Vampiri e peni (artificiali)

Se privo di etica, il concetto-base dello sport (altius, citius fortius) termina nell’assurdo, nel grottesco: per esempio in un pene artificiale, venduto in 5 colori diversi,e proposto a 130 dollari su Internet con la seguente pubblicità: “volete beffare il test antidoping più sofisticato? Ecco l’occorrente che vi darà gloria e danaro”. Lo rende noto un funzionario della Wada, l’agenzia mondiale anti-doping, David Howman. Il sistema consiste nell'infilare il proprio pene (che deve essere a riposo...) in un pene artificiale di gomma collegato attraverso una cannuccia a una vescica piena di urina “pulita” occultata nell’ano. L’atleta (maschio evidentemente), accompagnato da un ufficiale medico a cui volge le spalle, procede alla minzione schiacciando la vescica con un movimento dei glutei; il liquido “pulito” passa attraverso la cannuccia e il pene artificiale nella provetta da analizzare. E la medaglia d’oro è salva. Prendiamo nota dell’ingegnoso passo avanti rispetto a quanto rivelato (in anteprima, crediamo) alla Tsi dall’ex capostampa della Federazione Internazionale di atletica Giorgio Reineri durante la telecronaca della maratona olimpica. Ad effettuare il controllo sul vincitore del lancio del disco Robert Fazekas fu un medico francese amico dell’ex caporubrica de “Il Giorno”. Una scena comicissima: il 29enne ungherese alto 1 metro e 93, pesante 105 kg, a ginocchia strette, si dimenava in modo strano nel tentativo di fare pressione sulla vescica artificiale che, forse per un errore di planimetria, non permetteva il pompaggio del liquido nella provetta: di fronte a una precisa osservazione del medico, Fazekas rispose più volte: “j’ai honte, je suis catholique!” Dopo un paio d’ore di tentativi Fazekas consegnò una quantità d’urina nettamente insufficiente e fu squalificato. Il medico era convinto che Fazekas avesse agito alla vecchia maniera: con la cannuccia legata sotto al pene naturale. Ora sostituito da uno di gomma. Non resta che stabilire una nuova regola: il maschio deve presentarsi al controllo nudo, e mingere rivolto al funzionario. E i vampiri? Niente paura, quelli sono solo metaforici. I primi furono i finlandesi nel 1972: gli olimpionici Viren e Vasala tenevano in frigo il proprio sangue e se lo iniettavano prima della gara; lo chiamavano “sangue di renna”. Quando la pratica, usata anche da Alberto Cova fu proibita (1983) il prof. Conconi passò all’Epo facendo molti discepoli. Ora si è ritornati al vecchio sistema, autoemotrasfusione, con sangue proprio o dello stesso gruppo; che però nel frattempo è rintracciabile: il gruppo svizzero “Phonak” dopo Hamilton è nei guai per Perez. Cerca di salvarsi mettendo in dubbio i test: poveri noi, poveri vampiri rossocrociati…

Pubblicato il

12.11.2004 12:30
Libano Zanolari