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Il Portogallo a inizio maggio è stato il centro della discussione su un’Europa sociale. A Porto, in occasione del Summit Sociale, i vertici delle istituzioni europee, dei sindacati e del padronato hanno infatti sottoscritto un impegno per l’attuazione del “Pilastro europeo dei diritti sociali”, che dovrebbe garantire più diritti agli individui.


È una situazione davvero paradossale: perché sono stati proprio dei leader europei, dieci anni fa, a bastonare il Portogallo con misure antisociali, come la riduzione dei salari, lo svuotamento dei contratti collettivi di lavoro e un severo programma di austerità. Con questi drastici interventi che favoriscono il dumping il Portogallo sarebbe dovuto tornare «competitivo». Ma ancora oggi, nonostante il governo di sinistra del paese abbia nel frattempo cancellato molte misure, i salari reali portoghesi sono fermi ai livelli dell’epoca. E ora il salvataggio, annunciato solennemente a Porto, dovrebbe arrivare proprio dall’Ue? Il patto sottoscritto è solo fumo, affermano i comunisti portoghesi. E il potente sindacato Cgtp non ci vede ancora una svolta sociale autentica.


Eppure, questi primi passi verso un’Europa più solidale sono un dato di fatto. Durante la crisi pandemica l’Ue ha preso denaro in prestito collettivamente: con crediti a condizioni vantaggiose per sostenere il sistema sanitario e l’assicurazione contro la disoccupazione e con un programma d’investimenti per il rilancio economico. Da quest’ultimo il Portogallo ottiene 14 miliardi a fondo perso. Inoltre il freno all’indebitamento nei conti degli Stati membri è sospeso fino al 2022. In questo momento l’Ue sta puntando sugli investimenti, non sui risparmi.


Con il “Patto sociale di Porto”, la Commissione Ue promette ora di fare progressi anche sul fronte dei diritti sociali: parità salariale per le donne, aumento dei salari minimi, estensione dei contratti collettivi. Le relative leggi non sono ancora definitive, ma le forze progressiste europee sono unanimi nel ritenere che si sia aperta una finestra di opportunità. Nei prossimi mesi potranno dunque essere fissati diritti sociali vincolanti. Ma attenzione: dopo il 2022 l’Ue non dovrà ricadere nella vecchia politica: “Mai più austerità, mai più tagli”, è il monito della Confederazione europea dei sindacati.

Pubblicato il 

27.05.21

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