Una bella rotonda sul Cassarate

Ma guarda che bell’idea. Il laureato del concorso per il Nuovo Quartiere di Cornaredo a Lugano ha previsto una rotonda di un’ottantina di metri di diametro proprio a cavallo del fiume Cassarate, poco prima del Ponte di Valle. Nelle mie peregrinazioni a piedi, spesso anche lungo i fiumi, mi capita di passare sotto i cavalcavia delle autostrade o di qualche più modesta strada locale. Devo dire che sono i luoghi più squallidi che si possano incontrare; il regno delle cartacce, delle bottigliette di plastica schiacciate e di tristissime scritte spruzzate sui muri di cemento chissà quando e chissà da chi. E così dovrebbe essere la futura porta di Lugano venendo da nord? Conosco l’obiezione. Chi va in macchina non vede tutto questo; volerà verso il centro della città tutto preso dalla visione delle torri dei futuri centri direzionali. Chi cammina raso terra peggio per lui. Quindi, cari pescatori di cavedani e di qualche rara trota lungo il Cassarate, caro Renzo Ferrari pittore mezzo maledetto che scendi da Cadro pedibus calcantibus, cari padroni di cani che accompagnate i vostri amici per una misera corsetta e una pisciatina in quei luoghi, preparatevi. Volenti o nolenti dovrete passare sotto la rotonda. L’esito del concorso di Cornaredo è stato criticato da più parti, specialmente dagli architetti. Taluni hanno ritenuto negativo il fatto che i concorrenti dovessero tenere in debito conto la struttura della proprietà fondiaria. Dissento da questa critica. In molti studi degli ultimi quarant’anni si è a lungo e giustamente analizzato il fatto che le città rappresentano una specie di sedimentazione complessa e ricca di strutture diverse di natura fisica, giuridica, culturale; quindi anche di alcune strutture fondiarie. Nell’Emilia felix si leggono ancora oggi le linee della centuriazione romana e in molte città del nord la trama fitta dei lotti gotici è tuttora percepibile. Solo certo movimento moderno d’indirizzo integralista affermava che per costruire la nuova città si dovesse dapprima cancellare con colpi forzatamente autoritari (vedi il prefetto di polizia Hausmann a Parigi) la vecchia trama fondiaria. Sorprende constatare che a distanza di decenni alcuni architetti risfoderino quelle lamentele datate. Va detto che il progetto che ha ottenuto il primo premio, ma anche altri progetti interessanti (Brenni-Wettstein, Borella-Galfetti) tenevano ragionevolmente conto della trama storica del luogo. Un’ultima considerazione: se la città di Lugano vorrà davvero realizzare quelle opere nomini subito un Mister Cornaredo, uno che faccia da energico committente e da negoziatore capace. Ma anche da mediatore attento, in grado di ascoltare i bisogni della popolazione. Quando a Carouge, alla fine degli anni ’50, si volle costruire un nuovo quartiere d’abitazione proprio ai margini della città storica, su terreni fortemente frazionati, con casupole, orti, officine, il mio amico Georges Brera, architetto, che si autodefiniva “anarchiste de droite” (cioè quasi fascista, ma non lo sapeva), bussò per mesi a tutte le porte, bevve non so quanti quartini di rosso (gli piaceva il Brouilly), trattò nel loro tinello con centinaia di proprietari e di locatari, senza mai prendere un centesimo di provvigione. Tra il 1958 e il 1969 sorsero a Carouge otto belle torri d’abitazione con ai piedi officine, negozi, servizi e giardini. Quegli architetti non temevano di sporcarsi le mani con la proprietà fondiaria. Ma sapevano anche lavarsele per tempo e come si deve.

Pubblicato il

25.02.2005 12:30
Tita Carloni