Salute

«VA FINANZIATO IL LAVORO DEI FAMILIARI CURANTI»

Il sistema delle cure di lunga durata non regge più. Se le prospettive di vita si allungano, per mantenere il più a lungo possibile gli anziani a domicilio, il settore va rivisto. Occorre finanziare meglio i servizi di assistenza e il lavoro dei familiari curanti va riconosciuto. 

Diventare anziani è una tappa naturale della vita, invero non molto riconosciuta nella nostra società, mentre diventare familiare curante spesso non è una scelta.

 

Di fronte alle criticità di un parente che perde gradualmente le capacità fisiche e talvolta cognitive, vale a dire l’autosufficienza, ci si può ritrovare improvvisamente a esserlo. Con grande difficoltà, non solo per la sofferenza provocata dall’essere testimoni emotivi del declino di un proprio congiunto, ma anche per l’impegno concreto richiesto, che può stravolgere e compromettere la quotidianità.

 

«È un tema centrale di società complice il cambiamento demografico, che porta a vivere di più rispetto al passato. Pensiamo che in Svizzera nel 2045 si stima che le persone con più di 80 anni rappresenteranno più del 10% della popolazione. Se le cure sono pagate, l’assistenza no. Bisogna rendersi conto che di fronte a un invecchiamento massiccio della popolazione va riformulata la presa a carico» osserva Enrico Borelli, membro nazionale del settore del terziario di Unia e corresponsabile con Samuel Burri del dossier “cure”.

 

«I benefici della permanenza a domicilio delle persone, rispetto all’abbandono delle proprie case per entrare in una struttura per la terza età, sono enormi: permettono di vivere secondo le abitudini e i ritmi personali, favorendo il benessere. Ed è una soluzione che risponde alla mancanza di posti letto. Bisogna, quindi, rafforzare questo modello, tenendo conto che non si può scaricare l’intero compito sulle famiglie, perché la società non è più quella di una volta. Non tutti hanno figli, molti li hanno, ma vivono in paesi lontani, le donne oggi lavorano e l’impegno di assistenza per chi si ritrova improvvisamente familiare curante può stravolgere e logorare perché difficilmente compatibile con i doveri professionali e con quelli di genitore per chi ha figli» continua Borelli.

 

Interessante al riguardo è l'esperienza di Entlastungsdienst, un’associazione senza scopo di lucro a sostegno dei familiari curanti, che ogni giorno è confrontata con i problemi delle famiglie curanti, dal momento che molti servizi necessari di assistenza  per gli anziani non più autosufficienti, non vengano rimborsati né da casse malati, né da prestazioni cantonali. Il che comporta un'organizzazione molto fitta per stare vicino al parente non più autonomo con grandi sacrifici e criticità nel riuscire a pianificare la situazione.

 

Per il responsabile dell'associazione bernese Michel Udo un’assistenza di alta qualità è fondamentale in quanto riduce significativamente il carico per il sistema sanitario visto che ritarda il ricovero in strutture residenziali.

«Purtroppo – sottolinea il professionista – l’importanza del lavoro di cura a domicilio non è ancora adeguatamente riconosciuto e sostenuto. Lo dimostra il fatto che a livello finanziario il servizio di aiuto non è regolamentato, facendo gravare così i costi delle spese di accompagnamento in gran parte sulle famiglie. E c’è chi può sostenerli e chi no». L'impegno di accompagnamento è spesso su base volontaria con parenti e vicini di casa in prima linea a farsi carico di incombenze, che richiedono molto tempo ed energia.

 

Consapevoli della fatica sostenuta dalle famiglie curanti, il servizio diretto da Udo Michel vuole portare «sollievo a chi è sul “fronte”. Sono sempre impressionato da ciò che i parenti riescono a fare. Siamo un’associazione che si propone di contribuire ad alleviare questo onere, mettendo a disposizione assistenti professionisti qualificati a seconda delle necessità: per alcune ore settimanali, a giornata o per la notte, in modo che i familiari curanti possano continuare a svolgere la propria attività professionale, ma anche partecipare ad appuntamenti di svago».

 

Per Udo Michel la materia va regolamentata dallo Stato: «Le risposte non sono più in linea con le necessità della società, che si è trasformata e pone nuove sfide. È urgente adeguare le leggi in materia di assistenza all’infanzia, ai disabili e agli anziani, rendendo questo tipo di accompagnamento un servizio pubblico».

 

Un modello elaborato dal ricercatore Carlo Knöpfel, esperto di politica di pianificazione del lavoro alla Fachhochschule Nordwestschweiz, conferma l’importanza di disporre di una buona rete di assistenza a domicilio anche dal punto di vista dell’impatto economico e sociale, che garantisca la permanenza degli anziani a casa propria il più a lungo possibile. Ché, detto tra di noi, è quello che tutti vorremmo per noi stessi. È anche chiaro quanto possa essere diversificata l’assistenza: non tutti invecchiano allo stesso modo e non tutti incontrano gli stessi problemi.

 

Il modello elaborato dal professor Knöpfel mette in evidenza le fasi che incontra una persona anziana nel momento in cui le sue condizioni di salute peggiorano, compromettendo il vecchio stile di vita e minando l’autonomia personale.

 

Le prime tre fasi coincidono con le l'insorgere di avvisaglie di declino fisico o cognitivo, che prevedono interventi non troppo invasivi per l’accompagnamento nelle pratiche quotidiane come l’aiutare la persona a fare la doccia, la spesa, a pulire la casa o ad accompagnarla per le visite mediche o anche per incontrare degli amici. Sono aspetti centrali, in cui l’anziano viene stimolato ad attivare le proprie risorse per prevenire un peggioramento e garantirgli una certa dose di indipendenza.

 

Dalla quarta fase in avanti, ci si trova di fronte a una situazione che non può più essere gestita a domicilio: in questi casi l’assistenza fornita a domicilio non basta più e occorre pianificare un ricovero in una casa anziani. Inizia un altro tipo di accompagnamento, quello all’ultima fase della vita, che deve essere il più umano possibile. Anche su questo aspetto ci sarà da lavorare, rivedendo gli schemi di accoglienza, dando più centralità alla storia della persona che ha perso in parte la sua libertà. Perché di fatto si tratta di questo. 

 

 

 

Pubblicato il

31.05.2024 10:31
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