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L'editoriale

Una realtà, tanti dubbi e qualche orrore

di

Claudio Carrer

La realizzazione di un’opera d’importanza europea come quella delle nuove trasversali ferroviarie alpine, che tra pochi giorni sarà celebrata con l’inaugurazione del tunnel di base del San Gottardo, è sicuramente una ragione di vanto a livello internazionale per un piccolo paese come la Svizzera. Ma restano molti dubbi sulle capacità che sapremo mettere in campo per far fruttare gli oltre cento chilometri di gallerie, scavati da migliaia di lavoratori provenienti da ogni angolo del mondo (e non sempre nel pieno rispetto dei loro diritti, come raccontiamo negli articoli correlati).


Alla vigilia dello storico evento constatiamo innanzitutto come i nostri governanti, attraverso una serie di decisioni incomprensibili e alcune esternazioni fuori luogo, stiano minando lo scopo stesso dell’ingente investimento, ossia il trasferimento del traffico merci transalpino dalla strada alla ferrovia, caposaldo della politica elvetica in materia di trasporti, tra l’altro più volte ribadito dai cittadini in occasione di votazioni popolari.


Paradossalmente, proprio quando sarebbe il momento di dare nuovi impulsi alla realizzazione di questo principio, il Consiglio federale e il Parlamento spingono sempre di più verso una liberalizzazione totale del transito di auto e camion attraverso le strade alpine. L’ultima “perla” in ordine di tempo è la sottoscrizione da parte della ministra dei trasporti Doris Leuthard di un’intesa con Moldavia e Ucraina per eliminare il contingente per i tir che attraversano il nostro paese. La decisione si aggiunge a quella, adottata dal Consiglio nazionale all’indomani della sciagurata votazione popolare sul raddoppio della galleria autostradale, di rivedere l’obiettivo – iscritto nella legge – di un massimo di 650.000 transiti all’anno di mezzi pesanti attraverso le Alpi. C’è poi l’infelice uscita del consigliere federale Udc Ueli Maurer – quel ministro delle finanze che qualche settimana fa ha “sdoganato” l’evasione fiscale tramite le società offshore –, secondo cui andrebbe abolito l’«anacronistico» (a suo dire) divieto di circolazione notturno per i tir sugli assi di transito.


Insomma, a poche ore dall’inaugurazione del traforo ferroviario più lungo del mondo, la Svizzera “prenota” un’invasione di camion sulle strade, 24 ore su 24, con tutto quello che ne conseguirà in termini di inquinamento, di malattie e di costi sanitari.
Sembra quasi di essere sul set di uno scherzo. Una sensazione che in Ticino viene alimentata anche dai pianti in pubblico di consiglieri di Stato e granconsiglieri scandalizzati per non essere stati invitati a prendere la parola durante la cerimonia d’inaugurazione del 1° giugno. Questa pare essere la loro unica preoccupazione, come se le sorti della politica elvetica dei trasporti non tocchi gli interessi del Ticino che governano. E poi: che cosa vorrebbero andare a raccontare? E di quali meriti dovrebbero fregiarsi?
Come giornale del lavoro, crediamo che lo storico evento andrebbe sfruttato per dare voce soprattutto ai rappresentanti e alle storie dei 4.500 minatori che, in silenzio, a temperature infernali, in mezzo alla polvere e al rumore, hanno lavorato per anni nel ventre della montagna. È quello che cerchiamo di fare con una serie di contributi (correlati), perché quella del cantiere del secolo è soprattutto una storia operaia, di lotte sindacali, di solidarietà internazionale, di conquiste e anche di morti purtroppo.

Pubblicato

Martedì 24 Maggio 2016

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Nuova ferrovia transalpina
24.05.2016

di 

Francesco Bonsaver

Il primo colpo di piccone alla realizzazione della galleria più lunga del mondo sotto le Alpi svizzere fu dato da minatori sudafricani. E fu subito dumping. Nel 1999 la metà dei 140 operai che scavò il pozzo che scendeva 800 metri nelle viscere delle montagne grigionesi per creare la stazione intermedia di Sedrun, era alle dipendenze della Shaft Sinkers Ltd di Johannesburg.

Quei lavoratori sudafricani ricevevano un terzo in meno (circa mille franchi )del salario minimo decretato d’obbligatorietà dal contratto nazionale. Inizialmente l’impresa sudafricana giurava di pagare correttamente i suoi operai, rifiutandosi di mostrare le carte che lo provassero. Dopo lunghe insistenze dell’allora Sindacato edilizia e industria (poi confluito in Unia), la verità venne a galla. Si scoprì così che il dumping complessivo a beneficio dell’impresa sudafricana ammontava a 640.000 franchi. Un importo che fu poi restituito ai legittimi proprietari, gli operai.

La storia
24.05.2016

di 

Claudio Carrer

Non figura nell’elenco ufficiale dei caduti sui cantieri delle nuove trasversali ferroviarie, ma anche lui è una vittima che in questa sede è doveroso ricordare. Maurizio Bertera, classe 1964, una quindicina d’anni di lavoro come carpentiere sul cantiere del secolo, è stato vittima della malattia, ma anche della totale insensibilità dimostratagli dal suo ultimo datore di lavoro e dell’accanimento di una compagnia assicurativa – la Swica – che gli ha fatto la “guerra” fino alla fine dei suoi giorni e che ora addirittura la prosegue contro i suoi eredi, la vedova i due figli di 23 e 11 anni.

Nuova ferrovia transalpina
24.05.2016

di 

Federico Franchini

Il Ticino è sempre schiacciato dal traffico pesante, da quasi un milione di camion che lo attraversano ogni anno. Alptransit era stato concepito proprio per risolvere questo problema. Prima ancora di un treno a servizio dei viaggiatori, la Nuova ferrovia transalpina (Nfta), che verrà inaugurata mercoledì 1° giugno, è stata concepita proprio per il traffico merci. Resta da sapere in che misura questa opportunità verrà sfruttata.

Nuova ferrovia transalpina
24.05.2016

di 

Federico Franchini

La messa in esercizio della galleria di base del San Gottardo, il 1° dicembre prossimo, avrà un impatto anche per chi sui treni ci lavora. In questo senso il sindacato del personale dei trasporti (Sev) ha individuato alcuni aspetti problematici: il futuro della vecchia linea del Gottardo e i salari dei macchinisti dei treni merci che attraverseranno la Svizzera.

Quest’ultima preoccupazione verrà ribadita in due azioni dimostrative congiunte che andranno in scena oggi venerdì 27 maggio a Chiasso e a Basilea.

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