Unia c'è da quattro anni. Il più grande sindacato svizzero vide la luce a Basilea il 16 ottobre 2004, frutto della fusione di Sei, Flmo e Fcta. In breve tempo Unia ha saputo imporre il suo marchio e la sua azione nel panorama sociale svizzero. Tempo dunque per un bilancio, in occasione del primo Congresso ordinario del sindacato, che si terrà a Lugano da giovedì a sabato prossimi. Ne parliamo con i due copresidenti Renzo Ambrosetti e Andreas Rieger, destinati a guidare Unia anche per i prossimi quattro anni.

Signor Ambrosetti, signor Rieger, posso già congratularmi con voi per la vostra rielezione a copresidenti di Unia?
Renzo Ambrosetti: No, non siamo ancora stati eletti.
Andreas Rieger: Il Congresso di Unia dovrà scegliere fra tutte le candidate e tutti i candidati per eleggere la nuova direzione. Ma è vero che per la copresidenza non ci sono altre candidature a parte le nostre.
Appunto, a voi due non può più succedere nulla. Perché al Congresso non possono essere proposte candidature alternative? I delegati avrebbero almeno la scelta.
Ambrosetti: Tutti gli organismi di Unia, le regioni, i gruppi d'interesse e i settori professionali hanno avuto la possibilità di proporre delle candidature per la direzione e per la presidenza. Per la presidenza ci sono soltanto le proposte avanzate da alcune regioni e da settori professionali di proseguire la copresidenza con noi due. Intendiamo questo come un segnale che abbiamo lavorato bene.
Nelle norme transitorie del contratto di fusione del 2004 però le cose erano state definite diversamente. Lì sta scritto che la copresidenza sarebbe terminata con il Congresso del 2008 e che una rielezione sarebbe stata esclusa.
Rieger: Il Congresso è sovrano: può modificare la sua decisione del 2004 e decidere la cancellazione della norma transitoria da lei citata. Lo scopo originale di questa norma infatti non era di impedire una continuazione della copresidenza. Il suo scopo era piuttosto di garantire che i due grandi partner che hanno dato vita alla fusione in Unia, cioè il Sei e la Flmo, nei primi anni fossero rappresentati con lo stesso peso alla testa del nuovo sindacato. E che non se ne andasse uno dei due copresidenti, lasciando l'altro da solo alla testa del sindacato.
Nel suo rapporto d'attività Unia sottolinea che l'integrazione dei sindacati che hanno dato vita ad Unia è riuscita su tutta la linea. Dunque in futuro non ci sarebbe nemmeno più bisogno di una copresidenza, o sbaglio?
Rieger: In tutta evidenza la copresidenza si è dimostrata una buona soluzione per favorire l'integrazione di Sei, Flmo e Fcta. E anche per la stabilità di Unia. Ora coloro che propongono al Congresso la continuazione della copresidenza trovano evidentemente che la copresidenza sarebbe positiva anche per i prossimi quattro anni.
La nuova direzione dovrebbe diventare più giovane e essere composta da più donne. È però anche possibile che il Congresso elegga un Comitato direttore confermando 7 degli uscenti ed eleggendo soltanto due volti nuovi. Sareste contenti di una simile soluzione?
Ambrosetti: Il ricambio generazionale all'interno della direzione è soltanto uno dei molti elementi da tener presente. Dobbiamo e vogliamo anche tener conto di altri criteri. E non si tratta neppure soltanto della direzione. Se parliamo dei futuri quadri del sindacato, pensiamo anche al Comitato centrale, alle direzioni regionali e sezionali e agli organismi direttivi dei settori. In tutti questi organismi nei prossimi quattro anni deve avvenire un ricambio generazionale. Ovviamente questo è importante anche per il Comitato direttore, perché al Congresso del 2012 si ritireranno ancora altri membri della direzione per ragioni di età.
Il Congresso è anche l'occasione per un bilancio. Signor Ambrosetti, quali sono stati i due più grossi successi e la sconfitta più cocente di Unia dal 2004?
Ambrosetti: Per me i nostri più grossi successi sono la difesa del Contratto nazionale mantello dell'edilizia e l'implementazione delle misure fiancheggiatrici della libera circolazione delle persone.
E la sconfitta più cocente?
Ambrosetti: Abbiamo perso un paio di votazioni popolari, ad esempio quella sull'Assicurazione invalidità e quella sugli orari di apertura nei negozi annessi alle stazioni.
Rieger: Il successo più importante è certamente l'integrazione riuscita di tutti i precedenti sindacati e di tutti i gruppi in una sola Unia. Sono state importanti anche le lotte alle Officine Ffs di Bellinzona e nell'edilizia. In entrambi i conflitti i datori di lavoro erano convinti di poter mettere in riga Unia e di darle una lezione. E in entrambi i casi hanno fallito miseramente. Per questo oggi i datori di lavoro hanno meno voglia di confrontarsi con il nostro sindacato.
E la sconfitta più grossa?
Rieger: Abbiamo dovuto incassare alcune sconfitte in occasione di votazioni popolari. Certo, in quella sugli orari di apertura dei negozi abbiamo perso per pochissimo, ma appunto abbiamo perso. Al contrario però qualche votazione popolare l'abbiamo anche vinta, per esempio la recente votazione sulle casse malati.
Ma voi due avete sempre la stessa opinione?
Rieger: Sì, quando si deve fare un bilancio o quando si tratta di definire le rivendicazioni sindacali.
E su cosa litigate?
Rieger: se ci sono delle differenze all'interno di Unia, allora direi piuttosto sulla tattica. Per esempio se si debba lanciare un referendum oppure no. In questi casi ci si deve decidere indicando delle priorità, e questo non è semplice.
Ambrosetti: Una volta presa la decisione sosteniamo sempre la stessa posizione. Questo è molto importante, e anche in Unia viene capito molto bene,
Al Congresso di fusione in cima alla lista c'era un obiettivo su tutti: Unia deve crescere. Invece di crescere, Unia è regredita, seppure in misura minima. Perché?
Ambrosetti: Primo: nei vent'anni precedenti la fusione i sindacati confluiti in Unia avevano subito perdite importanti. Con la costituzione di Unia si è riusciti a frenare bruscamente questa perdita di iscritti. Non solo, in Unia oggi sono organizzati più membri attivi e giovani di quanto non ce ne siano mai stati in passato. Secondo: nelle fusioni sindacali si registra spesso una perdita di iscritti. In Unia è stata di molto inferiore a quella registrata da Verdi in Germania. La nostra conclusione è questa: il bilancio dell'evoluzione dei membri nell'insieme non è ancora positivo, ma è già molto più rallegrante di quanto non lo fosse nel periodo precedente la fusione. E questo è un primo passo verso il successo.
Eppure, che si sia in una fase di recessione o in una di alta congiuntura, i sindacati continuano a perdere iscritti.
Rieger: L'evoluzione del numero di iscritti ha poco a che fare con la congiuntura. Ma è in rapporto con la capacità di mobilitazione: prenda le lotte alla Usego di Egerkingen o alle Officine Ffs di Bellinzona, in questi casi abbiamo avuto una considerevole ondata di adesioni. Ma ciò accade relativamente di rado. Di regola l'evoluzione dei membri dipende da una presenza continua del sindacato sul posto di lavoro, dunque dalla qualità del lavoro che svolgiamo con i nostri associati.
Se le cose stanno così, allora se ne deve concludere che la qualità del lavoro sindacale nel settore dei servizi lascia a desiderare. Certo, in quel settore Unia è cresciuta, ma mancando abbondantemente gli obiettivi che si era data.
Rieger: Nel terziario stiamo crescendo. Nel commercio al dettaglio abbiamo ora più di 10 mila iscritti, sono molti. È un bel risultato, per il quale dobbiamo dire grazie anche a diverse azioni di venditrici e venditori di Foxtown, Fust, Usego, Jumbo ecc… Anche nella ristorazione stiamo per superare la barriera dei 10 mila associati. Per questo anche nel settore terziario il nostro bilancio è fondamentalmente positivo. Ma la domanda rimane: perché non abbiamo raggiunto i nostri obiettivi? I datori di lavoro del terziario non ci hanno aspettato a braccia aperte. Il terziario è stato per molto tempo un deserto sindacale. Il terreno che dobbiamo coltivare è dunque molto duro. Inoltre, nel reclutamento di nuovi iscritti ci vuole molta esperienza. E questa i nostri segretari e le nostre segretarie non se la possono fare semplicemente seguendo un corso. Ci vuole del tempo.
La ristorazione e la vendita al dettaglio sono settori con bassi salari e in parte anche con condizioni di lavoro precarie.  E in questi settori Unia cresce, mentre continua a non riuscire ad organizzare coloro che guadagnano meglio. È un caso o c'è dietro una strategia?
Ambrosetti: I sindacati da sempre si fanno forti per i deboli e i più deboli. Ed è giusto che sia così. Per questo ci siamo ripromessi come obiettivo strategico di rinverdire quel deserto sindacale che è il terziario.
Rieger: Come reagirebbe se ci occupassimo soprattutto di coloro che guadagnano meglio? Certamente ce lo rimprovererebbe. Oltretutto le persone che oggi organizziamo nella ristorazione, nei trasporti e nella vendita non sono dei gruppi marginali. Quasi un milione di persone attive nel terziario guadagnano meno di 5 mila 500 franchi al mese malgrado lavorino duramente. È qui che concentriamo il nostro impegno. Chiaro, un giorno ci occuperemo anche dei problemi degli impiegati delle compagnie d'assicurazione. Ma oggi sono fiero del fatto che la nostra lotta contro salari da fame inferiori ai 3 mila 500 franchi al mese comincia a dare i suoi frutti.
Non pensavo tanto agli impiegati delle assicurazioni, quanto ai colletti bianchi dell'industria. Nell'industria Unia perde associati perché ci sono sempre meno colletti blu.
Ambrosetti: Qui dobbiamo effettivamente fare autocritica. Finora non ce l'abbiamo fatta ad organizzare gli impiegati del settore industriale. Questo forse dipende da come ci presentiamo, da un linguaggio che non raggiunge i nostri interlocutori. Qui dobbiamo impegnarci di più. È uno dei nostri obiettivi per i prossimi anni.
Nell'industria Unia ha un tasso inferiore alla media di nuove adesioni e una quota superiore alla media di pensionati. Si ha in qualche modo l'impressione che Unia abbia deciso di mettere l'industria su un binario morto.
Ambrosetti: Non è vero. È vero invece che nel settore industriale abbiamo perso associati. Negli anni '90 questo era conseguenza diretta delle innumerevoli ristrutturazioni. E un'altra cosa è vera: la nostra rete di fiduciari in molte ditte è andata persa, soprattutto nei grandi gruppi industriali. Ciò secondo me dipende anche dal fatto che oggi Unia ha molti segretari sindacali che provengono da altre esperienze lavorative e non conoscono quindi i problemi dell'industria dall'interno. Questa situazione deve cambiare. Dobbiamo aumentare la nostra presenza nel settore industriale e ci siamo prefissati che in futuro ogni regione di Unia impieghi il numero necessario di segretari sindacali nell'industria. In questo lavoro di costruzione sindacale nei prossimi quattro anni vogliamo investire maggiori risorse finanziarie.
Ho capito bene: Unia corregge la rotta in direzione dell'industria?
Rieger: C'è un progetto sull'industria in questo senso che è stato approvato, Renzo lo ha appena descritto. In questo modo seguiamo anche l'andamento congiunturale, in quanto l'industria si è ripresa e attualmente crea molti posti di lavoro. Nei prossimi anni faremo tutto il possibile per invertire la tendenza nell'industria.
Attualmente ci troviamo in una delle crisi finanziarie più gravi della storia. Il neoliberalismo è agli sgoccioli?
Ambrosetti: Spero che dalla crisi finanziaria si impari finalmente che un'economia virtuale è una follia. E che dobbiamo ritornare sul terreno dell'economia reale. Ma ora di fronte alla crisi non dobbiamo neppure cadere nella trappola dell'allarmismo. I datori di lavoro lo fanno già abbastanza, e con un obiettivo ben chiaro, ora che sono alle porte le trattative salariali. Per rispondere alla crisi i salari devono assolutamente salire. Il potere d'acquisto dei salariati deve infatti essere mantenuto. Certo, l'esportazione è importante per l'economia svizzera, ma altrettanto importante è il consumo interno. Per questo non chiediamo solo la piena compensazione del rincaro, ma anche che finalmente siano concessi dei decenti aumenti reali di stipendio.
Rieger: Dieci anni fa ci dicevano che il futuro era della nuova economia virtuale. Il capitale finanziario diceva: guardate, una redditività del capitale proprio del 25 per cento e oltre è possibile. E oggi cosa vediamo? La bolla informatica è esplosa e le banche d'investimento sono crollate. I settori dell'economia reale che erano già stati dati per morti, come l'industria e l'artigianato, stanno invece fiorendo, anche se ora risentono del crollo dei mercati finanziari. I neoliberali che puntavano su profitti massimi ultraspeculativi sono caduti pesantemente. La crisi non ci fa piacere, la caduta dei neoliberali invece sì. Vogliono mettere tutto sul mercato, perfino le assicurazioni sociali. Invece di rafforzare l'Avs e di introdurre un'età di pensionamento flessibile, gli assicuratori privati adesso vogliono vendere costose polizze private. Lo scontro è fra assicurazioni sociali contro assicurazioni del massimo profitto, fra economia socialmente sostenibile e economia del massimo profitto: è un terreno sul quale noi siamo sempre pronti a lottare.

Pubblicato il 

03.10.08

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