Violenza con protezione legale

Che in molti cantoni i magistrati mostrino comprensione di fronte ad atti violenti compiuti dalla polizia, è una realtà in parte tacitamente tollerata dalla società. Ma quando i poliziotti, per un loro errore d’identificazione, picchiano un ragazzo assolutamente innocente e psichicamente labile, gli procurano gravi lesioni e ne aggravano lo stato d’invalidità, e il giudice li assolve come al solito e non riconosce alla vittima il benché minimo risarcimento, anzi attribuisce un indennizzo agli agenti perché il loro punto di vista non ha trovato sostegno nell’opinione pubblica, allora si è davvero passato il segno. E l’indignazione è un dovere civile. A Zurigo, nell’aprile 2002, preso per uno spacciatore il 19enne bosniaco Eldar S. veniva fermato da due poliziotti in abiti civili. Non essendosi qualificati, il giovane li scambiava per estremisti di destra, quindi reagiva colpendone uno con un pugno in faccia per sottrarsi a quella che credeva un’aggressione. Testimoni avevano visto i due uomini picchiarlo ed insultarlo anche dopo averlo ammanettato ad una ringhiera. Portato sanguinante all’ospedale, gli venivano riscontrate ferite lacero-contuse alla testa e su tutto il corpo, una commozione cerebrale ed una lesione all’osso di un avambraccio. Il procuratore pubblico aveva dapprima deciso di archiviare le denunce reciproche dei poliziotti e del ragazzo; ma l’avvocato del bosniaco faceva ricorso per chiedere un regolare processo, che si è tenuto il 19 e 20 gennaio scorso. Il giudice ha concluso che la collutazione fu conseguenza di “errori e malintesi da entrambe le parti”. Eldar S. non capì che si trovava di fronte a due poliziotti, quindi agì per legittima difesa. Però, sempre secondo il giudice, le botte che prese quando era già ammanettato non sarebbero stati colpi violenti (nonostante la commozione cerebrale, ecc.), quindi non erano lesioni personali ma al massimo vie di fatto: reato minore ormai caduto in prescrizione.

Pubblicato il

10.02.2006 02:00
Silvano De Pietro
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