«Lanciare una petizione in difesa delle vittime dell'amianto è stato per noi un gesto necessario e spontaneo di fronte alla cospirazione del silenzio che ci circonda». Ad esordire così è François Iselin consigliere tecnico del Comitato d'aide et d'orientation des victimes de l'amiante, il Caova, creato nel 2003 che lunedì scorso ha lanciato a Losanna una petizione per sensibilizzare una volta per tutte le autorità vodesi a fronte delle numerose vittime dell'amianto, operai che per anni hanno lavorato per la ditta Eternit di Payerne.
Dal 2003 Caova lavora assiduamente per rendere giustizia ma «lavora lentamente perché in Svizzera ci sono numerose, troppe barriere che ci intralciano il cammino a tutti i livelli», continua François Iselin il quale ricorda che nel momento stesso della fondazione, l'associazione inviò una lettera ad una ventina di servizi pubblici, di sindacati e associazione affinché prendessero le necessarie misure per identificare le vittime dell'amianto e, di conseguenza informarle. «Una lettere che non ha mai avuto risposta. Tutti tacciono, i datori di lavoro non informano i loro ex impiegati; le assicurazioni – la Suva in particolare – non fanno passare l'informazione». Caova è un comitato giovane, tuttavia già da vent'anni Iselin e molti altri hanno iniziato ad occuparsi del problema in ambito universitario. Allora iniziarono a bombardare il mondo politico attraverso interventi parlamentari a livello cantonale, comunale e federale sempre con lo stesso scopo, quello di informare le persone, risanare gli edifici, parlare del problema amianto. «Ma nulla è stato fatto di veramente concreto» commenta François Iselin. Il momento è dunque venuto per andare oltre questa cortina di silenzio, come ha dimostrato la petizione lanciata lunedì da Caova. «È giunto il momento per smuovere le autorità del Canton Vaud, responsabili ora della salute di migliaia di lavoratori. Quella di Payerne è solo una fetta di tutti i lavoratori vittime dell'amianto in Svizzera: si parla di un terzo del totale; un altro terzo è stato esposto sui cantieri e, il terzo restante nelle grandi ditte come la Brown-Boveri, dove l'amianto era presente sottoforma di isolante dei forni, l'esercito svizzero e le Ffs», spiega Iselin che racconta di essere entrato in possesso di queste cifre grazie all'inchiesta condotta da un gruppo di italiani guidati da Enzo Merler sulla mortalità per amianto, causa del mesotelioma, nella regione del Veneto. «Uno studio importantissimo che mette in evidenza dove hanno effettivamente lavorato gli operai esposti all'amianto, rilevando così i nomi di tutte le imprese coinvolte. Ma proprio perché così prezioso e diretto, lo studio è stato bloccato. Noi siamo riusciti ad averlo riuscendo così a risalire, dai casi elencati, agli operai italiani che in passato hanno lavorato in Svizzera. E da qui a stabilire quali ditte elvetiche hanno lavorato con l'amianto mettendo in pericolo gli operai», spiega l'esperto. Tra qualche settimana la petizione di Caova finirà sul tavolo del Consiglio di Stato vodese costringendo le autorità a trovare una soluzione, Iselin spera definitiva, al problema amianto «quello che chiediamo è che le persone vengano informate di un loro possibile contagio con l'amianto affinché possano parlarne con il loro medico e di conseguenza farsi curare adeguatamente e prevenire un peggioramento della malattia. Fino ad ora siamo riusciti a fare la lista delle ditte coinvolte, ora dobbiamo fare la lista delle persone coinvolte: un passo decisivo». La questione di Eternit-Payerne è sì prioritaria per Caova ma costituisce solo un primo passo. Le nostre conoscenze della ditta di Payerne ci impongono di agire subito: la ditta Eternit contrariamente ad altre è tutt'ora esistente, non è fallita ed ha dunque i mezzi per risarcire ed aiutare i lavoratori. «Risolto Payerne è chiaro che dovremo affrontare anche le altre ditte: questo sarà il seguito». Per fare questo occorrerà continuare a collaborare con l'associazione "sorella" della Svizzera tedesca impegnata parallelamente in favore degli operai della ditta di Niederurnen. «Solo lavorando su tutti i fronti intensamente si potrà veramente sensibilizzare la Svizzera, ancora troppo poco attenta alla problematica non solo strettamente collegata all'amianto: moltissimi i casi di sostanze cancerogene sui luoghi di lavoro, come dimostra il caso delle vittime del Galecron della Sygenta che provoca il cancro alla vescica. Il problema deve dunque venir affrontato affinché non si ricominci ad esporre i lavoratori inutilmente a sostanze dannose». In attesa degli sviluppi vodesi, Caova collabora con l'Italia dove è in corso l'inchiesta coordinata dal procuratore Raffale Guariniello riguardante le 1600 persone impiegate in quattro filiali italiane di Eternit «Recentemente sono infatti stato a Torino per presentare le informazioni riguardanti la Svizzera di cui siamo a disposizione, in particolar modo i dati relativi agli operai italiani rimasti in Svizzera e alle molte mogli che spesso venivano assunte dalla Eternit addette a lavori pericolosi. Abbiamo molte speranze», conclude Iselin. |