Una stangata per i consumatori


«Costerà meno un Dvd, costerà meno un'automobile, si pagherà meno per l'elettronica, per le scarpe, per i vestiti, per i mobili,…». Hans Rudolf Merz ha iniziato la conferenza stampa di presentazione del messaggio sulla riforma dell'imposta sul valore aggiunto con un lungo elenco sui vantaggi di un'aliquota unica dell'Iva al 6,1 per cento. Vantaggi – secondo il ministro – per i consumatori, per le imprese e vero motore per una crescita economica duratura con «l'Iva più bassa di tutta Europa».
Tuttavia l'introduzione di un'imposta unica avverrebbe in sostituzione agli attuali tre tassi in vigore: il 7,6 per cento che grava sul consumo generale di beni e servizi, il 3,6 per cento per il settore alberghiero e il 2,4 per cento per i beni di prima necessità.
Ma non solo, dei 25 settori attualmente esonerati dall'imposta ne dovrebbero rimanere secondo il ministro delle finanze solo 5: i servizi finanziari e le assicurazioni, le scommesse e lotterie, i servizi elargiti all'interno della collettività pubblica, l'agricoltura, la vendita e l'affitto di un immobile.
Costeranno quindi di più il pane, il latte, i giornali, l'acqua, le bevande analcoliche, ecc.
Oltre a ciò va aggiunto che settori finora esenti come quello sanitario e della cultura (si veda la tabella in pagina) vedrebbero i propri servizi e prodotti gravati dalla nuova aliquota. A pagare lo scotto dell'aumento dei prezzi saranno senza dubbio i consumatori. L'incidenza sulle finanze delle economie domestiche si farà sentire: le previsioni (si veda la tabella dell'articolo sotto) sono di un aggravio per quasi tutte le classi sociali.
Hans Rudolf Merz propone un correttivo per le classi sociali meno abbienti, con uno 0,1 per cento di Iva in più – passando quindi dal 6 al 6,1 per cento – la Confederazione incasserebbe ulteriori 380 milioni di franchi che verrebbero ridistribuiti dai Cantoni alle economie domestiche più povere annullando così – secondo le proiezioni del ministro – l'effetto del rincaro.
Il dossier del ministro delle finanze piace alla federazione delle imprese svizzere Economiesuisse, al Partito liberale radicale, ma accoglie critiche pesanti fra tutti gli altri partiti e associazioni. Udc E Ps per una volta critici per ragioni molto simili: mentre il cibo diventa più caro i beni di lusso scendono di prezzo. In parlamento la riforma – che dovrebbe essere discussa nella prossima sessione autunnale – sembra nascere già morta.
Cosciente di queste resistenze il ministro delle finanze ha diviso il "dossier Iva" in due messaggi. Il primo di carattere tecnico – praticamente accettato da tutte le parti – che dovrebbe portare a minori costi amministrativi per le imprese (che fanno da intermediario nel trattenere l'imposta pagata dal consumatore e versata nelle casse pubbliche) e il secondo che avanza oltre ai miglioramenti tecnici anche l'aliquota unica. Ma è falso dire che il tasso sarà al 6,1 per cento perché in realtà il parlamento elvetico si è già pronunciato per un aumento transitorio dell'Iva dello 0,4 per cento a favore dell'assicurazione invalidità.
La decisione presa delle due camere – e che è in attesa di una conferma in votazione popolare – influenzerà ulteriormente la riforma tracciata da Hans Rudolf Merz.

Dubbi sul rilancio economico, intervista all'economista Sergio Rossi

Sergio Rossi, è davvero necessario che l'economia svizzera si doti di un'aliquota unica di imposta sul valore aggiunto?
L'aliquota unica per l'Iva semplifica questa imposta sui consumi, che comporta ora tre tassi diversi a seconda delle categorie di beni e servizi acquistati nel nostro paese. Inoltre, con un'aliquota del 6,1 per cento la Svizzera si situerebbe ben al di sotto delle aliquote applicate nell'Unione europea (Ue), il nostro principale partner economico. Sebbene i paesi membri dell'Ue abbiano ancora ciascuno le proprie aliquote per il prelievo dell'Iva entro i confini nazionali, in ognuno di essi il tasso normale è di circa 20 punti percentuali, cioè oltre il triplo di quello previsto con la revisione totale dell'Iva proposta dal Consiglio federale. Si tratta dunque di una riforma fiscale intesa anche a rafforzare, o almeno a non diminuire, la competitività dell'economia svizzera nel contesto della concorrenza fiscale internazionale a tutto campo.
Chi trarrà maggiore beneficio da un'aliquota al 6,1 per cento? Le imprese o i cittadini?
L'aliquota del 6,1 per cento farà leggermente aumentare i prezzi di vendita di numerosi beni e servizi acquistati dai consumatori, andando a incidere maggiormente sulla capacità di acquisto delle persone il cui reddito mensile si situa già oggi nella categoria medio-bassa. Basta pensare al rincaro delle spese legate alla salute (medicine, prestazioni mediche), oggi esonerate dall'Iva, unitamente ai prodotti alimentari – il cui prezzo al consumo è già stato ripetutamente ritoccato verso l'alto a seguito dell'aumento dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime agricole sui mercati mondiali. Il Consiglio federale, infatti, prevede di compensare questo rincaro per le famiglie meno abbienti, mettendo a loro disposizione circa 380 milioni di franchi l'anno, prelevati con l'aggiunta di un decimo di punto percentuale all'aliquota del 6 per cento per l'Iva inizialmente voluta da Hans-Rudolf Merz.
Nella documentazione acclusa al messaggio si afferma che il tasso unico di Iva sarà un motore per la crescita. Le previsioni sono di un aumento del prodotto interno lordo annuale dello 0,6-0,8 per cento. È credibile?
Non credo che si possano fare delle stime di questo tipo. Come indica la documentazione prodotta dall'Amministrazione federale delle finanze, la situazione economica evolve in continuazione sia sul piano congiunturale sia su quello strutturale e ogni riforma fiscale non può che essere decisa sulla base di stime molto approssimative e in buona parte opinabili. In questo caso, il rincaro atteso, anche dal Consiglio federale, con l'introduzione del tasso unico di Iva al 6,1 per cento potrebbe in realtà rallentare la crescita economica anziché stimolarla. L'aumento dei prezzi di vendita dei prodotti svizzeri potrebbe ridurre sia le spese per i consumi nel nostro paese, sia le esportazioni e, da qui, magari gli investimenti nell'economia nazionale. Non bisogna però sopravvalutare l'importanza del prezzo nelle scelte di spesa degli agenti economici, soprattutto di quelli residenti in Svizzera: la qualità dei prodotti, le abitudini come pure la fedeltà dei consumatori (nei confronti delle aziende produttrici, anzitutto quelle il cui marchio gode di ampia popolarità), sono fattori almeno altrettanto importanti del prezzo per indirizzare la spesa verso un bene anziché un altro il cui prezzo è aumentato meno ma la cui qualità è (percepita come) inferiore. Per quanto riguarda i grandi distributori, inoltre, l'arrivo di catene straniere, i cui prezzi sono notoriamente inferiori a quelli dei concorrenti elvetici, dovrebbe frenare il rincaro dei prodotti di largo consumo nella vendita al dettaglio.
È davvero così oneroso oggi per un'impresa fare da tramite fra l'amministrazione federale e cittadini nel ritenere questa imposta sul consumo?
Oltre a tre aliquote diverse e a 25 categorie di prodotti esenti, il regime attuale per l'Iva prevede un carico amministrativo di un certo rilievo per le aziende, che devono prestare attenzione alle varie particolarità giuridiche iscritte nella legge e nell'ordinanza federale sull'Iva in vigore oggi. La riforma totale di queste basi giuridiche proposta dal Consiglio federale semplifica il compito alle imprese, come pure, e in misura maggiore, alla stessa amministrazione federale, che già prevede una riduzione (di circa 30 unità a tempo pieno) del personale impiegato per questo tipo di attività.
Per quale ragione fra le poche esenzioni dall'Iva si è incluso il settore finanziario?
Le prestazioni finanziarie sono difficilmente imponibili in quanto non si riesce a determinare il valore aggiunto (la base di calcolo dell'Iva) considerando la cifra d'affari indotta da queste prestazioni. Un problema simile esiste per i servizi assicurativi nella misura in cui il premio pagato per un'assicurazione non dipende unicamente dalla prestazione assicurativa, ma anche dal numero e dall'entità dei sinistri per proteggersi dai quali l'assicurato ha contratto una polizza. Bisogna però anche notare che i servizi finanziari (banche e assicurazioni) rappresentano una quota importante del Pil svizzero. L'esonero dall'Iva per questo tipo di servizi è inteso a promuovere queste attività, ritenuto che l'Iva su questi prodotti è considerata dagli operatori finanziari un fattore di perdita di competitività della nostra economia. Indubbiamente, i gruppi di interesse in questo campo hanno esercitato molta pressione sul Parlamento e sul Consiglio federale, affinché questo esonero fosse mantenuto nella nuova legge. Per un piccolo paese come la Svizzera, non bisogna però sottovalutare il pericolo di una troppo forte specializzazione in un numero ridotto di attività economiche: quando il settore di punta dell'economia nazionale entra in crisi o soffre di difficoltà particolari, il rischio di un marcato rallentamento congiunturale e di un conseguente calo dell'occupazione è molto maggiore che nel caso di una sufficiente diversità produttiva.

Pubblicato il

04.07.2008 01:30
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