La digitalizzazione e messa in rete di qualsiasi tipo di informazione (scritta, orale, visiva), la loro memorizzazione nei server consente sì ai Big Data Analytics (potenti sistemi di analisi dei dati sorretti dall’intelligenza artificiale) di elaborare e realizzare modelli in tempo reale, impensabili a dimensione umana: una manna, ma non scevra di abusi. Come quello di stilare identikit specifici su comportamenti, abitudini, preferenze, desideri di singole persone o gruppi, utilizzati dal “capitalismo della sorveglianza” per condizionare il cliente (area del 24 maggio 2019). I Big Data Analytics trovano applicazione ovunque: nei paesi a sistema capitalismo-democrazia e in quelli a sistema capitalismo-partito unico. Due ideologie diverse ma accomunate più di quanto possa apparire. Eduard Kaeser in un articolo sulla Nzz confronta l’approccio “soft” di provenienza Silicon Valley, con quello “autoritario” praticato dalla Cina. Ambedue gli approcci mirano a un individuo che si comporti in modo utile: economico (utilizzare le varie “App”) per quello californiano; sociale (cittadino diligente, rispettoso delle regole) per quello cinese. Sostanzialmente l’obiettivo di ambedue è «la programmazione dei desideri e delle decisioni» degli individui. Insomma al confine se non proprio dentro al paternalismo. In Cina la chiamano “armonizzazione”, in California “debug ging”(ricerca e correzione di errori). A facilitare l’adesione acritica degli utenti è “l’attitudine al conformismo”. L’individuo umano, quale essere sociale, ne è attratto, e la tecnologia digitale accentua, forza ad esserlo. Per esempio obbligando ad aggiornare applicazioni, sistema operativo ecc., pena l’esclusione sociale. La potenzialità della tecnologia, così com’è utilizzata, sta nel fatto che l’intelligenza artificiale, modulandosi su quella naturale, rafforza il conformismo; pur dando l’impressione ai singoli di esser totalmente autonomi nel loro agire. Le “App” che ci monitorano quando facciamo sport, leggiamo un libro, acquistiamo (alimenti, indumenti, farmaci e altro), viaggiamo ecc. che ci consigliano, segnalandoci cosa potremmo fare, modificare, le occasioni da non perdere, le scelte di altri che ci assomigliano, come siamo rispetto alla media ecc. sono frutto delle elaborazioni dell’Ia e di specifici algoritmi. Consigli, segnalazioni che ci inducono ad adottare un comportamento conformista auspicato, dandoci tuttavia, l’impressione di essere liberi. O come afferma Kaeser «lo status di babbeo, ideale della regola totalitaria». L’Ia in ambo i casi è la chiave per il dominio senza violenza fisica apparente: «Una macchina per governare» come predisse Dominique Dubarle nel 1948, o «macchina per dominare» descritta nel romanzo “1984” di Orwell apparso nello stesso anno. Indipendentemente dall’approccio (soft-discrezionale o autoritario-prescrittivo) ci muoviamo verso una società “riformatorio”, caratterizzata da una strategia comune davvero pericolosa adottata dai progettisti comportamentali californiani e dalla polizia educativa cinese: il soffocamento dell’immediatezza, della diversità, della divergenza, del dissenso, elementi essenziali per un individuo autonomo e per la democrazia. Fortunatamente – come in Matrix – vi sono ribelli in vari campi e paesi, fra cui informatici talentuosi, quelli che non ci stanno e che adottano e propugnano sistemi informatici a circuito chiuso, assicurando così controllo e autonomia agli stessi utenti. Perseguono obiettivi personali, sociali, ecologici, applicando un approccio “fai da te” quale strumento per l’autosufficienza economica. Movimenti marginali, certo ma che indicano la possibilità di sfuggire alla morsa del capitalismo e della democrazia della sorveglianza, per orientarsi a un altro sviluppo. Una necessità per riportare la politica e con essa la democrazia al centro.
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