Una donna e immigrata

30 anni, di origine turca, Pelin Kandemir Bordoli è la candidata al Consiglio di Stato proposta dalla direzione del Partito socialista (Ps) in rappresentanza dei giovani e delle comunità straniere. Operatrice sociale, responsabile di progetti di prevenzione delle dipendenze e promozione della salute per l'associazione Radix Svizzera italiana, Kandemir Bordoli è vicepresidente del Ps e copresidente del Coordinamento donne della sinistra. Con Patrizia Pesenti e Marina Carobbio è la terza donna sulla lista socialista per il governo. Per conoscerla abbiamo parlato con lei proprio di stranieri e di donne.

Pelin Kandemir, lei è nata in Turchia. Oggi è cittadina svizzera. Può descriverci questo suo percorso?
Sono arrivata in Svizzera all'età di 10 anni. Mio padre era fuggito dalla Turchia e aveva fatto domanda d'asilo in Svizzera. Poi mia madre, mio fratello ed io l'abbiamo raggiunto. In seguito abbiamo costruito la nostra vita in Svizzera, passando dal permesso di soggiorno fino al conseguimento della cittadinanza. Abbiamo ottenuto protezione da questa società che ci ha accolto: eravamo fra i primi non italiani o spagnoli a giungere in Ticino. Alle scuole elementari Nord di Bellinzona ero l'unica bambina turca. È stata una bella esperienza d'integrazione.
La situazione è ancora così oggi per gli stranieri che giungono in Ticino?
La situazione è molto diversa rispetto agli anni '80 quando siamo arrivati noi. Allora c'era un altro clima. Oggi c'è un clima di esclusione fomentato in particolare dalle martellanti campagne dell'Udc che da dieci anni descrive lo straniero come colui che viene a rubarci il lavoro, ad approfittare delle assicurazioni sociali ecc. Purtroppo questa immagine comincia ad attecchire anche fra la popolazione, che magari a difesa di un caso singolo si mobilita, ma in generale tende ad aver paura dello straniero. E questo sta diventando un problema per la nostra società.
Immigrata e donna: è da queste caratteristiche che si spiega il suo avvicinamento alla politica?
Il mio impegno è cominciato da giovanissima, in particolare in organizzazioni di aiuto agli stranieri e ai rifugiati. È stata un'esperienza positiva che mi ha fatto avvicinare ai gruppi giovanili e poi al Coordinamento donne della sinistra, che per me è stato fondamentale come palestra per capire come fare concretamente politica e come la politica potesse essere un modo per portare idee e contribuire a cambiare ciò che nella nostra società non va. Per costruire una società più equa, più giusta, con pari diritti per tutte le persone che la compongono.
Il tema stranieri e asilo è però marcato da un evidente razzismo.
Purtroppo stranieri e richiedenti l'asilo sono visti come un problema. E non mi pare degno della nostra società che su queste persone, che costituiscono una parte debole della nostra società, si facciano dei calcoli elettorali. Però proprio nella campagna contro le Leggi stranieri e asilo abbiamo visto un grande impegno di molte persone, a dimostrazione che c'è una parte forse minoritaria ma importante della popolazione che vuole mettere in primo piano la dignità e i diritti delle persone immigrate. Questo è importante nella lotta contro il razzismo.
Proprio il dibattito sull'Islam non è caratterizzato da troppa ignoranza?
Certamente. Oggi l'Islam è sempre più associato al terrorismo, è paragonato a una setta pericolosa, quando in realtà è una religione di pace e soprattutto è composto da componenti fra di loro molto diverse. Io provengo da un Paese islamico e la mia famiglia è musulmana, ma il nostro Islam è molto diverso da quello praticato per esempio in Africa. Purtroppo però tutte queste differenze vengono cancellate, e l'Islam diventa per l'Occidente coloro che stanno occupando il nostro territorio: e questo è frutto di ignoranza e di mancanza di volontà di conoscere come stanno realmente le cose.
Forse occorre capire la necessità di conoscere l'altro per rispettarlo.
Il riconoscimento della dignità di una persona e il suo rispetto sono fondamentali: se non c'è rispetto non c'è ascolto reciproco e quindi non è possibile trovare nulla da condividere. Purtroppo è ciò che sta accadendo con l'Islam, e questo rende difficile la ricerca di punti comuni. Anche un'informazione oggettiva diventa impossibile, tutto viene subito strumentalizzato.
Lei è attiva anche nella difesa dei diritti delle donne. Da quando ha cominciato a fare politica ha riscontrato un'evoluzione in questo campo?
Mi pare che la situazione non solo non sia cambiata, ma che sia peggiorata. La difficile situazione economica ha relegato i problemi della parità in un ruolo insignificante: ci sono sempre altre priorità. La situazione è davvero difficile. Le donne in Gran Consiglio sono 9 su 90, una proporzione inaccettabile per uno Stato democratico. E molte delle misure di risparmio decise dal governo vanno a colpire le donne: proprio perché si ritiene vi siano altre urgenze, come il risanamento finanziario o la fiscalità.
È un luogo comune dire che le donne non votano le donne, o le poche donne elette sono colpa dei partiti, che non le promuovono a dovere?
Credo che il Ps, già dalla presidenza di Anna Biscossa fino ad oggi, abbia fatto un grosso sforzo di valorizzazione delle donne. Credo che in altri partiti i problemi siano maggiori. Che le donne non votino le donne è un po' anche un luogo comune. Il problema per le donne è di visibilità. Spesso gli uomini occupano già posizioni che danno visibilità e come tali sono riconosciuti. Le donne invece o sono attive in gruppi di genitori o in associazioni di quartiere, oppure hanno funzioni di segretarie o cassiere che non danno visibilità. Quindi si finisce per votare quegli uomini che si conoscono dai giornali o dalla tv perché si ritiene che facciano qualcosa e non si conoscono le donne che lavorano dietro le quinte, che hanno magari altri modi di fare, e che non ritengono di usare questi mezzi per farsi conoscere. Ma voglio anche essere provocatoria. Secondo me il tempo delle donne è più prezioso di quello degli uomini. Perché se oltre al lavoro e alla famiglia vogliono darsi anche alla politica devono fare delle chiare scelte di priorità alle quali spesso gli uomini non sono confrontati.
Un auspicio finale?
Spero che cominci ad esserci un'altra attenzione, un'altra sensibilità verso questi temi. Su stranieri ed asilo in particolare spero che Plr e Ppd comincino a rendersi conto della necessità di una controinformazione rispetto ai messaggi completamente sbagliati che sono passati negli ultimi 10 anni, perché nessuno ha interesse a creare un conflitto fondato sulla razza, sull'etnia o sulla religione.

Pubblicato il

10.11.2006 02:30
Paolo Storelli