Nelle molte assemblee sindacali in vista della votazione sull’allargamento dell’accordo di libera circolazione ai nuovi paesi dell’Unione europea (Ue) abbiamo constatato che fra i salariati c’è sovente il desiderio di deporre un no nell’urna il prossimo 25 settembre. Molte lavoratrici e molti lavoratori vorrebbero così esprimere il proprio profondo malcontento e dissenso su come stanno andando le cose nel paese: ristrutturazioni e delocalizzazioni sulle spalle di chi lavora, disoccupazione duratura, esplosione dei redditi dei manager e contemporanea diminuzione del potere d’acquisto per i loro impiegati (dumping sui salari) e attacco alla socialità. Condividiamo assolutamente questo malcontento e cerchiamo con tutte le nostre forze di farvi fronte per imporre un cambiamento di rotta. Malgrado questi dati di fatto, il senso di responsabilità nei confronti dei salariati ci impone di lanciare un vibrante appello a tutti, e in particolare alle cittadine e ai cittadini con diritto di voto, affinché non utilizzino la votazione sull’estensione della libera circolazione quale capro-espiatorio o come occasione per un regolamento di conti: si tratterebbe infatti di un formidabile autogol. Con il voto del 25 settembre dobbiamo rispondere di fatto a due domande. La prima è la seguente: vogliamo continuare ad avere dei rapporti strutturati e regolati con il nostro principale partner economico, dal quale dipende un posto di lavoro su tre, o vogliamo voltare le spalle all’Europa? Oggettivamente, non possiamo permetterci di imboccare questa seconda strada. Infatti, una cosa è certa: l’Ue non potrebbe mai accettare che la Svizzera discrimini una parte dei suoi membri senza reagire. Si aprirebbe così una fase di grande incertezza economica che condurrebbe molte aziende del settore dell’esportazione a frenare i propri investimenti o a procedere a delocalizzazioni, con gravi ripercussioni sull’impiego anche nell’economia interna. Detto altrimenti, un no il 25 settembre sarà fonte di recessione economica e di aumento della disoccupazione. Un no condurrà il padronato ad essere ancora più intransigente nei rinnovi contrattuali e nelle trattative salariali che ci attendono. Non va poi dimenticato che la libera circolazione delle persone è già oggi una concreta realtà con l’84 per cento dell’Ue, cioè con i suoi 15 vecchi Stati membri. Votiamo quindi solo sull’estensione di questo regime al restante 16 per cento. Il primo anno di libera circolazione ha messo in evidenza, grazie soprattutto alla vigilanza di Unia e dell’Unione sindacale svizzera, un aumento dei casi di abuso e di dumping salariale puntualmente denunciati con forza. Questa esperienza ha mostrato che, dove i sistemi di controllo paritetici e statali sono stati messi in atto, danno buoni risultati; essi non sono però ancora sufficienti e per questo vanno rafforzati. È per questo che il 25 settembre votiamo anche e soprattutto su un pacchetto di misure legali complementari contro il dumping salariale: il loro obiettivo è che chi lavora in Svizzera venga pagato con “salari svizzeri” indipendentemente che si tratti di lavoratori distaccati da ditte estere o di immigrati con un altro statuto ancora, quali frontalieri, “padroncini”, temporanei eccetera Questo pacchetto di misure in difesa dei salari e dei salariati rappresenta il più grande progresso intervenuto in questo paese in materia di diritto e di protezione del lavoro negli ultimi decenni. Non verrà solo triplicato il numero degli ispettori addetti ai controlli, ma sarà anche più facile estendere l'applicazione dei contratti collettivi di lavoro e fissare dei minimi salariali legali. Inoltre si disporrà di strumenti più efficaci per combattere gli abusi dei falsi indipendenti e delle aziende interinali e saranno ulteriormente inasprite le sanzioni (che potranno giungere fino all’esclusione di aziende estere dal mercato del lavoro svizzero). La seconda domanda a cui siamo chiamati a rispondere è dunque la seguente: vogliamo questo rafforzamento delle misure contro il dumping salariale oppure no?. È chiaro che un no lascerà molto più spazio agli abusi e alle pressioni sui salari e darà via libera a certo padronato per compensare come meglio crede la perdita di competitività dovuta al rifiuto degli accordi bilaterali. La posta in gioco è dunque di grande rilevanza, per il paese e per tutti i salariati e le salariate: non possiamo che invitarvi caldamente a mettere un sì nell’urna: un sì per una protezione rafforzata delle lavoratrici e dei lavoratori contro i rischi di dumping salariale, un sì per buoni rapporti con l’Unione europea.

Pubblicato il 

16.09.05

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