Settembre. Finito lo sciallo, come dicono gli adolescenti, la scuola ticinese riapre. La cosa ci tocca tutti. Più o meno violentemente. Perché la scuola non comincia mai: ti aggredisce. E perciò un augurio di buon lavoro a tutti. Ai bravi insegnanti (ce ne sono), agli allievi e alle loro famiglie. A quegli insegnanti che hanno cominciato a riunirsi qualche giorno fa confrontandosi sui programmi, sugli orari, sulle attività d’inizio anno scolastico - un po’ per esorcizzare le paure e un po’ perché ci credono. Un augurio sincero ai docenti volonterosi (ce ne sono). O ai perdenti – se preferite - come sembra li abbia definiti la nostra Moratti incravattata. E lasciamo fuori gli ignavi, quelli che nella scuola si trovano per caso, perché tanto un lavoro vale l’altro e perché mezza giornata libera settimanale è assicurata – cito a memoria Registro di classe (Sandro Onofri, Einaudi); così come lasceremo fuori gli inetti, quelli che credono di migliorare la scuola con ricorrenti aggiustatine ai programmi e con il sostegno dell’informatica. Ah, la modernità! Auguri di cuore a quelli che sostengono (cioè puntellano) la scuola media, e che si dannano l’anima, e il corpo, lavorando sui PEI – i Progetti Educativi d’Istituto. (Non si sa mai.) Auguri, tanti, per quelli che hanno fatto e fanno l’insegnante credendo nel miracolo dell’insegnamento. (Ce ne sono.) E buon anno agli ostinati che insistono a insegnare educando, malgrado il male di vivere, i luoghi comuni e l’opinione pubblica. Non è facile insegnare veramente. Occorre avere fiducia. Occorre continuare a credere nella naturale predisposizione di ogni individuo a svilupparsi, a crescere: a diventare uomo. Questo è un mondo perlopiù governato dal “fanatismo mercatista”, cinico, nel quale i criteri della finanza stanno diventando i criteri punto e basta. Un po’ voluto dai capi di impresa e un po’ da certi politici corrivi (che hanno sempre più idee che loro stessi non condividono). Un mondo ridotto a un martellamento ossessivo e inarrestabile di cifre preventivate e consuntivate. Un augurio a tutte le persone implicate nel processo educativo. Che credono nella necessità che la scuola si preoccupi, prima di tutto, di rispettare le differenze individuali contro la logica dell’indifferenziato. E che in veste di docenti scelgono percorsi didattici e sistemi di apprendimento individualizzati. Un augurio ai maestri che sanno lottare (e sanno perdere). Complici degli allievi nella ricerca dell’espressione di sé e nella lotta per diventare grandi. E complici nello stimolarne interessi e curiosità, aiutandoli a porsi domande più che a trovare risposte. Un pensiero solidale - molto - per tutti coloro i quali ricercano il dialogo (come i sindacalisti) opponendosi al discorso nevrotico del risparmio applicato agli investimenti nel campo dell’educazione, e ad altri interventismi di varia natura.

Pubblicato il 

03.09.04

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