I sondaggi in vista della votazione del 25 settembre su AVS 21, pur prevedendone l’accettazione da parte del popolo, indicano che il fronte del no sta crescendo. I giochi insomma non sono fatti e le possibilità di affossare questa iniqua controriforma di regressione sociale, che punisce decine di migliaia di donne e che non risolve alcun problema degli anziani (anzi), restano intatte. Anche perché negli ultimi giorni ci sono state un paio di decisioni politiche scandalose, che inequivocabilmente dimostrano come il Consiglio federale, il fronte borghese e la grande economia, in prima fila a sostegno di AVS 21, se ne infischino dei problemi reali delle pensionate e dei pensionati. E come con i loro argomenti cerchino di gettare fumo negli occhi a tutti noi. Da un lato, abbiamo un governo che, incurante dell’aumento generale dei prezzi e della preannunciata ennesima esplosione dei premi dell’assicurazione malattie che andranno a pesare gravemente sulle persone anziane (si calcola che in media una coppia di pensionati veda il suo potere d’acquisto crollare dell’8%, ossia di 450-500 franchi al mese), si oppone fermamente a un adattamento straordinario delle rendite Avs al rincaro. Una misura d’urgenza a cui si è già fatto ricorso in passato e che oltretutto godrebbe di un ampio sostegno in Parlamento. Una misura dunque possibile e necessaria. Anche alla luce del fatto che la compensazione del rincaro non è prevista per le rendite della previdenza professionale. Ma il Consiglio federale, incomprensibilmente, chiude gli occhi di fronte alle difficoltà delle persone anziane. Sempre sul fronte politico si registra un’altra decisione paradigmatica sulle reali intenzioni del fronte borghese e del padronato che tanto (si) stanno spendendo in favore di AVS 21: per giustificare l’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile delle donne e dunque una riduzione delle rendite dell’ordine di 26.000 franchi per ciascuna di loro, vanno ripetendo come principale argomento che le discriminazioni subite dalle pensionate (con rendite inferiori mediamente del 34% rispetto a quelle degli uomini) sarebbero state risolte nell’ambito della riforma della Legge sulla previdenza professionale (Lpp) in corso in Parlamento. Solo una vana promessa, un tentativo di gettare fumo negli occhi della gente, come conferma la decisione di alcuni giorni fa della competente commissione del Consiglio degli Stati e della sua maggioranza borghese di non presentare alcuna proposta prima della votazione del 25 settembre. Il messaggio è chiaro: cominciamo a tagliare con AVS 21 e poi le donne aspettino e sperino. Una decisione semplicemente inaccettabile e offensiva. E anche una provocazione, tenuto conto che è giunta all’indomani della pubblicazione di un nuovo allarmante rapporto del Consiglio federale sullo stato delle discriminazioni retributive in Svizzera, sia in termini salariali sia di rendite pensionistiche. Le inquietanti verità che rivelano queste due decisioni politiche, non ancora note al momento della realizzazione dei sondaggi, hanno il potenziale per rafforzare ulteriormente l’opposizione ad AVS 21 e aumentare le possibilità di un suo affossamento il 25 settembre. Una prospettiva che la destra e il padronato sicuramente temono, visto il nervosismo mostrato nelle ultime settimane nei dibattiti e nelle relazioni pubbliche. Si pensi alla lettera aperta con cui Plr, Udc e grande economia criticano aspramente la campagna referendaria dei sindacati, rei di mettere in guardia dal fatto che AVS 21 è solo l’anticamera di riforme ancora più brutali tese a un innalzamento generalizzato dell’età pensionabile per tutti. Il che è un’ovvietà, visto che la legge che andiamo a votare già prevede un nuovo «progetto di stabilizzazione dell’Avs entro 4 anni al più tardi». E poi è lo stesso Consiglio federale ad affermare che questa è una misura «inevitabile a medio termine» (Berset dixit). Il 25 settembre abbiamo la possibilità di sbarrare la strada a questo e ad altri progetti tesi ad annientare l’Avs e di imboccare la direzione opposta, con l’obiettivo di risolvere il problema più grande e più urgente: quello delle rendite insufficienti per garantire una vita dignitosa alle nostre anziane e ai nostri anziani.
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