difesa dello stesso contro tutti i tentativi di smantellarlo. L’occasione concreta è stata data dalle operazioni in atto presso l’Azienda elettrica ticinese di rimessa in discussione di quello che è stato chiamato «lo spirito della Biaschina». Un servizio pubblico – l’Azienda elettrica ticinese appunto – il cui scopo e compito deve essere quello di utilizzare una delle poche ricchezze del cantone – l’acqua – per sviluppare l’economia dello stesso e assicurare a tutti i consumatori e a tutte le aziende del cantone, anche nelle regioni periferiche, energia a prezzi moderati. Ma l’azione dell’Associazione, di fronte all’incalzare dell’offensiva degli ambienti economici e politici di centro destra, si è presto estesa ad altri settori cantonali come la Banca dello Stato, l’Ente cantonale ospedaliero e a temi di politica federale come i tentativi di privatizzazione di Swisscom e della Posta. Nell’immediato futuro al centro dell’attenzione e delle iniziative dell’Associazione ci sarà ancora prioritariamente la tematica del settore elettrico. Intanto ci si dovrà impegnare nella campagna contro la legge federale sul mercato dell’energia contro la quale è stato lanciato il referendum. Ma soprattutto l’Associazione seguirà con attenzione la discussione parlamentare sui tre messaggi sulla politica energetica cantonale e in particolare quella relativa alla revisione della Legge sull’Aet. E su questo punto la posizione dell’Associazione è chiara e ferma: è cioè contraria a ogni proposta che metta in discussione la natura pubblica dell’azienda così come emerge dalle proposte del Consiglio di Stato. Ma è anche contraria alle varie proposte di compromesso, purtroppo avallate anche da settori della sinistra, che si avanzano in questi ultimi tempi. Come quella di trasformare l’Aet in una Sa il cui capitale rimane totalmente in mano al Cantone con competenza del solo Gran Consiglio di, eventualmente, vendere delle azioni. Un compromesso che costituisce di fatto, dietro il paravento della Sa completamente in mani pubbliche, il grimaldello per raggiungere lo stesso obiettivo. Privatizzare a tempo l’azienda. Soprattutto se non saranno chiaramente fissati nella legge gli scopi e i compiti d’interesse pubblico dell’Aet e efficaci poteri di controllo del Parlamento sulla stessa. Contro un tale compromesso l’Associazione sarà pronta a ricorrere al referendum. Ma accanto a questo impegno prioritario l’Associazione continuerà a seguire da vicino le vicissitudini della Banca dello Stato e a prendere iniziative puntuali contro ogni tentativo di privatizzazione dei vari servizi pubblici. Le polemiche che hanno alimentato la vicenda BancaStato sembrano essersi spente con la pubblicazione dei bilanci e l’annuncio di utili record. Qualcuno ha detto che le note vicende attorno ai derivati non hanno inciso sugli utili dimenticando che l’aumento dell’utile è dovuto principalmente ai settori tradizionali (crediti ipotecari e commerciali). Cosa dite a chi insiste nel voler cambiare la strategia di BancaStato? Le vicissitudini in cui è stata coinvolta la Banca dello Stato, come quelle che hanno coinvolto in Svizzera la Swissair o negli Stati Uniti la Enron, sono la dimostrazione lampante dei rischi e dei pericoli che corrono istituzioni di interesse pubblico quando invece di preoccuparsi di garantire efficaci servizi pubblici scelgono di puntare su pure operazioni finanziarie speculative per realizzare profitti illusori. In altre parole quando i loro dirigenti con i loro sponsor politici, cedendo alla moda delle privatizzazioni, dimenticano quello che è il principio fondamentale di un servizio pubblico: assicurare, nel quadro di un gestione aziendale rigorosa e commercialmente valida, prestazioni e servizi adeguati e a buon mercato al paese e alla sua gente. Le disavventure della Banca dello stato nel campo dei derivati ne è la prova inconfutabile. Ed è quello che potrebbe capitare ad altri servizi pubblici – l’Aet in primis – se non si bloccano le scelte politiche e gestionali in quella direzione. Per quanto concerne quindi la Banca dello Stato, l’Associazione si batterà con forza contro ogni tentativo, dietro la copertura di comodo della liberalizzazione dei mercati, di privatizzazione parziale o totale e di cambiamento della sua natura giuridica. E resterà vigilante affinché le responsabilità per quanto accaduto siano chiarite. Contemporaneamente chiederà un rafforzamento del controllo politico – parlamentare – sugli indirizzi e le scelte strategiche dell’istituto. In settembre ci sarà la votazione federale sulla legge del mercato dell’elettricità. Come mai si procrastina così tanto? Si teme il voto contrario dei cittadini? I continui rinvii della data di votazione sulla legge sul mercato dell’energia oltre che costituire una plateale e grave violazione dei principi democratici è un evidente segno delle preoccupazioni e delle paure dei fautori della modifica legislativa per l’esito della votazione. Negli ultimi tempi, come l’hanno dimostrato diverse votazioni popolari a Zurigo, nel canton Vaud, a Obwaldo e a Bellinzona, è cresciuta l’opposizione ai tentativi aperti o mascherati di liberalizzazione selvaggia e privatizzazione di settori vitali come quello dell’energia. E la legge federale sul mercato dell’energia di fatto apre la strada a tali operazioni nel settore della distribuzione di energia attualmente in larga parte in mano pubblica. Nella vicenda della vendita (o forse svendita) del palazzo postale di Lugano, quello che colpisce è la via della trattativa privata seguita dai vertici di due aziende ancora parzialmente in mano allo Stato (Swisscom e Posta). Non si è nemmeno cercato l’obiettivo del «massimo profitto». Normalmente, anche per vendere una bicicletta, il ragazzino sveglio utilizza il giornale degli annunci gratuiti per avere il miglior prezzo. Cosa ne pensa? Considero l’operazione di svendita del palazzo postale di Lugano uno scandalo. Per la vendita in se. Un ente ancora pubblico che senza ragioni evidenti e plausibili vende a prezzi discutibili una sua proprietà. Per il modo: senza concorso per poi rimanere nello stesso stabile come inquilini. Ma a ben vedere anche questo episodio è il frutto della mentalità «privatistica» che è diventata negli ultimi tempi la filosofia dei «managers» delle aziende parapubbliche. La stessa mentalità e filosofia che li ha portati qualche tempo fa ad attribuirsi, in nome della legge di mercato, onorari e stipendi da nababbi. Una ragione in più per l’Associazione combattere quelle scelte e la mentalità che le sorregge.

Pubblicato il

22.02.2002 04:00
Generoso Chiaradonna