Vite senza frontiere

Muri di discriminazione. Sono queste barriere che i promotori del “Sì all’iniziativa delle persone con andicap” vorrebbero si abbattessero il prossimo 18 maggio. Barriere non solo architettoniche ma anche quelle che, sotto forme diverse, impediscono alle persone portatrici di un handicap di avere “libero accesso” – a pieno diritto – alla vita sociale, politica ed economica del proprio paese. Sul principio della parità di diritti in teoria sono tutti d’accordo ma quando i discorsi devono tradursi in progetti concreti e legge, ecco che si levano scudi di ogni sorta. Per lo più di tipo economico. Per gli oppositori, infatti, la parità per i disabili rischierebbe di pesare troppo sulle casse della società. Ed è forse questo il motivo che fa sì che, tra gli oggetti in votazione, l’iniziativa sulle persone con handicap sia uno tra gli argomenti più dibattuti a livello pubblico. Quando l’iniziativa popolare “Parità di diritti per i disabili” venne consegnata nel 1999, il Consiglio federale e il Parlamento risposero con la Legge federale sui disabili (Ldis), legge che i promotori dell’iniziativa giudicano «assolutamente carente in ambiti centrali della loro vita quali scuola, la formazione e il perfezionamento professionale e lavoro». Per questo valutano sia l’iniziativa che la Legge quali strumenti complementari per il raggiungimento della parità. La materia in questione è fondamentale perché, ritengono gli iniziativisti, sono in gioco i diritti umani dei disabili, punto nevralgico sul quale fa leva la campagna “Sì al libero accesso/Sì all’iniziativa delle persone con andicap” , sostenuta da tutte le organizzazioni nazionali del settore dell’handicap (35) e da diversi Comitati cantonali di sostegno. Anche in Ticino il Forum politica sociale Svizzera italiana ha costituito di recente un Comitato che vede alla co-presidenza Dimitri e i Consiglieri nazionali Fabio Pedrina e Meinrado Robbiani e a cui hanno aderito 80 candidati al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio nelle recenti elezioni. Diverse sono le implicazioni derivanti dall’accettazione o meno dell’iniziativa. Per cercare di comprenderle ne abbiamo parlato con Lorenzo Giacolini, direttore della Federazione ticinese per l’integrazione degli andicappati (Ftia) e coordinatore del Forum politica sociale della Svizzera italiana. Signor Giacolini, lo slogan della vostra campagna pro iniziativa recita “Sì al libero accesso” per le persone con handicap. Cosa s’intende con ciò? Significa avere la possibilità di essere integrati attraverso un libero accesso non solo ai luoghi abitativi e non, ma anche ai mezzi di comunicazione, alla scuola, ai rapporti interpersonali. A quelli insomma che sono i diversi settori della vita di una persona. In breve, libero accesso significa partecipare alla vita sociale di tutti i giorni senza intralci di varia natura. I contrari all’iniziativa “Parità di diritti per i disabili” affermano che la sua approvazione significherebbe elevato aumento della spesa pubblica. Come giudica questa presa di posizione del Comitato per più sicurezza e contro costi supplementari? Con due espressioni molto forti ma che, dal nostro punto di vista, danno la reale portata delle motivazioni addotte dai contrari all’iniziativa: terrorismo delle cifre e demagogia. Affermano che gli iniziativisti vogliono tutto e subito trascurando (volontariamente) un passaggio fondamentale del testo dell’iniziativa che dice: «L’accesso a edifici e impianti e l’utilizzazione di installazioni e prestazioni destinate al pubblico sono garantiti per quanto ragionevolmente esigibile dal profilo economico». Questo significa che nessuno sarà obbligato a chiudere il bar, albergo, negozio o qualsiasi altra struttura pubblica se il proprietario non ha mezzi e condizioni per poter modificare gli edifici. Riguardo poi l’entità dei costi, noi forniamo cifre ben precise in merito (si veda riquadro sotto, ndr) che smontano questo tentativo di far fallire la nostra campagna con dei dati spauracchio e per niente veritieri. Voi del Forum politica sociale Svizzera italiana, considerate la Legge sui disabili come «un (piccolo) passo nella giusta direzione ma lacunosa su altri versanti (…)». Quali sono questi settori e come vorreste che queste lacune venissero colmate? A livello macroscopico vi sono tre settori che condizionano sensibilmente la vita quotidiana di ogni persona e quindi anche di ogni persona portatrice di handicap. Riguardo l’integrazione scolastica (che la legge dimentica) vorremmo che venisse adottato il modello scolastico ticinese in tutta la Svizzera. Nel nostro Cantone abbiamo un modello che funziona, che integra gli allievi con handicap senza mettere in difficoltà quelli normodotati. Un sistema che costa meno di un sistema discriminatorio e che fa sì che nelle scuole speciali si abbia la quota di allievi più bassa di tutto il Paese. Oltre ai pilastri della scuola e della formazione in genere, vi è quello del lavoro. La legge così non si pronuncia sull’integrazione in ambito privato. Noi crediamo che se l’accesso alle persone con handicap venisse facilitato anche nel settore privato, molte di loro potrebbero lavorare e rinunciare così all’Assicurazione invalidità (Ai), con un conseguente risparmio per la collettività sui costi sociali. Un altro risvolto positivo deriverebbe dal fatto che le persone disabili, lavorando, verserebbero a loro volta i contributi Ai e altri contributi. Vi sono dunque in questa politica integrativa del lavoro vantaggi che, a medio e lungo termine, andrebbero anche a favore dell’economia stessa. Molti considerano l’handicap fisico come una calamità che purtroppo colpisce una fascia sfortunata della popolazione e a cui non si pensa finché non si viene coinvolti in prima persona. Ad assumere questo atteggiamento fatalista non sono solo i comuni cittadini ma anche politici e personalità pubbliche. Si può parlare di rimozione collettiva del problema? È difficile pronunciarsi in senso lato. Dal mio “osservatorio” posso però dire che c’è un’umana tendenza alla rimozione. È comprensibile che le persone facciano fatica ad avvicinarsi a problematiche delicate quale l’handicap. Non vogliamo spaventare nessuno. Sappiamo semplicemente che il rischio potenziale di avere un handicap nel corso della propria vita faccia parte delle incognite dell’esistenza. Noi diciamo alle persone: non abbiate paura nascondendo la testa sotto la sabbia ma fate in modo che il territorio, i servizi siano accessibili anche alle persone con handicap. Non vi capiterà mai niente ma se, per disgrazia, dovesse succedere anche a voi sarete i primi a riconoscere i vantaggi di un ambiente di vita completamente diverso da quello attuale. Ma per arrivare a ciò è necessario che vi sia un cambiamento radicale della società, cambiamento a cui l’iniziativa apre la strada. Se l’iniziativa venisse respinta, che conseguenze si avrebbero in pratica per i portatori di handicap? Si ridurrebbero le possibilità di intervento per migliorare la Legge (Legge adottata dalle Camere federali lo scorso dicembre, entrerà in vigore il 1° gennaio 2004, ndr). E comunque anche nel caso di una sconfitta, l’iniziativa potrà riconoscersi – tra l’altro – il merito di aver fatto discutere sul tema in questi mesi la popolazione, i politici e le autorità in genere. Indipendentemente dall’iniziativa, speriamo in un miglioramento nella revisione della Legge sull’assicurazione invalidità che contempli una vera indennità di assistenza legata alle esigenze dettate dall’handicap e non alla situazione economica come accade ora. Un altro oggetto in discussione a livello federale riguarda la ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni: ci attendiamo che il Consiglio federale e le Camere non facciano ricadere sulle casse cantonali il finanziamento di prestazioni attualmente a carico della Confederazione. In particolare il finanziamento concernente le istituzioni per handicappati: laboratori, foyer, istituti. Le difficoltà motorie e altre menomazioni fisiche possono insorgere anche con l’avanzare dell’età. Ma questo sembra un dato dimenticato dai più. È così? Chi si batte per l’eliminazione delle barriere architettoniche, cerca di ricordare che con l’avanzare degli anni il rischio di incorrere in una qualche difficoltà motoria c’è. Un ambiente senza barriere architettoniche facilita dunque la vita anche agli anziani con difficoltà motorie, ma anche alle neomamme che devono portare a spasso i loro bimbi in carrozzina. Perché in conclusione i cittadini dovrebbero votare sì all’iniziativa? Perché si tratta di concedere a 700mila persone disabili diritti umani che non hanno ancora. La domanda è questa: le persone con handicap sono da considerare come un fattore di costo o come cittadini che hanno pari diritti e doveri di tutti gli altri? L’iniziativa è un’importante strumento per far sì che le persone portatrici di handicap possano avere una vita il più autodeterminata possibile.

Pubblicato il

01.05.2003 03:30
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