Una strategia globale per il clima

La mobilitazione mondiale a favore del clima mantiene alta la pressione su politici e azionisti. Alcuni governi e gruppi finanziari privati, nonché la nuova direttrice della Bce, hanno annunciato di voler sostenere la svolta energetica. Un passo necessario, tuttavia insufficiente, perché la biosfera non può sopportare l’attuale sfruttamento materiale e tantomeno una sua ulteriore crescita. Ciò significa “game over” per il modello economico “mainstream” per il quale la crescita, assieme a libero scambio e proprietà privata, è un caposaldo.
Che fare? Come migliorare la qualità della vita e il benessere degli esseri umani in modo sostenibile? Una risposta la si trova nel modello economico ecologico, presentato in “Vivement 2050, programme pour une économie soutenable et désirable” elaborato da un collettivo di specialisti di vari Paesi. Nel loro approccio considerano 4 “patrimoni” o “capitali” fondamentali: a) “capitale naturale” messo a disposizione dal pianeta Terra, costituito dall’ambiente naturale e dalla sua biodiversità; b) il “capitale costruito” dagli esseri umani, ovvero: edifici, macchinari, infrastrutture di trasporto e tutti i manufatti e servizi che soddisfano esigenze di base quali: alloggio, cibo, trasporti, comunicazioni ecc.; c) il “capitale umano” costituito dagli stessi esseri umani: i loro attributi tra cui salute fisica e mentale, saperi e conoscenze, nonché l’insieme di qualità in grado di rendere l’individuo membro attivo e produttivo della società; e infine d) il “capitale sociale e culturale” che comprende l’intera gamma delle relazioni tra le persone, principi, valori, norme, istituzioni generate dalle varie culture che consentono il funzionamento della società.
Per realizzare un’economia ecologica qualitativa e sostenibile occorre:
1. Ricostituire il “capitale naturale” degradato, riducendo drasticamente la pressione antropica. Azioni: “lasciar fare” la natura e i suoi cicli biologici. Consapevoli che talune sostanze – vedi petrolio – hanno cicli dell’ordine di milioni di anni quindi oramai fuori portata dell’umanità.
Evidentemente l’uomo può coadiuvare la natura nel ricostituire foreste, zone umide, habitat naturali;
2. limitare l’espansione del “capitale costruito” cresciuto a dismisura che procura danni al capitale naturale, alcuni dei quali irreparabili (distruzione di risorse limitate, devastazione ambientale, inquinamento, malattie ecc.). Azioni: e studiare l’impatto ambientale globale di produzione e consumi, correggere e/o sostituire le tecnologie più impattanti; proibire e/o  limitare drasticamente quelle più nocive (modalità di trasporti, combustibili fossili, consumi di lusso… Integrare nel calcolo dei costi di produzione anche i costi indiretti (distruzione capitale naturale, capitale umano e socio-culturale):
3. rivalutare il “capitale umano” – oramai ridotto dal sistema economico mainstream a un ruolo funzionale di mera forza lavoro – consumatore. Azioni: formare individui responsabili e consapevoli; promuovere la democrazia partecipativa; ridurre il tempo di lavoro, riconoscere quale lavoro le attività funzionali al bene della comunità;
4. rafforzare il “capitale sociale e culturale” raccogliendo e diffondendo le buone pratiche che favoriscono le interazioni sociali, generano e rafforzano il senso di comunità anche intergenerazionale (“noi”, non solamente il  Sé). Azioni: creare spazi adeguati di fruizione e risposta a bisogni: ristorazione, luoghi culturali ed espressione artistica (cinema-teatro, biblioteca ecc.); spazi gestione condivisa: abitazione (co-housing), asili (crêches), lavoro (co-working); favorire mercati e monete locali, gli incontri tra culture diverse ecc.
L’economia ecologica riunisce idee, concetti, pratiche alcune delle quali non necessariamente recenti. La novità sta nella definizione di una strategia globale e coerente per raggiungere obiettivi fondamentali.

Pubblicato il

24.10.2019 13:38
Ferruccio D'Ambrogio
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