Ho iniziato a scrivere questo contributo quando mi stavo preparando a volare a Caracas con una delegazione svizzera (4 parlamentari, un giornalista, l'ex-ambasciatore svizzero a Caracas Walter Suter) invitata ad assistere alle elezioni presidenziali venezuelane. Non era la prima volta che mi recavo in questo paese, ma stavolta l'emozione era particolarmente intensa, perché la vittoria di Hugo Chavez alle elezioni di domenica scorsa non era affatto scontata. E in gioco vi era il destino di molte forze politiche progressiste in America latina.
A questo proposito, mi limito a portare due esempi. Ho vissuto da vicino il ruolo decisivo avuto dalla cooperazione economica tra Caracas e l'Avana (avantutto forniture di petrolio in compenso degli aiuti sanitari e medici) nel permettere a Cuba di uscire dalla disastrosa situazione in cui si era trovata a seguito della scomparsa  dell'Unione Sovietica. Ma anche la rinata esperienza sandinista in Nicaragua, non avrebbe potuto consolidarsi senza l'aiuto venezuelano. Una sconfitta di Chavez avrebbe quindi rappresentato un disastro non solo per  i venezuelani più sfavoriti, ma anche per le speranze di diversi popoli latino-americani.
I media europei si interrogano spesso sul segreto delle ripetute vittorie elettorali di Chavez. E non mancano le farneticazioni su presunte manipolazioni elettorali, sulla poca democraticità del sistema o su presunti vantaggi mediatici che Chavez s'arrogherebbe.  Peccato che la democraticità di queste elezioni sia stata certificata a più riprese, anche per esempio dall'ambasciata svizzera o da Jimmy Carter. E per quanto riguarda i media, sia elettronici che scritti: in gran parte sono ferocemente anti-Chavez, perché di proprietà dell'alta borghesia. La spiegazione invece  è molto più semplice: in quel paese si respira dovunque  un duro scontro di classe tra borghesia e proletariato rispettivamente sottoproletariato. Basti pensare che una volta, l'ambasciatore svizzero mi impedì di uscire con un cappellino inneggiante a Chavez, perché in quel "quartiere bene", avrei rischiato di farmi malmenare di brutto. Caracas è circondata da enormi favelas, nelle quali vivono milioni di poveri, che erano stati abbandonati dai governi precedenti, occupati ad intascare gli enormi profitti petroliferi. Ora in queste favelas ci sono scuole e soprattutto ci sono medici ed infermieri cubani: prima, quegli abitanti  il medico non riuscivano neanche a sognarselo! Se a ciò aggiungiamo i negozi con generi di prima necessità a basso prezzo (perché sussidiati), si capisce perché  questi milioni di persone continuano a votare Chavez. Evidentemente il governo venezuelano usa perciò una parte dei proventi del petrolio, ora nazionalizzato: prima quei soldi sparivano nei vari paradisi fiscali, tra cui le banche svizzere. Naturalmente anche a Washington, e alle agenzie di stampa del Grande Fratello dà molto fastidio che grazie a Caracas, molti popoli latino-americani si stiano ribellando. Ecco perché è fondamentale  che il leader bolivariano sia stato (con un brillante 55 per cento di consensi) riconfermato alla presidenza del Venezuela.

Pubblicato il 

12.10.12

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