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Via all'Alta scuola pedagogica

di

Sabina Zanini
Sventato in Gran consiglio un ultimo tentativo di rinvio della legge sull’Alta scuola pedagogica (Asp), infine è stata votata. Quindi l’Asp si farà, in accordo a quanto si sta già facendo negli altri cantoni. La discussione che ha preceduto il voto è stata lunga tuttavia «non particolarmente accesa», ci dice Chiara Orelli, membro della Commissione scolastica in Gran consiglio per il Ps. Evidentemente non c’erano dubbi sull’opportunità di creare questa scuola che, ricordiamo, riassorbirà i compiti formativi attualmente svolti dalla scuola Magistrale e dall’Istituto di abilitazione e aggiornamento (Iaa). Soprattutto si sono discussi alcuni emendamenti proposti nel Rapporto presentato dalla Commissione scolastica. Due sono gli emendamenti approvati: quello relativo alla possibilità di essere ammessi all’Asp anche con la maturità professionale (e non solo con quella liceale) e l’eventualità di frequentare i corsi pur lavorando (la cosiddetta formazione en emploi). Sull’accesso all’Asp esteso anche a coloro i quali abbiano conseguito una maturità professionale Anna Biscossa, presidente del Ps ticinese, ha qualche perplessità: «si rischia che gli iscritti abbiano delle lacune. Si pensi all’insegnamento delle lingue, ad esempio. Già nelle scuole elementari si insegna il francese (un giorno, chi lo sa si, si insegnerà pure l’inglese). Perciò bisogna pensare a dei corsi di recupero o di sostegno». Questi dubbi sono condivisi anche da Chiara Orelli: «è giusto valorizzare la maturità professionale tuttavia la formulazione dell’emendamento non è chiarissima: si dice che le eventuali lacune di conoscenze e di cultura generale devono essere colmate secondo le modalità definite dal regolamento. Non è molto chiaro in che momento vadano colmate tali lacune: dopo l’iscrizione? Avrei preferito la formulazione originale che non escludeva comunque l’accesso a chi è in possesso della maturità professionale. Ma era chiaro che i complementi di formazione erano da fare prima dell’iscrizione. Inoltre si prevedevano degli esami di ammissione». Quanto alla possibilità della formazione en emploi, precisa Orelli che «entro tre anni il Consiglio di Stato dovrà valutare due modelli proposti: quello dalla formazione a tempo a pieno e quella della formazione a tempo parziale con la possibilità di lavorare (en emploi, appunto). Si tratta quindi di sperimentare un modello nuovo da quello attuale e di correggere eventualmente il tiro». Orelli durante il dibattito parlamentare aveva fatto un’altra osservazione concernente il corpo docenti della futura Asp: «alcuni deputati, me compresa, temono un travaso automatico di docenti dalle attuali scuole all’Asp. In questo modo si rischierebbe di enfatizzare troppo il taglio psico-pedagogico della formazione». Tracciando un bilancio della discussione in Gran consiglio Orelli conclude: «è emerso un testo di notevole apertura». Ricordiamo ancora che nei giorni precedenti la discussione in Parlamento molti docenti hanno mosso diverse critiche al progetto di Asp. Anna Biscossa sottolinea che, in effetti, «il Dipartimento dell’istruzione e cultura ha sbagliato a non consultare a fondo il mondo della scuola. Comunque il Ps negli emendamenti proposti si è sforzato di promuovere le perplessità espresse dai docenti». Soprattutto una cosa era importante, e ce lo confermano sia Chiara Orelli che Anna Biscossa: l’Asp deve rimanere sotto il controllo dell’autorità pubblica. E così è stato.

Pubblicato

Venerdì 22 Febbraio 2002

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