Nel 2008, con l’entrata in vigore della Legge federale sugli stranieri – oggi Legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI) – è stata introdotta una disposizione che permette alle vittime di violenza domestica, in caso di separazione, di mantenere il permesso di soggiorno ottenuto in seguito al ricongiungimento familiare. Un’importante novità, considerato che la precedente Legge sulla dimora e il domicilio degli stranieri (Ldds) non contemplava alcuna eccezione in caso di separazione dovuta a violenza domestica, il che comportava, il più delle volte, o la perdita del permesso di soggiorno ottenuto a seguito di ricongiungimento familiare, ovvero una problematica, se non drammatica, continuazione della convivenza con il coniuge violento, almeno fino all’eventuale ottenimento del permesso di domicilio, che in qualche modo, svincolava il soggiorno dal motivo originario che aveva condotto al rilascio del permesso, cioè il ricongiungimento familiare, permettendo così alla vittima di separarsi e mantenere il permesso di soggiorno. L’attuale normativa, alla luce della prassi e della giurisprudenza, presenta molteplici criticità, al punto tale che ora il Parlamento federale dovrà occuparsi della sua revisione, sulla scorta dell’iniziativa parlamentare che propone una modifica della legge affinché coloro che subiscono atti di violenza domestica possano beneficiare di una maggiore protezione nell’ambito della legislazione sugli stranieri. La revisione è attualmente sottoposta alla procedura di consultazione. L’attuale disposizione di legge appare inadeguata e poco atta a proteggere le vittime di violenza domestica dal rischio di perdere il permesso di soggiorno e ciò per diversi motivi. In primo luogo prassi e giurisprudenza esigono che la violenza raggiunga una certa intensità e sistematicità. Pertanto non tutte le forme di violenza domestica possono condurre al mantenimento del permesso di soggiorno in caso di separazione. Vi sono poi difficoltà nel provare l’esistenza di atti di violenza domestica e le autorità migratorie esigono che tali atti siano comprovati da certificati medici, denunce, decisioni di condanna. Si pensi a quanto sia difficile dimostrare quelle forme di violenza non fisiche, ma che presentano un carattere psicologico. Inoltre esistono disparità di trattamento tra i Cantoni, ai quali spetta di dare applicazione alla legge. Questo perché l’applicazione della legge è soggetta alla discrezionalità dell’autorità migratoria chiamata a decidere e succede pertanto che situazioni simili siano giudicate in maniera differente a dipendenza del Cantone di residenza. Inoltre, solo i coniugi di cittadini svizzeri o di stranieri al beneficio del permesso di domicilio possono invocare gli atti di violenza domestica al fine di mantenere il permesso di soggiorno in caso di separazione dovuta a tali atti. La revisione intende quindi porre rimedio a tali criticità, in modo che anche i detentori di un permesso di dimora, di un permesso di breve durata o di un’ammissione provvisoria possano invocare questa forma di protezione. Inoltre vengono prese in considerazione non solo le persone che vivono in unione coniugale, ma anche i concubini, oggi esclusi dalla normativa in vigore. L’introduzione di alcuni possibili indizi di violenza domestica dovrebbe inoltre permettere di dare maggiore concretezza al concetto stesso di violenza domestica e ridurre le disparità di trattamento tra un Cantone e l’altro.

Pubblicato il 

02.02.23

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