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Una stazione alle prese col libero mercato
di
Stefano Guerra
«Qui si lavorava anche a Natale. Un pranzo veloce in famiglia, poi di corsa alla manovra. C’era la fila di carri. Oggi sono quasi tutti treni completi. Portano merci, ma lavoro no. Anzi». Nella fatiscente postazione della sella di lancio K, un capomanovra racconta come negli ultimi quindici anni lo smistamento a Chiasso si sia «ridotto all’osso». Sempre meno convogli da smistare, sempre più treni completi fino alla destinazione: una breve sosta per il cambio della locomotiva, le pratiche doganali, e poi via. «Quelli noi non li tocchiamo nemmeno», dice l’uomo additando un merci “completo” in entrata da nord al fascio L. La sella di lancio K – o “Parigina” – è sempre stata il punto nevralgico della stazione di Chiasso smistamento. Nella prima metà degli anni ’90, da questo dosso e dalla rampa di lancio Z ogni mese quasi 30 mila carri venivano “spinti” giù verso i magazzini disposti lungo i vari fasci di binari, dove venivano poi preparati i convogli in partenza per altre destinazioni. Oggi la realtà è un’altra. Il numero complessivo di treni merci in arrivo a Chiasso è in aumento, ma quelli “lavorati” alla stazione di confine sono in caduta libera: già scesi a 18’769 mensili nel 2001, sono poi calati a 15 mila nel 2002 e a 14’212 lo scorso anno. Il declino si è accentuato da quando Ffs Cargo nel 2001 decise di concentrare a Basilea la preparazione dei convogli completi a lunga distanza per l’Italia. Con i treni da smistare se ne sono andate anche alcune squadre di manovra (la 9, la 10, la 15), altre si sono viste ridotti effettivi e turni. Il risultato è che la stazione di smistamento a inizio gennaio 2005 avrà perso 76 dei 256 posti di lavoro che ancora aveva nel ’98. Nel complesso, Chiasso negli anni ’90 aveva già detto addio a un 40 per cento dei posti Ffs, passati negli otto anni precedenti la “divisionalizzazione” dell’azienda da 1’196 a 706, e da allora ulteriormente calati per assestarsi ben al di sotto dei 500.(1) «Una riduzione non riscontrabile altrove», osserva Pietro Gianolli, segretario del Sindacato del personale dei trasporti Sev. L’ultima mazzata in termini di impiego è arrivata lo scorso anno. Con il progetto “Passaggio”, Ffs Cargo decise di sopprimere 85 dei 120 posti di lavoro amministrativi in otto stazioni di frontiera, automatizzando e concentrando il servizio alla clientela a Friborgo. Chiasso rischiò un salasso, ma il taglio per finire risulterà meno doloroso del previsto. Al termine del processo di riorganizzazione (che si protrarrà fino a giugno 2005) i posti mantenuti saranno 13 su 37. Fra le persone colpite c’è chi si è trasferito a Friborgo, chi sta seguendo la formazione di macchinista, chi ha trovato un altro impiego all’interno di Ffs Cargo e chi è andato in pensione anticipata. Per sei di loro si sta ancora cercando una sistemazione. Segno dei tempi che cambiano. Quattro ex funzionari dell’amministrazione merci Ffs un impiego lo hanno trovato alla concorrenza. Dal primo ottobre lavorano per la Bls Cargo negli spazi che la consorella per il traffico merci della compagnia ferroviaria Bern-Lötschberg-Simplon (Bls) ha affittato in via Motta, a due passi dalla stazione. Svolgono il lavoro che hanno sempre fatto (il responsabile Cyrille Huber per 27 anni, il vice Aldo Tettamanti per 39) alle dipendenze delle Ffs. Ora con due Hyundai fanno la spola tra via Motta e la sede operativa al fascio L, in territorio di Balerna. Lì recuperano i dati sul carico dei treni merci targati Bls-Railion che poi trasmettono via e-mail sia alle dogane, sia ai partner italiani (Trenitalia Cargo, Ferrovia Nord Milano, Strade Ferrate del Mediterraneo) e tedesco dell’azienda (la Railion, filiale merci del colosso Deutsche Bahn, detentrice del 20 per cento delle azioni Bls). Quando li incrociano lungo i binari con il gilet catarifrangente con su scritto Bls, i loro ex colleghi li provocano bonariamente: «Adess i salüdan gnanca pü». A Chiasso negli ultimi mesi la Bls ha assunto nove macchinisti, tutti ticinesi, tutti ex Ffs. Attirati da uno stipendio in genere più alto rispetto a quello percepito nell’ex regia (ma senza un contratto collettivo), guidano le locomotive rosse con il logo della Deutsche Bahn sulle tratte Chiasso-Erstfeld, Luino-Erstfeld e ritorno. Il loro numero è destinato a crescere. Con il cambiamento di orario dello scorso 12 dicembre i convogli merci Bls-Railion che dal maggio del 2003 circolano lungo l’asse del Gottardo dovrebbero infatti passare da un’ottantina circa a poco meno di 150 alla settimana. Non saranno gli unici a transitare con maggior frequenza da Chiasso. La germanica Tx Logistik Sa – che da gennaio spedisce sei treni “Hannibal” attraverso il Gottardo – è intenzionata a raddoppiare il traffico. La connazionale rail4chem, legata al gruppo Basf, da qualche giorno circola con cinque “merci” alla settimana lungo l’asse nord-sud.(2) Sono i nuovi attori di un mercato che va liberalizzandosi in tutta Europa, e in Svizzera più velocemente che altrove. Per loro ormai, come dice il direttore della Bls Mathias Tromp, «vale solo la dimensione europea».(3) Anche Ffs Cargo guarda decisamente oltre il confine. Nel 2002 la divisione merci delle ferrovie federali deteneva ancora il monopolio del transito lungo l’asse nord-sud del Gottardo. Da allora – a seguito delle autorizzazioni per l’accesso alla rete ferroviaria nazionale rilasciate da Berna – ha perso una quota di mercato pari al 25 per cento, equivalente a circa 120-140 treni alla settimana. Dal 12 dicembre i convogli merci di Ffs Cargo attraverso il Gottardo dovrebbero diminuire ancora, da quasi 600 a circa 500 alla settimana. «All’inizio – ammette il direttore della regione 4 di Ffs Cargo Thomas Senekowitsch – è stato uno choc vedere altri treni», però adesso la concorrenza non è più un problema, anzi: il traffico in Svizzera cala, ma la perdita è più che compensata dall’aumento dei treni in circolazione in Germania e in Italia. Con il nuovo orario i primi passeranno da una settantina a più di 300 alla settimana, i secondi da 30-40 a 220. Appoggiandosi alle società affiliate “Sbb Cargo Italia” e “Sbb Cargo Deutschland”, la casa madre intende in questo modo potenziare un’offerta incentrata su un servizio transfrontaliero lungo l’asse nord-sud, da Colonia all’Italia settentrionale, «svolto tutto da nostre società, superando l’attuale addizione di tratti curati dalle singole ferrovie nazionali».(4) Per una Ffs Cargo che evolve al ritmo del libero mercato, il futuro è nei treni completi. «Il nostro obiettivo qui al confine sud è di passare da un po’ più del 50 per cento attuale a un 75 per cento entro due 2-4 anni», afferma Thomas Senekowitsch. La stazione di “Chiasso smistamento” è così condannata a trasformarsi in “Chiasso transito”? Il direttore regionale rassicura. «Lo smistamento resterà a Chiasso: si perderà il traffico a lunga distanza, ma continueranno ad essere preparati i treni a destinazione della zona a nord di Milano». Un futuro regionale, dunque, che Ffs Cargo – nonostante il pareggio di bilancio impostole entro la fine del 2005 dalla Confederazione – sta cominciando a costruire: assunzione di 12 persone nel 2004, imminente avvio di una scuola per manovratori, acquisto di nuove locomotive, nessuna riduzione collettiva di posti di lavoro in vista, (anche se «con la pressione che subiamo dovremo valutare bene prima di sostituire una persona che se ne va», osserva Senekowitsch). Ma Ffs Cargo e la Divisione infrastruttura delle Ffs sono attese al varco soprattutto sul fronte degli investimenti: il terminale per il traffico combinato gomma-rotaia nell’area ex Celoria (il progetto c’è da tempo, ma il finanziamento non è ancora garantito), l’ammodernamento dei fasci di binari, e anche la sistemazione della “Parigina” e della sua decrepita casetta di comando, dove il capomanovra – mentre un “merci” Bls-Railion gli passa sotto il naso – ha l’impressione che «qui le Ferrovie stiano svendendo tutto». (1) Dal 1999 le Ffs sono una società anonima di diritto pubblico (azionista unico è la Confederazione) strutturata in tre divisioni autonome: merci (o Cargo), viaggiatori e infrastruttura. Dal ‘90 ad oggi il personale è passato da 39’374 a 27’852 unità. In Ticino nello stesso periodo si è scesi da 3’430 a 2 mila unità, così suddivise: merci 832; infrastruttura 661; viaggiatori 438; altri servizi 69. I contratti collettivi di Ffs e Ffs Cargo vietano licenziamenti per motivi economici o legati a ristrutturazioni. (2) Wochenzeitung, n. 46, 11 novembre 2004. (3) Neue Zürcher Zeitung, 5 dicembre 2003. (4) Il direttore Daniel Nordmann, citato in Il Sole 24 Ore, 23 novembre 2004.
Pubblicato il
17.12.04
Edizione cartacea
Anno VII numero 51-52
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