Iniziamo questo viaggio nel mondo femminile con un esempio positivo: una donna che ha potuto studiare, rimanere attiva professionalmente, diventare mamma e fare carriera politica. Marina Carobbio-Guscetti, oggi consigliera nazionale socialista, medico e madre di due figli, racconta ad area come riesce a districarsi tra il lavoro, l'impegno politico e la famiglia, soprattutto grazie all'aiuto del suo entourage. È cosciente di vivere una situazione privilegiata e si batte attivamente affinché questa possa diventare una realtà per tutte le donne.

Marina Carobbio-Guscetti, medico, mamma e parlamentare a Berna, come riesce a conciliare il tutto?
Riesco a farlo solo grazie a una grande organizzazione e alla rete di aiuti che ho attorno. Mio marito mi aiuta molto e possiamo contare anche sui nostri genitori. Poi ho la fortuna di avere uno studio medico in comune con altri colleghi, che sono molto disponibili e mi permettono di cambiare i turni secondo le esigenze. Mi rendo conto però di essere una privilegiata e che questa non è la situazione della maggior parte delle donne, soprattutto in Ticino abbiamo una situazione arretrata rispetto al resto della Svizzera per quanto riguarda le mense scolastiche, gli asili nido e i posti di lavoro a tempo parziale. Attraverso il mio lavoro in politica cerco quindi di battermi affinché questo diventi possibile per tutte.
Non si è mai chiesta se ce l'avrebbe fatta a fare tutto?
Sì, mi capita a volte di chiedermi se riuscirò a conciliare tutto. I figli chiedono la mia presenza a casa e devo spiegar loro il perché della mia lontananza, ma credo che l'importante sia parlare con loro: i bambini, anche piccoli, capiscono. Quando ho iniziato a Berna, quattro anni fa, la piccola aveva solo 3 anni, ed è stato molto difficile, anche emotivamente, riuscire a partire. Senza l'aiuto dei nonni e di mio marito sarebbe stato molto più difficile. Però la scelta di fare il medico e la politica fa parte della mia idea di impegno pubblico: lottare e battersi per la giustizia sociale, e si può fare tanto sia come medico che in politica.
Lei è medico, una professione nella quale non si vedono ancora molte donne che fanno carriera. Ha una spiegazione?
Oggi le studentesse in medicina sono di più rispetto agli studenti, ma poche sono le donne professore o primario. Questo principalmente perché è molto difficile conciliare la vita lavorativa con quella familiare.
Tornando invece alla carriera politica, la sua è iniziata molto presto, pensava che sarebbe arrivata fino a Berna?
No. Sono cresciuta in una famiglia nella quale si parlava molto di politica, quindi mi sono avvicinata a questo mondo in modo molto naturale e al liceo ho iniziato a fare politica attivamente, continuando poi all'università. Ero attiva dapprima nei movimenti studenteschi e poi soprattutto in movimenti a favore delle donne e per l'aiuto allo sviluppo. Mi ricordo, ad esempio, che a Basilea, all'università, ho partecipato allo sciopero delle donne del 1991: un momento storico, molto emozionante, la cui ricorrenza  quest'anno ci deve far riflettere sulle discriminazioni salariali e nella società che toccano ancora le donne.
Sono entrata in Gran Consiglio a 24 anni, dove sono stata per 16 anni e negli ultimi 8 anche in qualità di capogruppo socialista. Dopo tutti quegli anni di politica cantonale ho avuto l'opportunità di entrare al Consiglio nazionale, ciò che mi ha permesso di approfondire e portare avanti a livello parlamentare, ma anche nell'ambito di organizzazioni attive a livello nazionale, temi quali il diritto alla salute per tutti a prezzi accessibili, il diritto a un lavoro decente o l'aiuto allo sviluppo.
Come donna, ha incontrato difficoltà nella sua carriera politica, pur militando in un partito che difende le pari opportunità?
Sicuramente a una donna in politica è chiesto di più che a un uomo, una donna deve dimostrare di essere all'altezza. Penso ad esempio a come la stampa si sia accanita su aspetti più personali, come il numero di scarpe della consigliera federale Leuthard, non ricordo nessun consigliere federale uomo criticato per queste cose. Penso anche alle due colleghe di partito Ursula Wyss e Pascale Bruderer, il cui mandato è stato messo in discussione da certi ambienti, seppur velatamente, perché incinte. Se un uomo diventa padre nessuno gli chiede se sarà in grado di conciliare lavoro politico e vita familiare, mentre alle donne viene sempre chiesto. È una domanda che mi sento fare spesso.
Quattro donne in Governo potranno cambiare qualcosa per le pari opportunità?
Una maggioranza di donne in Governo è un buon segnale, anche se non risolve i problemi delle pari opportunità. Bisogna essere consapevoli che c'è ancora molto lavoro da fare, soprattutto per le donne con meno formazione, che sono le prime a rischiare di perdere il lavoro e di ritrovarsi in situazioni precarie o di povertà. Rispetto a 40 anni fa, quando gli uomini hanno deciso di concederci il diritto di voto, i pregiudizi verso le donne sono cambiati, ma ci sono ancora. La campagna contro il diritto di voto alle donne di 40 anni fa , si basava soprattutto sul ruolo della donna come madre, ritenuto inconciliabile con l'interesse alla politica. Stereotipi del genere li troviamo anche oggi, seppur in maniera più subdola.
Cosa si sente di dire alle giovani donne che vorrebbero cambiare qualcosa?
Se hanno voglia di far politica devono buttarsi e costruirsi una rete di persone disponibili a discutere e cercare di dare delle risposte alle preoccupazioni della  popolazione, come i costi dell'alloggio, l'esclusione dal mondo del lavoro o il precariato, perché il lavoro di gruppo in politica è indispensabile. Per fare carriera politica non bisogna essere delle super donne, ma bisogna osare. Non è sempre facile, ci sono i momenti dove non hai più energia, ma è possibile.

Pubblicato il 

10.06.11

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato