In evidenza

Cerca

Esteri

Vivere in Svizzera con la paura della Bielorussia

Le testimonianze di cittadini oppositori al regime di Lukashenko (appena riconfermato presidente con elezioni farsa) tra il pericolo di un ritorno in patria e le difficoltà di rinnovo del permesso di soggiorno nel nostro paese

Nella notte tra il 29 e il 30 ottobre del 1937, oltre un centinaio di artisti, intellettuali e politici bielorussi furono uccisi dal regime sovietico. Il furore repressivo di Stalin, all’apice della sua ferocia, aveva colpito persone innocenti, come riconosciuto anni più tardi, dopo la morte del dittatore, dalle stesse autorità sovietiche. Tra le vittime c’era anche il poeta Aleś Dudar (1904-1937) che nei suoi testi esprimeva, attraverso metafore e allegorie storiche, la sua critica nei confronti del terrore staliniano e il suo attaccamento alla cultura bielorussa. Quasi novant’anni più tardi, il 29 ottobre 2024, i versi di Dudar sono risuonati di nuovo al Punto de encuentro di Zurigo, locale che accoglie diverse realtà diasporiche della città sulla Limmat. Ad ascoltarli, c’era un nutrito gruppo di esuli bielorussi che ha deciso di ricordare attraverso delle letture pubbliche una data tanto tragica quanto importante per il popolo bielorusso. A leggere i versi di Dudar e di altri poeti bielorussi c’era anche Alex Vashkevich (40), nato a Minsk ed emigrato a Ginevra nel 2009 per svolgere uno stage come giurista esperto di diritti umani presso l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Oggi Vashkevich, che vive vicino a Zurigo e lavora in una multinazionale di Lugano come responsabile della logistica, è diventato cittadino svizzero e può così parlare liberamente senza paura di rappresaglie.

 

L’asfissiante influenza russa

 Vashkevich è anche attivista dell’associazione Razam.ch (Insieme) che in Svizzera raccoglie decine di oppositori al regime. Lo abbiamo incontrato qualche mese dopo, in occasione delle elezioni presidenziali bielorusse, per fare il punto sull’attivismo bielorusso in Svizzera che si esprime oggi anche attraverso la cultura: «La nostra associazione nasce dopo le proteste del 2020 a seguito dei brogli elettorali orchestrati da Lukashenko. Nei mesi successivi ci siamo concentrati sulla denuncia di queste malefatte, abbiamo esercitato pressioni a favore della liberazione di Natallia Hersche e abbiamo sostenuto chi è scappato. Oggi organizziamo anche iniziative culturali per tenere insieme la nostra comunità». Lo stesso Vashkevich compone e legge poesie. In uno dei suoi testi paragona Stalin a Lukashenko. Oltre alla poesia è anche la musica a ricoprire un ruolo importante: «Come associazione abbiamo organizzato concerti di band bielorusse in esilio. Si tratta di grandi artisti costretti oggi a vivere all’estero, soprattutto in Polonia, e a svolgere i lavori più disparati per poter sopravvivere. Per noi è importante sostenere queste band affinché possano ancora creare musica». Utilizzare il bielorusso non è cosa scontata per i bielorussi. A rimarcarlo è Andrey, nome di fantasia di un altro giovane membro dell’associazione, che ci rivela una contraddizione sorprendente del regime di Lukashenko: «L’influenza russa sul nostro paese è asfissiante. Utilizzare il bielorusso in alcuni contesti è diventato quasi sinonimo di critica al regime. Non esistono università dove si studia in bielorusso e la produzione culturale nella nostra lingua è ridotta al minimo. La lingua russa è sempre più forte, anche nelle scuole». Per Andrey e altri oppositori l’utilizzo del bielorusso è diventato un baluardo identitario per contrastare il regime e mantenere in vita uno spirito nazionale indipendente da Mosca.


Paura di dover tornare

Dopo l’ondata di proteste del 2020, la repressione si è fatta più intensa e pericolosa. Anche chi è all’estero non è al sicuro, ci ricorda lo stesso Andrey: «Dal 2023 non è più possibile rinnovare il passaporto bielorusso presso le ambasciate all’estero. Senza documento in corso di validità non posso rinnovare il mio permesso di soggiorno in Svizzera. Il ritorno in patria per le voci critiche è molto pericoloso e quindi sono costretto a non espormi troppo». Andrey è un ricercatore di successo al Politecnico di Zurigo, ma è preoccupato perché sa che a causa di regolamenti interni il suo contratto di lavoro non potrà essere prolungato oltre i sei anni. E aggiunge: «Il diritto degli stranieri svizzero per chi non è cittadino dell’Ue è incredibilmente restrittivo e questo complica le cose non poco. Non ho più diritti in patria, ma sento di non averne neppure qui». L’obbligo di dover tornare in patria e l’insicurezza del soggiorno hanno spinto l’associazione Razam.ch a rivolgersi alla Segreteria di Stato della migrazione (Sem): «Lo scorso anno ci siamo rivolti alle autorità federali per chiedere di poter rinnovare il permesso di soggiorno in Svizzera anche in presenza di un passaporto bielorusso scaduto, così da non dover costringere il cittadino esposto al ritorno in patria», afferma Vashkevich. Una lettera a cui la Sem ha risposto «dichiarando di valutare caso per caso la possibilità di concedere questa possibilità per i cittadini bielorussi».

 

«Non elezioni ma una tragicommedia»

Intanto la vittoria di Lukashenko alle elezioni presidenziali dello scorso 26 gennaio non stupisce affatto nessuno, né tantomeno Vashkevich: «Non possiamo chiamarle elezioni, sono state in realtà una commedia, anzi una tragicommedia, una messa in scena patetica e utile soltanto al regime». Gli avversari alla presidenza erano infatti, a detta di molti commentatori, dei finti candidati che servivano soltanto a dare una parvenza di democrazia a queste elezioni. Il 2020 ha segnato infatti un punto di svolta in negativo: «Le proteste scoppiate 5 anni fa hanno fatto emergere la frattura tra il regime e la società, purtroppo però la repressione è riuscita a ottenere l’effetto sperato. Gli spazi si sono ulteriormente ristretti e molti, anche tra la nostra comunità in Svizzera, provano molta rabbia e frustrazione». Per Andrey è scontenta persino quella parte di popolazione che supporta Lukashenko: «Sempre più persone non approvano ciò che fa il regime e credo che neppure molti sostenitori della dittatura siano contenti del supporto che la Bielorussia ha dato alla sciagurata aggressione militare della Russia contro l’Ucraina».  

 

Pubblicato il

27.01.2025 13:49
Mattia Lento
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Federica Bassi

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Su di noi

Iscrizione newsletter

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy