“Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni”, diceva il democristiano Alcide De Gasperi citando il teologo Usa James Freeman Clarke. Considerazioni novecentesche. Oggi, in una stagione di post-democrazia, di statisti in Italia non se ne vedono. L’ennesima conferma arriva dall’iter della nuova legge elettorale in discussione in Parlamento. È una legge destinata a soddisfare gli appetiti renziani, berlusconiani, salviniani e persino quelli degli alfaniani che vogliono la garanzia di eleggere un mini-drappello di scherani in grado di ricattare l’eventuale quanto improbabile governo di centrosinistra, o di accucciarsi ai piedi di un più probabile esecutivo Pd-Forza Italia. Una legge finalizzata a neutralizzare tanto il Movimento 5 Stelle quanto i borbottii a sinistra del Pd. In teoria la maggioranza di tale composito schieramento è assoluta, in realtà i franchi tiratori si annidano dietro il voto segreto. Ma il Pd di Renzi è furbo, il governo Gentiloni segue e il presidente Mattarella non si oppone, ed ecco spuntare il voto di fiducia con cui si ammutolisce ogni malpancista. Te le do io le nuove generazioni, si fa una legge fondamentale (solo perché quella precedente è stata dichiarata anticostituzionale dalla Consulta) violando ogni regola democratica, nel metodo autoritario e nel merito che secondo i più accreditati giuristi come Gustavo Zagrebelsky è altrettanto incostituzionale. Una legge destinata ad approfondire la scissione tra società e politica puntando sulla governabilità a ogni costo contro la rappresentanza, dunque contro la democrazia. Se governo e Pd supereranno il vulnus del voto segreto e la legge andrà in porto, avremo un Parlamento composto al 70% di nominati da partiti screditati. Per un obiettivo immediato ed egoistico si istituzionalizza il distacco dei cittadini dalle urne e, al tempo stesso, si aiutano i populismi di destra (Lega) e di centro (M5S). Così, una legge nata per neutralizzare uno dei tre poli rischia di rafforzarlo. L’antipolitica è figlia della peggiore politica. Mentre scriviamo Grillo protesta davanti al Parlamento mentre Bersani, D’Alema e Fratoianni chiamano a raccolta la sinistra davanti al Pantheon. Persino l’ex direttore di Repubblica, Ezio Mauro, scrive su un giornale non proprio antigovernativo che, se non si può parlare di “colpo di stato” come dicono i pentastellati, bisogna però denunciare il “colpo di mano” ai danni della democrazia, per di più suicida perché dà nuova legittimazione a chi si vorrebbe espellere dal gioco. Le forze a sinistra di Renzi tentano di raccogliere le fila, dopo l’inevitabile rottura con Giuliano Pisapia che ha detto con chiarezza che fuori o peggio contro Renzi non ci sarebbe futuro a sinistra; l’ex sindaco ha fatto la scelta di accomodarsi alla sinistra del rottamatore, rottamando egli stesso l’odiato D’Alema accusato di antirenzismo acuto. Scelta sofferta quella di Pisapia, anche perché la fiducia sulla legge elettorale è un’esagerazione anche per lui. Articolo 1-Mdp, Sinistra italiana, Possibile, Altra Europa (Rifondazione chissà) hanno avviato un serrato confronto per arrivare alle elezioni con un’unica lista di sinistra. Per lo stesso obiettivo lavorano, sul versante della società civile e dei movimenti, Anna Falcone e Tomaso Montanari, promotori di un confronto a tutto campo sui contenuti e i programmi di un progetto di opposizione al neoliberismo, alternativo alle destre e alle fallimentari esperienze di centrosinistra in Europa. Si stanno svolgendo incontri aperti in 100 città italiane, e sarebbe un miracolo, un’uscita da ghetti litigiosi, se questa esperienza diventasse il motore di un processo di riunificazione delle resistenze e delle pratiche civiche e di sinistra. È necessaria come il pane una sponda per i naufraghi del liberismo: lavoratori, precari, studenti, intellettuali senza prospettive, ricercatori che l’unica ricerca che riescono a fare, senza risultati, è quella di un lavoro.
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