Una mannaia per i salariati

Un attacco frontale alla qualità di vita delle pensionate e dei pensionati, di oggi e di domani. Non si può definire altrimenti la revisione della Legge sulla previdenza professionale (Lpp) appena approvata dalle Camere federali. È l’ennesima controriforma in materia pensionistica partorita da un Parlamento lontano dal paese reale e incapace di dare risposte ai bisogni più urgenti della popolazione, ma sempre e solo attento agli interessi dei poteri finanziari. Una controriforma da combattere senza se e senza ma, dapprima contribuendo alla riuscita del referendum lanciato dai sindacati e successivamente affossandola in votazione popolare.

La revisione aveva in origine tre obiettivi: assicurare le rendite, garantirne il finanziamento e migliorare il trattamento pensionistico delle persone, soprattutto donne, che durante la vita lavorativa sono impiegate a tempo parziale o percepiscono redditi bassi. Obiettivi totalmente ignorati dalla maggioranza borghese del Parlamento, che ha cestinato un progetto di compromesso elaborato dalle parti sociali (e fatto suo anche dal Governo) che introduceva degli elementi di solidarietà in favore delle categorie più fragili e optato invece per una soluzione costosa e dannosa per le salariate e i salariati di tutte le generazioni.


E questo avviene in un contesto storico segnato dal sensibile e continuo aumento del costo della vita (che ovviamente pesa soprattutto sulle persone più povere), dall’inarrestabile esplosione dei premi dell’assicurazione malattie e dal mancato adeguamento delle rendite al rincaro. Una situazione che per un pensionato o una pensionata significa perdere un’intera rendita mensile da qui al 2024. Una mannaia che va a sommarsi al fenomeno già in atto da anni della diminuzione delle nuove rendite, che dal 2015 a oggi hanno subito un’erosione di oltre il 10 per cento.


Una tendenza che la revisione della Lpp non solo non  contrasta, ma anzi rafforza: la prevista riduzione del tasso di conversione (quel valore percentuale dell’avere di vecchiaia che determina l’ammontare della rendita) dal 6,8 al 6 per cento comporta infatti una riduzione delle future pensioni fino a 270 franchi al mese, ossia di 3.240 franchi all’anno. E a questo si aggiunge una perdita del potere d’acquisto del medesimo ordine di grandezza a causa del costante aumento dei premi dell’assicurazione malattie e l’assenza della compensazione del rincaro nel secondo pilastro. E oltretutto per le lavoratrici e i lavoratori la nuova Lpp comporterebbe aumenti delle trattenute salariali fino al 7 per cento.

 

Pagare di più per avere sempre di meno è insomma la “logica” su cui poggia la riforma approvata dal Parlamento dominato dai lobbisti del padronato, della finanza e dei grandi gruppi assicurativi, che sono (ancora una volta) gli unici a guadagnarci. A guadagnarci, amministrando in modo non del tutto trasparente, con una partecipazione agli utili esagerata e fatturando costi amministrativi esorbitanti, i nostri soldi. Con la riforma decisa dal Parlamento la previdenza professionale resterebbe insomma un lucrativo affare per banche e assicurazioni, mentre per lavoratori e pensionati non farebbe che accentuare il divario tra uomini e donne, giovani e anziani, alti e bassi redditi. Che non è esattamente la missione di un’assicurazione sociale come la previdenza professionale.

Pubblicato il

22.03.2023 15:03
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