Un trasloco forzato avvenuto nel tempo lampo di un paio di giorni malgrado lo stabile fosse fatiscente da anni e la Croce Rossa, responsabile della gestione del Foyer, ne chiedesse da tempo un trasferimento in un’altra sede, “ma le soluzioni alternative non sono mai state individuate né accettate” ha scritto la Croce Rossa in un suo contributo apparso su laRegione. Nello stabile di via Barzaghi, sinonimo di casa per i suoi abitanti, vivevano 96 migranti non accompagnati e undici bambini con le rispettive famiglie. I minori non accompagnati sono stati trasferiti all’hotel Dischma a Paradiso. Ciò ha permesso di poter garantire loro “la continuità degli studi negli istituti scolastici da loro frequentati”. Le famiglie con bambini invece, sono state trasferite in altri centri nel territorio cantonale. Due famiglie sono state trasferite al centro di Cadro in ragione delle loro condizioni particolarmente vulnerabili e, grazie a un trasporto organizzato, è stato possibile garantire la continuazione degli studi scolastici a Paradiso, ha specificato la Croce Rossa. Non avendo ulteriori centri nel Sottoceneri, le altre famiglie sono state trasferite nel Sopraceneri. Croce Rossa chiarisce che, in mancanza di fondi e personale, non ha potuto garantire un trasporto quotidiano alle scuole di Paradiso dal Sopraceneri. Quel che manca alla storia è il finale, ossia il destino scolastico di alcuni bambini trasferiti oltre Ceneri. Per un mese (almeno fino al 25 novembre, come appurato da area), tre bambini non avevano potuto riprendere la scuola. La spiegazione ufficiale è che le classi erano piene. Si tratta di tre bambini di età diversa e quindi collocabili ognuno in classi elementari differenti. Interpellato da area, il Decs comunica che “la decisione di spostare alcune famiglie e una decina di bambini in età di scuola comunale da Paradiso a Biasca, è stata comunicata alla direzione delle scuole comunali di Biasca il venerdì prima delle vacanze autunnali, è stata presa senza coinvolgerci in anticipo, ciò che ha comportato per il Comune la necessità di organizzarsi a posteriori, rallentando i tempi dell’inserimento scolastico” (in calce la versione integrale della risposta della Consigliera di Stato Marina Carobbio). Da qualche giorno, i bimbi hanno potuto riprendere la scuola. A fare le spese dell’urgente trasloco dunque, i tre incolpevoli bambini. L’improvviso trasloco ha sorpreso pure i granconsiglieri membri della Commissione sanità e sicurezza sociale (CSSS), che visitando il foyer a inizio settembre avevano ricevuto rassicurazioni sulle condizioni dello stabile. “Colpisce come nemmeno a due mesi di distanza dalla nostra visita la situazione si sia totalmente capovolta. La fretta e le modalità poco trasparenti con cui è stata gestita la situazione ci lascia molto perplessi” hanno scritto i deputati nell’interrogazione inoltrata al Governo. Il palazzo infatti era in pessime condizioni da decenni, soggetto a continui interventi urgenti di manutenzione. Da una decina d’anni ormai, i balconi si reggevano su dei pali di legno. A settembre un servizio di Falò (RSI) aveva documentato l’inadeguatezza dell’edificio e i persistenti rischi per la sicurezza di ragazzi e educatori. Un mese dopo, il 22 ottobre, Cantone e Comune hanno intimato l’urgente evacuazione dello stabile entro due giorni. Gli operatori della Croce Rossa, l’intera rete sociale e educativa che ruotava attorno al mondo del centinaio di minorenni non accompagnati e delle famiglie coi loro bimbi, si sono trovati nel breve lasso di tempo a dover gestire lo sradicamento da casa. Adolescenti con un vissuto complicato, sbarcati in una realtà nuova, senza nemmeno il supporto dei genitori. Un terzo di loro soffre di traumi psichiatrici, derivanti anche da torture subite durante il viaggio verso la Svizzera, aveva spiegato la direttrice della Croce Rossa a Falò. L’urgenza è stata giustificata da una crepa strutturale rilevata nell’ultima perizia dei servizi tecnici del Comune di Paradiso. Senza interventi strutturali, il palazzo sarebbe stato dichiarato inagibile a fine anno, data di scadenza del contratto tra Cantone e Comune. Per poter garantire l’estensione del contratto al 2025, previsto fino a pochi giorni prima della decisione di uscire del 22 ottobre, sarebbero stati necessari degli interventi strutturali. Da lì la decisione di sgomberare rapidamente lo stabile impartita dall’Ufficio dei richiedenti l’asilo e dei rifugiati (URAR), a cui capo vi è Renzo Zanini. Lo stesso Ufficio che aveva deciso di chiudere l’esperienza positiva del Motel di Vezia in cui alloggiavano un centinaio di persone, perlopiù famiglie, di cui area aveva riferito (qui l’articolo), nonostante la disponibilità dei proprietari nel prolungarla. Le spiegazioni scritte promesse da Zanini ad area sui motivi della scelta di non prolungare l’esperienza a Vezia, non sono mai arrivate. Anche in quel caso, le famiglie e i bambini sono stati sparpagliati in diverse località dove hanno dovuto ricostruire la loro esistenza. Il medesimo ufficio cantonale ha pubblicato un mese fa sul Foglio ufficiale un bando cercando proprietari di alloggi per qualsiasi tipologia di persona relativa al settore dell’asilo, dal minorenne non accompagnato alla famiglia. Leggi anche => Il Ticino sotterra un modello virtuoso Un trasloco urgente potrebbe ripetersi a breve per il centinaio di minorenni non accompagnati di Paradiso, con tutte le conseguenze del caso. All’hotel Dischma dovrebbero poter rimanere fino al 31 gennaio. Dopo, il buio. Di certo, stando a quanto affermato da Zanini sui media, non andranno nel nuovo stabile di Camorino, edificato a lato del famigerato bunker in cui venivano alloggiati dei richiedenti, che sarà pronto solo a metà del prossimo anno. Tela di sfondo all’improvvisazione nella gestione del settore asilo cantonale, i continui tagli al settore invocati dai leghisti (-15% lo scorso anno e altri 5 milioni sono in agenda nel prossimo preventivo). Tagli che, ad esempio, hanno portato da un operatore sociale ogni 37 richiedenti l’asilo adulti a uno ogni 59. Oppure, nel caso dei minorenni non accompagnati, uno psicologo ogni cento. In altri cantoni, la presa a carico psicologica è celere e proattiva poiché considerata un investimento e non un costo, come documentato nel servizio di Falò. Un’altra difficoltà nel reperire alloggi in Ticino deriva dall’opposizione di enti comunali o abitanti ad ospitare nei loro territori dei foyer per rifugiati. E l’emergenza di un fatto sociale che non ha nulla di emergenziale, persiste. |