Si è parlato molto di Fifa (Federazione internazionale di calcio). Varrebbe la pena di parlarne anche qui per due soli motivi. Perché si ha a che fare con una delle espressioni esemplari di capitalismo scellerato: l’inganno incantatorio nei confronti di miliardi di persone-tifosi, la corruzione globalizzata fatta sistema, la politica asservita a poteri incontrollabili, la schiavitù quasi giustificata come strumento inevitabile per realizzare e affrettare i megaprogetti per i campionati mondiali (il caso emerso nel Qatar). Perché deve piovere dal cielo una sorta di mattatore a ricordarci che esistono un diritto e un’etica da rispettare: quel mattatore è il Dipartimento di Giustizia americano, che ha già dato non pochi grattacapi giudiziari e miliardari anche alla Svizzera (dai fondi ebraici, al segreto bancario, alle malversazioni fiscali, alle intese cartellarie sui tassi di interesse tra le grandi banche). Ammettiamo pure che ci siano la solita pretesa americana di sentirsi gendarmi e moralizzatori del mondo o fors’anche altri motivi reconditi (ripicche, frustrazioni per mancate designazioni): ciò che conta, tuttavia, è la sicura e più volte denunciata assenza di controlli, di giustizia e di etica dall’altra parte o nel paese in cui ha sede ufficiale l’altra parte.


A questo punto il discorso va indirizzato verso ciò che più ci interessa, in maniera concreta. Il caso Fifa ha risvolti tipicamente elvetici, di costume e di politica, che non si possono ignorare.


In primo luogo perché rientra nella politica biasimevole del “lasciar fare” o “attendiamo”, per non disturbare gli affari. Eppure dal 2000 si contano 35 interventi nel Parlamento nazionale in cui si parla della Fifa, interventi preoccupati per le voci di corruzione in quell’organizzazione che ha sede giurisdizionale a Zurigo, e che ha avuto fino all’altro ieri un presidente svizzero. Il ministro della Difesa, responsabile anche dello Sport, sempre preoccupato come il partito da cui proviene (Udc) dell’identità e della purezza elvetiche, si limita a rallegrarsi con la Fifa perché si era ormai impegnata in misure di buona “governance”. Ci crede.


In secondo luogo perché in alcuni di quegli interventi si solleva un interrogativo che mette ancora più a nudo la Svizzera: è giustificabile che una multinazionale (com’è la Fifa) che manovra miliardi di franchi e la cui opacità finanziaria è denunciata da diversi paesi e resa sospetta persino per il Gruppo di azione finanziaria (l’organismo internazionale cui aderisce anche la Svizzera e che lotta contro il riciclaggio del denaro delittuoso), sia tassata come un club di pescatori della domenica e cioè a un tasso del 4,25 per cento o possa per di più dedurre delle “riserve” sino a un valore di 2 miliardi di franchi?


Per quanto riguarda il primo caso, qualcosa si è mosso. Si sta approntando una revisione delle norme penali che colpiscono la corruzione privata, anche d’ufficio e non solo su denuncia E questo può anche riguardare le grandi organizzazioni sportive presenti in Svizzera e «le cui decisioni sono state discreditate da scandali di corruzione», ammette finalmente lo stesso Consiglio federale. Per quanto riguarda il secondo caso (fiscalità) siamo sempre fermi al palo. Nonostante che anche qui un rapporto dell’Ocse, quindi ancora dall’esterno, ci dica come le ingiustizie e ineguaglianze fiscali siano sempre più perniciose per l’equilibrio sociale e politico di un paese e per il funzionamento della sua economia.

Pubblicato il 

02.06.15
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