Una lotta, tante buone ragioni

Negli scorsi mesi abbiamo scritto tanto di disparità e di discriminazioni verso le donne in vista dello sciopero femminista del 14 giugno, ma abbiamo la sensazione di poter proseguire all’infinito. Purtroppo.
Ogni riflessione su una delle forme di discriminazione ne apre altre: le donne nel mondo del lavoro, la parità salariale, le molestie sessuali, il sessismo, la violenza di genere, il femminicidio, la donna nella sfera privata e in quella pubblica, la ripartizione del lavoro domestico e di cura, il sovraccarico mentale che può portare allo sfinimento, la maternità e la non maternità (perché in entrambe le situazioni la donna viene giudicata), la doppia discriminazione di cui sono vittime alcune categorie di donne come le migranti o le persone Lgbitq, la scarsa consapevolezza del mondo della scuola di quanto sia importante educare bambine e bambini alla parità, e tanti, tantissimi altri aspetti ancora.


L’ampiezza e la profondità del problema da sole dovrebbero bastare a rendere lampante la legittimità di un’azione forte come uno sciopero generale a livello nazionale. A nessuno dovrebbe venire in mente di dubitare del fatto che le donne abbiano ragione e diritto di essere più che arrabbiate e stufe di questa situazione, e invece siamo ancora qui a discutere se è meglio chiamarlo sciopero o mobilitazione, anche con chi pubblicamente riconosce che si debbano cambiare le cose e lo si debba fare in fretta. Ma non abbiamo mai ottenuto cambiamenti aspettando che piovessero dal cielo: da che mondo è mondo, per cambiare le cose ci vogliono coraggio, forza di volontà e determinazione, qualità alle quali dovremo far capo anche venerdì prossimo, il 14 giugno, per aderire massicciamente al secondo sciopero nazionale delle donne in Svizzera. Senza nasconderci dietro a false scuse o raccontandoci che le cose vanno bene per noi: no, non vanno bene! La parità è la base per una società rispettosa di ogni individuo nelle sue specificità e oggi più che mai abbiamo bisogno di riscoprire e mettere in pratica questo principio.


Nel 2011, in occasione dei 40 anni di diritto di voto alle donne, ho iniziato ad affrontare queste tematiche in veste di giornalista. Ero incinta della mia prima figlia, non sapevo se fosse maschio o femmina, ma mi ricordo che le ho detto: «Tesoro mio, spero tanto per te che tu sia maschio perché la vita di una donna è più in salita». Ecco, il 14 giugno parteciperò allo sciopero affinché nessuna donna debba più fare simili pensieri, perché non è ammissibile che nella nostra società, che si vuole tanto emancipata, una bambina, solo per il fatto di essere femmina, debba partire con una marcia in meno.


Per questi e altri motivi c’è da augurarsi che lo sciopero delle donne di quest’anno possa avere almeno lo stesso successo di quello del 1991 e che le donne abbiano il coraggio e l’onestà di parteciparvi, che gli uomini ci appoggino e che il mondo politico ne prenda atto.

Pubblicato il

04.06.2019 18:56
Veronica Galster