Una speranza per gli invisibili

Il 15 maggio a Zurigo si vota per la Zürich City Card. Per i sans papiers questo documento significa tanto

Ariana (33) sa cosa vuol dire subire violenza senza poter denunciare, sa cosa vuol dire essere sfruttata senza potersi ribellare, ha conosciuto la paura e l’insicurezza. Ariana ha però avuto tanto coraggio, forza e un po’ di fortuna. La sua storia è una delle tante raccontate nel libro della giornalista Tanja Polli e della fotografa Ursula Markus (sua la foto dell'articolo) intitolato Die Unsichtbaren (Rotpunktverlag), in italiano Gli invisibili, pubblicato da poco da Rotpunktverlag.

 

Ariana è nata a Pristina nel 1988 con una grave malformazione al piede. I genitori per questo, negli anni Novanta, hanno deciso di lasciare il paese per la Germania alla ricerca di cure. La famiglia di Ariana non riesce a ottenere l’asilo ma, a causa della guerra in corso in Kosovo, riesce a ottenere il diritto provvisorio di soggiorno e, quindi, di lavoro. Alla fine della guerra, tutta la famiglia viene arrestata dalla polizia, con metodi indegni di un paese civile, e rimandata in Kosovo.

 

La Svizzera     

Tornata nei Balcani senza nessuna prospettiva per il futuro, Ariana viene notata da un giovane residente in Svizzera tornato in patria per le vacanze. Dopo un po’ di tempo decide di sposarlo e trasferirsi con lui e i suoceri in Svizzera. La sua speranza è quella di guadagnare abbastanza per aiutare la famiglia in Kosovo. Ariana però è sfruttata sul lavoro e vittima di violenza a casa. Grazie a un centro di assistenza per donne maltrattate, riesce a trovare la forza di divorziare e dopo un paio di anni conosce un altro uomo e si rifà una vita. Sul luogo di lavoro, dopo un infortunio, è licenziata con l’inganno e perde la casa assegnatale dalla ditta. In breve tempo si ritrova, secondo le autorità, nell’illegalità: è diventata una sans papiers. Anche il suo secondo marito si rivela violento, ma senza documenti Ariana non può nemmeno denunciarlo alla polizia. Durante il giorno il marito la chiude addirittura a chiave nella sua stanza, in alcune occasioni arriva a picchiarla fino a lasciarla incosciente. Quando trova la forza di reagire e chiamare la polizia, la funzionaria di polizia al telefono le prospetta l’arresto in quando sans papier. Alla fine, decide di chiedere di nuovo aiuto alla casa delle donne di Zurigo e, così facendo, trova anche l’aiuto dello Spaz di Zurigo, il punto di contatto per sans papiers della città sulla Limmat. Grazie a questo sostegno, Ariana riesce a trovare un appartamento in città e persino un permesso B in quanto è riconosciuta come caso di rigore dalle autorità. Ad aiutarla sono stati il livello di integrazione, la lingua, il suo comportamento integerrimo e anche la sua storia.

 

Espulsioni

Purtroppo, le storie che coinvolgono sans papiers non hanno sempre un lieto fine. Lo sa benissimo Salvatore Di Concilio, ex sindacalista, attivista, nonché fondatore dello Spaz: «Nei giorni scorsi sono stato in prigione per salutare un caro amico, che dopo anni di vita e lavoro in Svizzera è stato rispedito in Colombia. Difficilmente riuscirà a tornare. Le autorità concedono molto raramente il permesso di soggiorno a persone senza documenti. La storia di Ariana è un’eccezione che conferma la regola. Adesso ho l’impressione che, dopo due anni di pandemia in cui tutto si è fermato e in vista della nuova emergenza in Ucraina, la polizia sia ritornata piuttosto attiva in materia d’espulsioni».

 

Secondo le autorità federali, e parte della popolazione svizzera, i sans papiers sono infatti persone che hanno violato la legge sugli stranieri: «Lo stato di bisogno, il livello di integrazione che molti di loro hanno raggiunto e il contributo essenziale che forniscono alla società sembrano non essere considerati. La regolarizzazione di massa di queste persone non è quindi al momento realizzabile anche se ci sono stati progetti, come Papyrus a Ginevra, che hanno ottenuto buoni risultati».

 

Cittadinanza urbana

 Un'altra strada che stanno considerando alcune città elvetiche è quella delle cosiddette city cards, ovvero documenti di riconoscimento cittadini per tutta la popolazione che permettono, anche a chi non possiede il permesso di soggiorno, di ovviare ai controlli delle autorità di polizia e di usufruire di servizi di diversa natura.

 

Salvatore di Concilio si batte in prima linea per l’introduzione di questo tipo di documento: «Si tratta di una forma di cittadinanza urbana che, pur non risolvendo tutti i problemi, alleggerisce la situazione di migliaia di persone». La città di Zurigo è l’apripista in questo senso: il 15 maggio si dovrà votare a favore dell’introduzione della Züri City Card, o meglio, di un credito per metterne a punto la realizzazione. Se a maggio il popolo confermerà quanto vuole il governo cittadino, Zurigo diventerebbe la prima città in Europa ad avere un documento del genere.

Pubblicato il

07.04.2022 08:27
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