Dopo due anni segnati dalle restrizioni imposte dalla pandemia che hanno limitato anche le celebrazioni per la Festa dei lavoratori, questo Primo maggio potremo tornare a occupare in piena normalità le strade e le piazze delle nostre città che in questa giornata sono da 132 anni il simbolo della lotta internazionale del movimento operaio. Ma al di là della gioia per il “ritorno alla normalità” che stiamo vivendo in questo e in tutti gli ambiti della nostra vita, lo faremo in un contesto cupo, segnato dal ritorno della guerra in Europa e dalla grande incertezza e dalle crescenti preoccupazioni che vivono le lavoratrici e i lavoratori. Sempre i primi a pagare, sia per i nefasti mutamenti epocali della società del lavoro che pezzo dopo pezzo toglie loro diritti e tutele e “svalorizza” il loro lavoro, sia per le avversità del tempo presente come la pandemia e la guerra. La questione è di strettissima attualità anche nella ricca Svizzera, con i salari stagnanti e l’aumento vertiginoso del costo della vita per l’impennata dei prezzi delle materie prime provocata dal contesto internazionale: per farsi un’idea dell’impatto, si pensi cosa significhi per una famiglia di operai far fronte all’aumento del prezzo dei generi alimentari, della benzina per fare il pieno all’automobile con cui si va al lavoro, del gas e dell’olio da riscaldamento (tanto per citare alcune voci di spesa). E se a tutto questo aggiungiamo la preannunciata nuova esplosione dei premi per l’assicurazione malattie nel 2023 si ha un quadro realista dell’erosione del potere d’acquisto cui andiamo incontro a breve termine in assenza di contromisure. Contromisure che in materia di assicurazione malattia andrebbero adottate con urgenza da Governo e Parlamento federali per scongiurare i brutali aumenti (oltre il 10 per cento) “pronosticati” nelle scorse settimane dagli assicuratori malattie, i quali sembrano voler preparare la popolazione alla stangata di settembre (quando tradizionalmente vengono annunciati i premi per l’anno successivo) con una strategia comunicativa nuova e bizzarra: non era mai successo che già ad aprile e solo sulla base dei costi sanitari dei primi due mesi del 2022 (quando il criterio determinante è la spesa annuale) si avanzassero previsioni tanto “precise”. La sensazione è che si voglia influenzare il dibattito affinché gli aumenti diventino ineluttabili. I problemi di fondo del nostro sistema di assicurazione malattie non si possono certo risolvere da qui all’autunno, ma delle soluzioni praticabili per contenere i danni esistono: si pensi ai 12 miliardi di riserve accumulati dagli assicuratori malattie che questi si rifiutano ostinatamente di restituire a noi assicurati, se non in dosi omeopatiche (380 milioni per la riduzione simbolica dei premi 2022) e che si potrebbero impiegare per evitare una nuova stangata per i lavoratori e le famiglie e preservare così il loro potere di acquisto. L’Unione sindacale svizzera (Uss) ha fatto alcuni conti, anche alla luce della situazione inedita che si sta creando con il ritorno (dopo un decennio di assenza) dell’inflazione: il previsto rincaro annuale del 2 per cento, per una famiglia con figli significa una perdita di reddito reale di 2.200 franchi; e l’aumento dei premi porterebbe la medesima famiglia a pagare tra i 1.000 e i 1.500 franchi in più. Di fronte a questo scenario, oltre che misure per il contenimento dei premi malattia, è imperativa una progressione dei redditi medi e bassi, già da troppo tempo fermi al palo. Di qui l’appello dell’Uss in favore di un aumento generalizzato dei salari, con la compensazione del rincaro e un aumento delle remunerazioni reali. Con una congiuntura generale che resta buona i margini di manovra ci sono! La questione salariale e della dignità del lavoro (soprattutto in Ticino) farà inevitabilmente da sfondo alle celebrazioni del 1° maggio e non mancherà di essere evocata dalle tante storie di lavoro che risuoneranno nelle piazze (speriamo) nuovamente piene. Ma altrettanto inevitabilmente le celebrazioni saranno segnate dalla drammatica situazione scatenata dall’aggressione russa dell’Ucraina, con la sua scia di orrori e di sofferenze inflitte a donne uomini e bambini inermi. “Pace, dignità, solidarietà” sono le parole d’ordine di una giornata che ancora una volta ci ricorda come questi valori debbano valere sempre al di là delle frontiere e a prescindere dalla nazionalità delle persone.
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