Volti e cronaca del 1° maggio ticinese

Un Primo Maggio a tratti bagnato e a tratti baciato dal sole quello di mercoledì a Lugano, con la partecipazione di un migliaio di persone che hanno rivendicato salari più giusti, pensioni migliori e dignità per i lavoratori. Dignità che passa anche attraverso una maggiore attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, come ha ricordato Saverio Lurati, presidente dell’Uss Ticino e Moesa.


È con la pioggia che da Campo Marzio il corteo si è incamminato verso piazza Manzoni, iniziando con un applauso in memoria di chi non c'è più: come i compagni Bill Arigoni, Tita Carloni e Rezia Boggia, ma anche come quei lavoratori, ricordati da Enrico Borelli, co-segretario regionale di Unia Ticino, che sono partiti la mattina per andare a lavorare e non sono mai più tornati a casa.
Lungo il percorso, tra lo sventolare delle bandiere e l’avanzare degli striscioni, la musica si è alternata ai vari oratori che hanno messo l'accento su diversi aspetti importanti del significato del Primo Maggio, sui problemi odierni del mondo del lavoro e sulla crisi che ha investito il pianeta.


Anche la gente comune presente alla manifestazione aveva le sue motivazioni diverse l’una dall’altra per partecipare: «Oggi più che mai non ci possiamo permettere di non esserci al primo maggio», dice Giancarlo mentre porta una bandiera del Ps, e prosegue: «Da una vita faccio parte di movimenti sindacali e milito in partiti di sinistra e adesso che siamo nel pieno delle lotte e delle rivendicazioni mi pare logico che si debba essere qui. Non possiamo più limitarci a firmare iniziative e petizioni, dobbiamo dimostrare di esserci anche con una presenza fisica in giornate come questa». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Mariolina, che regge lo striscione di Unia “No alla giornata lavorativa di 24 ore”. Secondo lei «Quando tutto il resto del mondo si occupa d’altro, noi dobbiamo esserci per dimostrare che non ci distruggeranno mai e per difendere la nostra dignità di lavoratrici e lavoratori, senza frontiere. Dobbiamo continuare a credere nel Primo Maggio perché uniti siamo forti, e oggi siamo in tanti».


Lavoratrici e lavoratori senza frontiere, come dice Mariolina, in un momento in cui la questione frontiere e frontalieri legata al mondo del lavoro è un tema molto caldo in Ticino. «Sono un lavoratore frontaliere – spiega Giuseppe – e oggi sono venuto qui per rivendicare di essere una risorsa per la Svizzera: mi dispiace essere accusato di rubare il lavoro. Lavoro in Svizzera e cerco di dare il mio apporto a un paese che purtroppo non è il mio, ma se potessi questo lo farei nel mio paese».


Lavoratori e lavoratrici senza frontiere anche perché il Primo Maggio è la giornata internazionale della lotta operaia, come sottolinea Hursit mentre regge la bandiera comunista e quella del Curdistan, e aggiunge: «La festa dei lavoratori è una giornata conquistata con una lotta sanguinosa, lotta che trovo importante anche per il futuro dell'umanità». Futuro rappresentato nel corteo dai bambini di oggi, che saranno gli adulti di domani, un concetto che può apparire banale e scontato, ma che è fondamentale per avere una continuità, assicurata anche da chi come Evelina partecipa al Primo Maggio «da sempre con i miei tre figli, e adesso anche con i nipotini, per trasmettere loro il significato originario di questa giornata», e se ne va spingendo fiera il passeggino.


C'è chi alle manifestazioni per la festa dei lavoratori partecipa oramai da anni, come Enzo che vi prende parte dal ’68 «ma è più che un rituale, è una giornata importante di rivendicazioni. Secondo me dovrebbero farne di più di primi maggio durante l'anno», spiega. Gerry invece dice che «partecipare al corteo del primo maggio mi fa sentire giovane. In ogni caso a chi dice che è una cosa sorpassata risponderei che val sempre la pena ricordare che è dura arrivare alla fine del mese» e se ne va inforcando la bicicletta.


Per Paolo la festa dei lavoratori è «meglio di Natale», Giovanni ci viene per portare la sua solidarietà, Chiara per dire no al precariato e alle agenzie interinali che stanno facendosi sempre più strada in ogni ambito di lavoro, ed Elias perché è comunista. Ognuna delle persone presenti al corteo mercoledì aveva le sue motivazioni per esserci, e visto il tempo non certo invitante non poteva trattarsi di motivazioni banali, a smentita di quanto sostiene chi ritiene che la festa dei lavoratori stia perdendo di importanza e significato.

Pubblicato il

02.05.2013 11:39
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