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Una Lex Uber per legalizzare il falso lavoro autonomo

Passa in commissione una revisione di legge che libererebbe i datori di lavoro da ogni obbligo sulla base di un semplice “accordo tra le parti” in cui si stabilisce che si tratta di “attività indipendente”

Uber è un datore di lavoro a tutti gli effetti e i suoi autisti sono dei salariati che devono sottostare alla legislazione sul lavoro e alle disposizioni in materia di protezione sociali dei dipendenti. Ma siccome questo quadro legale (confermato da una sentenza del Tribunale federale nel 2022) sta stretto alla multinazionale americana che opera in Svizzera da oltre 10 anni e che continua a far passare i suoi autisti per lavoratori autonomi, nel Parlamento federale si sta facendo strada una “soluzione” per legalizzare questo modello imprenditoriale illegale. Essa prevede che debba bastare un semplice “accordo tra le parti” per stabilire che si tratti di un’attività indipendente.

 

La relativa revisione di legge, figlia di un’iniziativa parlamentare del Verde liberale Jürg Grossen denominata “Consentire l’indipendenza tenendo conto della volontà delle parti”, è stata approvata venerdì dalla Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale. “Un attacco frontale alla sicurezza sociale”, commentano indignati e in modo corale i sindacati, fermamente contrari. Come lo sono del resto la maggioranza dei Cantoni ma anche una buona parte delle associazioni padronali ed eminenti specialisti in diritto.

 

“In Svizzera, come in quasi tutto il mondo, si utilizzano criteri oggettivi per stabilire se una persona è un lavoratore autonomo o un dipendente. Ciò che conta è la misura in cui la persona dipende dal datore di lavoro. Allentando questa regola, necessaria per proteggere i più vulnerabili, i datori di lavoro potranno richiedere a chiunque lavori per loro, tramite accordo scritto, di assumersi tutti i rischi economici come un lavoratore autonomo”, commenta in una nota l’Unione sindacale svizzera (USS). In questo modo, sottolinea invece Unia in una presa di posizione, “il datore di lavoro si libera da ogni obbligo: non dovrebbe pagare un salario minimo, né rispettare le norme sull'orario di lavoro o i termini di disdetta, né assicurare i suoi dipendenti contro gli infortuni e la disoccupazione o pagare i contributi AVS e del secondo pilastro”.

 

“Questa modifica legislativa provocherebbe il caos nell'ordinamento giuridico elvetico, complicherebbe di molto la lotta agli autonomi fittizi nell’ambito del lavoro distaccato e darebbe un immenso vantaggio concorrenziale a modelli imprenditoriali dubbi rispetto ad aziende che operano correttamente”, si legge ancora nella presa di posizione di Unia in cui si sottolinea pure come la norma in discussione sia fatta “su misura” per la multinazionale americana che offre servizi di trasporto automobilistico privato attivabili tramite applicazione mobile. Insomma una “Lex Uber”. Una conferma, precisa Unia, viene dalle dichiarazioni della SUVA e delle Casse di compensazione AVS, responsabili della classificazione dei rapporti di lavoro, secondo cui in oltre il 99% dei casi lo status si determina senza problemi sulla base dei criteri attuali. Solo Uber ha problemi con la legge attuale”.

 

Ora la discussione si sposta dalla commissione, dove il forte lavoro di lobby del gigante americano, che in Svizzera è ormai presente in oltre una dozzina di località (Ticino compreso) ha indubbiamente sortito effetti, all’aula del Consiglio nazionale, a cui si chiede di “correggere questa decisione irresponsabile” e impedire una simile “deriva”. Intanto, il Consiglio federale, esprimendosi sul rapporto della commissione, ha già auspicato il mantenimento della regolamentazione vigente: “L’attuale sistema per determinare se una persona eserciti un’attività lucrativa indipendente è chiaro e allo stesso tempo flessibile, in quanto si basa su criteri oggettivi”, afferma il governo in una nota.

FOTO: AdobeStock

Pubblicato il

15.02.2025 16:23
Claudio Carrer
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