La sfida tra la classe operaia americana e i manager delle tre più importanti aziende automobilistiche americane si è appena conclusa con un accordo giudicato come una vittoria sindacale da gran parte degli osservatori. Una sfida estenuante quella condotta dai membri del sindacato United Auto Workers (Uaw), giocata su più campi e su tempi lunghi. «Stand Up è un nuovo approccio allo sciopero. Per la prima volta il sindacato colpisce contemporaneamente tutte le tre grandi case automobilistiche. Ma invece di far scioperare in un solo colpo tutti i 150.000 lavoratori dell'UAW, a fermarsi saranno solo alcuni reparti. Se le case automobilistiche non faranno concessioni significative, altri lavoratori di altri reparti saranno chiamati ad unirsi allo sciopero» spiegarono i vertici sindacali all’inizio della lotta. «Una tattica molto efficace poiché mette in crisi il modello produttivo dominante, quello del “Just on time” (“giusto in tempo”, ndr), rendendo impossibile programmare la produzione in assenza di certezza delle forniture nel breve termine» aveva commentato l’economista Christian Marazzi su queste pagine. Dal punto di vista economico, il conto dello sciopero per le aziende è stato pesante. Il Anderson Economic Gruop ha valutato a oltre 9 miliardi di perdite per le tre case automobilistiche nelle prime cinque settimane di sciopero, mentre ai lavoratori l’astensione al lavoro sarebbe costata 859 milioni di dollari in salari. Anderson però specifica che dalla stima non sono state dedotte le indennità del fondo sciopero versate ai lavoratori dal sindacato. Dopo sei settimane di tattica Stund Up, lo sciopero ha dato dei buoni frutti. Non tutti gli obiettivi auspicati dal sindacato sono stati raggiunti, ma una parte sostanziosa di quelli inizialmente posti sì. Primo obiettivo, recuperare la drammatica perdita di potere d’acquisto accumulata negli anni. L’asticella era stata posta molto in alto, rivendicando il 40% di aumento. Illusoria, per alcuni commentatori. Si può fare, replicava il sindacato, buttando sul tavolo le cifre. Nell’ultimo decennio, le Big Three hanno realizzato un quarto di trilione di profitti, 250.000.000.000 di dollari, nel solo Nord America. Negli ultimi quattro anni i compensi dei manager erano cresciuti del 40%, mentre i salari degli operai solo del 6% a fronte di un’inflazione del 18%. Cifre che da sole raccontano l’ampiezza della diseguaglianza economica negli Stati Uniti. «Dalla crisi del 2008, le aziende automobilistiche si sono riprese. I lavoratori no. Ora tocca a noi» ha spronato all’inizio della lotta Shawn Fain, il carismatico leader sindacale, da un solo anno alla carica di presidente dell’Uaw. I risultati gli hanno dato ragione. L’accordo rappresenta il più grande aumento salariale ricevuto dai lavoratori negli ultimi decenni. Gli operai riceveranno aumenti cumulativi del 24% nei prossimi quattro anni. Quelli specializzati oltre il 30%. Per evitare future perdite del potere d’acquisto, ogni anno lo stipendio verrà adeguato all’inflazione. La scala mobile italiana di lontana memoria. Altro obiettivo della lotta era cancellare gli odiosi “livelli”. I neo assunti ci mettevano otto anni per ottenere l’identica paga del collega più anziano. Ora ce ne vorranno due. Da qui ad ottobre 2025, secondo il sindacato, alcuni lavoratori di Ford vedranno i loro salari orari raddoppiati grazie a questa norma. L’accordo inoltre prevede una forte riduzione della precarietà contrattuale, più benefit per chi va in pensione e, la grande novità, l’ingresso dei sindacati nelle fabbriche di batterie per motori elettrici, fino ad oggi inaccessibile. L’accordo con Ford ad esempio (che ha fatto da apripista ai successivi accordi con Gm e Stellantis), consentirà al sindacato di organizzare i lavoratori nelle fabbriche in costruzione di batterie. Il sindacato inoltre avrà voce in capitolo nel tutelare gli operai oggi attivi alla produzione dei veicoli a motore a carburante nel passaggio agli stabilimenti di veicoli elettrici. «L'UAW sostiene la transizione verso un'industria automobilistica pulita. Ma la transizione verso i veicoli elettrici non avrà successo senza giustizia per i lavoratori. Non c'è alcuna buona ragione per cui la produzione di veicoli elettrici non possa essere la porta d'accesso alla classe media come il lavoro nell'auto lo è stato per generazioni di lavoratori sindacalizzati dell'auto». Se i lavoratori americani dell’industria automobilistica hanno ottenuto considerevoli progressi sui fronti del potere d’acquisto e occupazionali, l’obiettivo della riduzione del tempo di lavoro a 32 ore settimanali non è stata conquistata. Ma forse è solo questione di tempo. Il 28 aprile 2028 scadrà l’accordo appena siglato con le Big Three. Il presidente del sindacato, Shawn Fain, ha già invitato gli altri sindacati ad impiegare questo tempo per pianificare uno sciopero unitario allo scadere del contratto. La data è già fissata: primo maggio 2028. |