Con un laconico comunicato di questo tenore: «la situazione economica e la costante pressione sui prezzi costringono Swisscom a sopprimere impieghi». In pratica è una decisione che “trascende” ogni loro controllo, fuori dalla portata decisionale del gigante delle telecomunicazioni e del suo azionista di riferimento: la Confederazione, rappresentata dal Dipartimento delle comunicazioni di Moritz Leuenberger. Ovviamente non è così. Le decisioni economiche di una ex azienda pubblica (con il 65 per cento delle azioni detenute dall’ente pubblico) dovrebbero essere suffragate da altrettante decisioni politiche. Purtroppo non è così e si fa finta di non vedere. Swisscom è una società anonima che opera in un regime di concorrenza e quindi deve “arrangiarsi” in qualche modo. La concorrenza tra operatori della telefonia si fa aspra? Allora il management corre ai ripari. Non per rafforzare il suo ruolo sociale, ovviamente, ma per tutelare i propri utili. Infatti, nello stesso comunicato si afferma che «Il Gruppo Swisscom mantiene invariate le proprie aspettative per quanto riguarda il bilancio di chiusura dell’esercizio 2002». Che, detto per inciso, dovrebbe situarsi abbondantemente nelle cifre nere. A titolo di paragone si può prendere l’anno 2001 che si è chiuso con una cifra di bilancio superiore ai 14 miliardi di franchi! Non bruscolini, quindi. Si potrebbe pensare a una sorta di tagli occupazionali “preventivi”, da attuare in vista di un peggioramento della situazione aziendale. Un atteggiamento, quest’ultimo, cinico che non è assolutamente compensato o mitigato dall’attuazione di piani sociali. Inoltre, come hanno già fatto notare alcuni commentatori politici ed economici, è un segnale che annulla definitivamente le ipotesi di crescita dell’economia svizzera, aggrava la disoccupazione e dà un segnale negativo alle altre grandi imprese del paese. La mobilitazione sindacale Le reazioni politiche e sindacali non si sono fatte attendere. Azioni di protesta spontanee si sono tenute a Zurigo, Ginevra e Ticino. Per quanto riguarda il Ticino, la principale manifestazione si è tenuta a Bellinzona. In totale più di 300 persone, fra dipendenti e simpatizzanti, si sono date appuntamento in due distinti momenti sindacali. Il primo, in mattinata a Breganzona, presso il palazzo delle Swisscom, il secondo nel pomeriggio a Bellinzona. Il segretario cantonale del Sindacato della comunicazione, Angelo Zanetti, da noi raggiunto ci ha dichiarato: «Sapevamo da tempo che Swisscom aveva intenzione di ridurre il suo organico. Ma questi ulteriore tagli non erano contemplati. Per me si aggiungono a quelli già annunciati nei mesi scorsi». E se la matematica non è un’opinione ai 400 già annunciati si devono aggiungere i 600 nuovi. «Raggiungiamo e superiamo quota mille – aggiunge il sindacalista – anche se non sappiamo ancora di preciso quanti saranno gli impieghi che verranno soppressi in Ticino. A mio avviso dovrebbero essere circa 50». Durante la manifestazione Zanetti ha ricordato che lo scopo ultimo dell’azienda è il profitto e basta. «Profitti, profitti e ancora profitti. Raggiunti spremendo il personale per poi buttarlo nella spazzatura come fosse un limone». «Sms da record sia per Natale, sia per Capodanno. Cifre superiori al previsto . Ma ciò non basta». Risparmi invece di posti di lavoro Per i vertici aziendali bisogna attuare risparmi per garantire il futuro aziendale. «Ma come? – gli fa eco Zanetti – Non certamente diminuendo i dividendi degli azionisti, né tanto meno diminuendo gli stipendi dei top manager. No. I risparmi si ottengono sopprimendo posti di lavoro. Profitti anziché posti di lavoro». Zanetti si è soffermato pure sul fatto che gli errori dei manager si fanno ricadere sui dipendenti come nel caso di Swisscom Systems. «Ad un certo Steiner, infatti, gli è stato permesso di vuotare le casse e ora si tagliano più di 400 posti di lavoro». Altro caso è il riacquisto da parte di Swisscom delle proprie azioni per un totale di 4,2 miliardi di franchi. «Questo dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che il gruppo dispone di immense riserve finanziarie». Per non parlare della sponsorizzazione dei mondiali di sci a St. Moritz. Sulla solidità finanziaria del gruppo, un comunicato del Partito socialista svizzero (Pss) fa presente che «Swisscom è un’azienda sana, con un livello d’indebitamento molto basso rispetto alle sue concorrenti europee. Inoltre dispone di abbondante liquidità e le sue prospettive di sviluppo sono più che buone malgrado la difficile situazione congiunturale». Per questa ragione il Pss chiede allo Stato di «attuare una politica anticiclica che freni la diminuzione della congiuntura e rilanci la ripresa dell’economia». «In questo caso – sottolinea il comunicato del Pss – non si tratta di mantenere artificialmente in vita attività economiche destinate a sparire, come accusano i partiti borghesi, ma di sostenere i consumi delle famiglie e stimolare i settori economici portatori di benessere futuro». Indignazione è pure stata espressa dal Partito socialista ticinese, che invita i suoi iscritti e simpatizzanti a partecipare alle manifestazioni di protesta organizzate dai sindacati. Tornando alla manifestazione di Bellinzona, Zanetti ha esortato i lavoratori alla mobilitazione. «Dobbiamo opporci a questa politica non accettando nessuna diminuzione di personale e batterci per difendere ciò che resta del servizio pubblico nel nostro Cantone. Anche perché dei piani sociali ne abbiamo abbastanza. Il paese, tra un po’, sarà pieno di piani sociali». Un primo segnale per continuare la lotta è il rifiuto di ore di lavoro straordinarie che in alcune unità del gruppo sono la regola e non l’eccezione. Un’altra alternativa a questi tagli scellerati, proposta a livello nazionale dal Sindacato della comunicazione e Transfair, è la diminuzione della durata della settimana lavorativa a 38 ore, promuovendo nel contempo partenze spontanee.

Pubblicato il 

17.01.03

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